Il ridimensionamento della Germania all’interno dell’Unione Europea, il contenimento della Russia e la traduzione in realtà della dottrina della dominanza energetica passano dalla lotta contro il Nord Stream 2, il gasdotto ideato per potenziare il flusso di gas russo in entrata nel Vecchio Continente, di cui l’amministrazione Trump vorrebbe impedire il completamento o, quantomeno, limitarne considerevolmente l’operatività.
A fine dicembre la Casa Bianca ha firmato un ordine che introduce la possibilità di sanzionare le società coinvolte nella costruzione del gasdotto, sancendo l’inizio di una strategia della massima pressione che sta facendo terra bruciata attorno Angela Merkel e che rischia di elevare la tensione con Berlino e Mosca.
Il “no” alla richiesta di Gazprom
Il regolatore tedesco delle reti e dell’energia, il Bundesnetzagentur (Bnetza), ha posto fine alla procedura legale avviata lo scorso gennaio da Nord Stream 2 AG, il consorzio costruttore del gasdotto, per chiedere l’esenzione dalla nuova direttiva europea sulla competizione nel mercato del gas. La decisione è stata resa nota nella giornata di venerdì e rappresenta un duro colpo per Gazprom, il primo portatore di interesse, poiché la richiesta non è stata accolta.
La nuova direttiva prevede che fornitori ed operatori del gas in entrata nell’Unione Europea debbano essere diversi ma, nel caso in questione, il consorzio Nord Stream 2 AG è controllato da Gazprom. La compagnia russa aveva giustificato la propria richiesta sostenendo che all’entrata in vigore della nuova direttiva, il 23 maggio 2019, il gasdotto era “economicamente completato” alla luce degli “investimenti irrevocabili per miliardi di euro [fatti] molto prima che la Commissione europea annunciasse il suo piano di modificare la direttiva sul gas”.
Ciò che Gazprom chiedeva, in pratica, era di essere esonerata dalla nuova legislazione che obbligherebbe la compagnia all’unbundling societario, ossia ad uno spacchettamento delle proprie attività, con conseguente riflesso a livello di ricavi per via dell’impossibilità di fruire del pieno accesso al gasdotto. Secondo il Bnetza, però, il completamento avrebbe dovuto essere fisico e non economico, perciò la richiesta è stata rigettata, aprendo un nuovo capitolo nell’odissea del Nord Stream 2.
Un ruolo chiave nella decisione del Bnetza è stato giocato dall’entrata nella procedura della compagnia polacca del gas, la sempre più influente PGNiG, secondo la quale il Nord Stream 2 rappresenterebbe una minaccia per la sicurezza energetica di Varsavia e, soprattutto, per la concorrenza nel mercato del gas dell’Europa centro-orientale. Per queste due ragioni, secondo la PGNiG, al consorzio non avrebbe dovuto essere garantito alcun “trattamento legale speciale” ma essere semplicemente applicata la nuova direttiva.
Il consorzio, comunque, ha intenzione di impugnare la sentenza presso i tribunali tedeschi, reiterando la propria posizione e la propria volontà di portare a compimento l’opera secondo gli accordi e le condizioni inizialmente previste.
È emblematico notare come nei giorni precedenti alla decisione fossero trapelate indiscrezioni circa l’intenzione del Bnetza di rigettare la richiesta russa, sullo sfondo dell’intervento al Bundestag di Angela Merkel avente come tema dei presunti attacchi cibernetici e delle operazioni di spionaggio ordinate dal Cremlino ai danni del paese e della cancelliera stessa. Si tratta di episodi che potrebbero indicare l’avvento di una nuova fase di gelo o, più precisamente, l’approfondimento della rottura iniziata nel 2014, sebbene sia difficile prevedere in che modo ne risentirà il Nord Stream 2, il cui completamento è una priorità tanto per Mosca quanto per Berlino.
Le pressioni degli ultimi mesi
Il 2019 si è aperto con delle minacce e si è concluso con dei fatti, sancendo la fine della linea del temporeggiamento nei confronti di Berlino da parte della Casa Bianca. A gennaio, l’ambasciatore statunitense in Germania, Richard Grenell, aveva scritto di proprio pugno delle lettere indirizzate alle compagnie coinvolte nella costruzione del gasdotto, invitandole a cessare le operazioni onde evitare sanzioni; uno spettro sempre più agitato da Trump.
Il monito di Grenell era rimasto inascoltato e questo ha infine spinto il presidente statunitense, il 21 dicembre, a tradurre le minacce in realtà, firmando un ordine introducente la possibilità di applicare sanzioni particolarmente esose alle appaltatrici occidentali impegnate nella posa dei tubi. Lo stesso giorno, la Allseas ha annunciato immediatamente la sospensione dei lavori per non incorrere in maxi-multe e altre rappresaglie passibili di causare facilmente bancarotta, mentre la Germania si è limitata a parlare di “gravi interferenze negli affari interni” ma senza dar seguito ad alcuna politica difensiva.
Per non ritardare ulteriormente i lavori ed iniziare a trasmettere il gas il prima possibile, la Russia ha deciso di terminare in solitaria la posa dei tubi inviando la Akademic Cherskiy della Gazprom nelle acque baltiche, nell’aspettativa di completare il gasdotto fra fine 2020 ed inizio 2021.
Il Nord Stream 2, di cosa si tratta?
Nord Stream 2 è il nome con cui è stato ribattezzato il prolungamento del Nord Stream, il gasdotto composto da due linee subacquee della lunghezza di 1.220 chilometri che tagliano in due il mar Baltico, collegando San Pietroburgo a Greifswald, trasportando annualmente 55 miliardi di metri cubi di gas naturale.
Il potenziamento della tratta per mezzo di un gasdotto identico per struttura e capacità, e che quindi trasformerebbe i 55 miliardi di metri cubi di gas in 110, rappresenta un ostacolo di primo piano all’agenda energetica degli Stati Uniti per l’UE, che vorrebbero più propensa ad acquistare i prodotti energetici americani e meno dipendente dal gas russo. In questo contesto si inquadrano le pressioni della Casa Bianca per l’annullamento del South Stream, il supporto al gasdotto baltico, ma anche la diplomazia del corteggiamento portata avanti con paesi extra-UE come Ucraina e Bielorussia.
La Russia, al contrario, vede nel Nord Stream 2 la possibilità di mantenere un ruolo egemonico nel mercato energetico europeo, mentre per la Germania è una questione in cui si mescolano sicurezza nazionale, dovuta ai rifornimenti regolari e costanti, e ragioni geopolitiche, ossia la centralità all’interno dei meccanismi di ridistribuzione di gas nel continente.
L’epopea del Nord Stream 2 è ormai prossima a compiere il decennio. Il primo studio di fattibilità, realizzato dagli azionisti di Nord Stream, è stato concluso con un riscontro positivo nell’ottobre 2012 ma a soli due anni di distanza avviene il primo blocco per via dell’entrata in vigore del regime sanzionatorio. I tavoli negoziali riprendono forma nel corso del 2015 quando, nel mese di giugno, Gazprom, Royal Dutch Shell ed altre tre compagnie raggiungono un accordo per la costruzione. Nel maggio 2018 è infine iniziata la costruzione del terminale tedesco ma una serie di rallentamenti nei lavori ne hanno, fino ad oggi, impedito la definitiva realizzazione.