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Da L’Aia. Cosa accadrebbe se, come indicano i sondaggi, il partito di Geert Wilders alle elezioni del 15 marzo diventasse il primo partito? Il sistema elettorale olandese, conseguenza di decenni di stabilità politica, è su base proporzionale, e impone un governo di coalizione. Tutti i partiti tradizionali hanno già fatto sapere che mai stringeranno un’alleanza con Wilders e quindi la maggior parte dei commentatori internazionali prevede un periodo d’instabilità e nuove elezioni. Anzi la speranza, per chi teme il fenomeno Wilders, è che le ipotesi di voto che gli attribuiscono oggi tra i 36 e i 40 seggi, potrebbero sgonfiarsi proprio perché i potenziali elettori sarebbero in ultimo scoraggiati dalla mancanza di prospettive politiche del loro uomo anti-sistema, anti-euro e soprattutto anti-islam.Ma in Olanda negli ultimi mesi sono accadute molte cose sfuggite ai radar dei media europei, che trascurano ad esempio il fatto che il Paese, che predica l’austerità come e più della Germania e bacchetta le politiche economiche dell’Italia, è diventato il più grande paradiso fiscale del mondo, offrendo «buche delle lettere» a dodicimila società internazionali, 80 tra le prime cento della classifica Fortune (ad Amsterdam hanno sede fiscale anche i Rolling Stones e gli U2). Se l’establishment fa cassa con gli evasori, il Paese reale è in subbuglio. L’anno scorso si è svolto un referendum confermativo sull’accordo europeo di associazione all’Ucraina. Un referendum che indica partecipazione civile anche su scelte geostrategiche; in Olanda negli ultimi anni queste consultazioni sono state frequenti, ma purtroppo inutili: nonostante la sorprendente risposta popolare e la schiacciante vittoria del no all’accordo, il governo ha tirato dritto perché l’aveva già ratificato. Gli elettori erano stati ignorati proprio come accaduto nel referendum con cui era stata rigettata la costituzione europea nel 2005, già approvata dall’esecutivo. Ma questa volta, sull’onda del referendum sull’Ucraina, e proprio per protesta contro la sordità e la distanza del potere de L’Aia dalle istanze dei cittadini olandesi, è nato un nuovo partito, Forum per la Democrazia. Guidato da un giovane e brillante intellettuale, Therry Baudet, affiancato da un gruppo dirigente che include uno dei più famosi avvocati del Paese, diversi economisti, ex generali, e il giurista e filosofo Paul Cliteur, che ha scritto anche un saggio dove ha messo sullo stesso piano Houellebecq, Wilders e la Fallaci. Il partito, laico e libertario il sociologo Matthijs Rooduijn lo definisce il Cinque Stelle olandese – chiede maggiore democrazia diretta, il riscatto della sovranità nazionale, deregulation in economia: i sondaggi gli accreditano un minimo di sei seggi, e una crescente presa sull’elettorato giovanile. Il che lo trasformerebbe in una forza kingmaker dopo il 15 marzo. Soprattutto perché ha già annunciato di essere felicemente pronto a una alleanza con il PVV di Wilders, aprendo la strada a un governo populista nel cuore d’Europa. Stando a una recente inchiesta di NRC, il maggiore giornale olandese, i due partiti dilagano sui social, perché «sono ritenuti gli unici a offrire una opportunità d’ascolto», nonostante il governo del premier Mark Rutte stia correndo ai ripari con dichiarazioni durissime nei confronti degli immigrati e sulle politiche di Bruxelles. «Ci sono molti rischi per la democrazia in Olanda», dice il politologo Cas Mudde, «una coalizione formata senza il partito vincitore delle elezioni aprirebbe scenari pericolosi, perché spingerebbe Wilders su posizioni ancora più radicali ed estreme, il suo consenso potrebbe diventare ancora più ampio. Ha già detto che sarebbe un golpe e che chiamerà il suo popolo alla rivolta».Marzio G. Mian