Politica /

Impossibile identificare i gilet gialli con le categorie di destra e sinistra. Le loro rivendicazioni sono talmente diverse, eterogenee e trasversali che implicano un cambiamento dei prospettiva rispetto ai tradizionali canoni della politica continentale. Ed è forse anche per questo che non è semplice comprendere la portata delle proteste. Che a prescindere da quando e come possano terminare, hanno comunque significato un simbolo del profondo rinnovamento che sta avvenendo nella politica europea. 

Le rivendicazioni dei gilet gialli sono quelle che racchiudono tutto il senso di protesta che ribolle in Europa. E questo prescinde dal concetto di destra e di sinistra. I confini diventano sempre più labili e le etichette sono sempre più difficili da rispettare. C’è un’Europa profonda che chiede qualcosa che non rientra nei canoni prestabiliti.





E questo è dimostrato anche da chi, ad esempio in Italia, sostiene apertamente la protesta dei gilet jaunes. Da Potere al Popolo a Casa Pound e Forza Nuova, gli italiani che sono andati a Parigi a supportare le proteste rappresentano movimenti che nel proprio Paese sono uno l’opposto dell’altro. Ma lì, in Francia, tra le barricate dei manifestanti, tutto assume un altro significato.

E lo dimostra anche la sinergia che si è creata fra Rassemblement National di Marine Le Pen e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. I partiti radicali cercano di far propria la protesta. Ma forse è proprio questo il vero cambiamento che hanno dimostrato i gilet gialli: non c’è bisogno di un partito che guida la rivolta. Ha già i suoi connotati: ed è quella della ribellione che sta animando tutto il mondo, in particolare l’Europa. E che sta costruendo uno scontro non più destra contro sinistra, ma quello che Steve Bannon aveva definito del popolo contro l’élite.

Ed è proprio da Bannon che bisogna partire non per capire la protesta, quanto per capire cosa significhi questa rivolta francese. E soprattutto perché questa protesta si è consolidata a livello internazionale tanto da essere considerata un’altra arma degli Stati Uniti per colpire l’Unione europea e, in particolare, la Francia di Emmanuel Macron.

Il fatto è che molte delle rivendicazioni dei gilet sono le stesse che animano i partiti sovranisti che in Europa vengono quasi tutti legati (almeno a livello strategico) alla presidenza di Donald Trump. Se prima era la Russia di Vladimir Putin a essere considerata il vero regista dietro i moti di protesta che agitavano l’Europa, ora si sta sempre più puntando il dito verso Washington, ritenuto quale grande burattinaio che controlla i partiti che stanno montando l’onda d protesta contro l’establishment europeo. E naturalmente, la benedizione di Bannon verso i gilet gialli, in contemporanea a quella di un altro personaggio che simboleggia la rete sovranista da parte russa, Alexander Dugin, non poteva non essere il collante perfetto per indicare al Cremlino e alla Casa Bianca i mandanti delle proteste.

Ma al netto degli interessi internazionali, quello che è chiaro che i gilet gialli sono la manifestazione di quello che sta avvenendo in Europa, una transizione politica che vede contro non più le vecchie ideologie contrapposte, ma una sorta di ribellione generale contro un sistema politico che non rappresenta più i sentimenti profondi della popolazione dei diversi Stati. L’obiettivo non è più colpire la parte opposta dell’arco costituzionale, ma un sistema che controlla il potere a prescindere dalla sua connotazione politica.

E questa Europa ribelle è perfettamente sintetizzata dai gilet gialli, che proprio grazie alla loro lotta, riescono s catalizzare il sostegno di leader, Paesi e movimenti che apparentemente sono ai poli opposti dell’agone politico, ma che hanno fondamentalmente obiettivi comuni. La lotta alla Nato, la sfida all’establishment rappresentato dall’Unione europea, la lotta alla globalizzazione e alla delocalizzazione, il contrasto all’immigrazione clandestina, il ritorno alla protezione dei confini, la fine di un sistema economico fatto di precariato e assenza di garanzie previdenziali. I gilet gialli rappresentano, con il loro “programma”, il simbolo più cristallino della nascita di una vera e propria internazionale “populista” che rappresenta interessi anche diametralmente opposti, così come idee molto distanti fra loro, ma che si unisce nell’identificarsi in una lotta.

La rivoluzione dei gilet gialli, se non sarà quella delle barricate e non porterà alla nuova presa della Bastiglia, è comunque una rivoluzione ideologica. Perché ha reso a tutti chiaro, forse in maniera ancora più plateale di certi movimenti politici, che si sta saldando un fronte trasversale che è già maggioritario. E che risponde a esigenze che possono tranquillamente unire strati della popolazione fino a qualche anno fa molto distanti fra loro. Rispondono a interessi internazionali? Sicuramente superpotenze esterne potrebbero sfruttarle. Ma quello che conta è che sta nascendo un nuovo modo di fare politica ed è già nata una nuova divisione ideologica. L’Europa ribelle ha già dimenticato destra e sinistra: c’è il popolo e c’è l’élite. È questa la vera rivoluzione.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.