Quello della Germania sarà un autunno caldissimo, in cui alle difficoltà del ciclo economico, colpito in questi giorni dal più grave crollo della produzione industriale da circa dieci anni, si aggiungeranno problematiche politiche di ampia portata che potrebbero segnare la fine anticipata della “Grosse Koalition” tra centro (Cdu) e sinistra (Spd) e della lunga esperienza di governo di Angela Merkel, iniziata nel 2005.

I dati sull’economia e i timori sullo stato di salute della Merkel hanno accompagnato il periodo dell’estate dopo che, a fine maggio, le elezioni europee avevano sancito la permanenza della Cdu in testa alle preferenze degli elettori, ma con un netto ridimensionamento dal 35 al 28% rispetto al 2014, e sancito il sorpasso dei Verdi sui socialdemocratici, ora avviati verso la trasformazione in partito minoritario, dato che gli ultimi sondaggi li danno al 12%, ai minimi storici.

I Grunen starebbero da tempo cannibalizzando la Spd, principalmente nelle aree urbane ad alto reddito (i Verdi sono, secondo gli istituti demografici, il partito più votato tra gli elettori che guadagnano più di 2mila euro al mese) su cui hanno più presa le loro istanze progressiste e ambientaliste. La nuova sinistra progressista cambia colore, dal rosso al verde, e insidia la Cdu in testa ai sondaggi: ora come ora, a livello nazionale, il partito della Merkel è dato alla stessa altezza delle Europee, seguito dai Verdi tra il 23 e il 24%, mentre l’Spd crollerebbe, come detto, attorno al 12%. Terza piazza per Alternative fur Deustchland (Afd), il partito di opposizione di destra che sta rilanciandosi nelle roccaforti dell’Est in cui, nei prossimi mesi, si svolgeranno elezioni locali decisive per la prosecuzione del governo.

L’Afd vola ad Est trainato dall’ideologo nazionalista

“Il colpo fatale al governo potrebbe arrivare alla GroKo dalle prossime, cruciali, elezioni in tre Laender dell’Est”, scrive l’Agi. “In Sassonia e in Brandeburgo si vota per il rinnovo del Landtag il primo settembre, alla Turingia tocca il 27 ottobre. Ebbene, sempre stando ai sondaggi, questi tre voti potrebbero portare con sè una tempesta di prima grandezza, con l’ultradestra dell’Afd che ha ottime probabilità di diventare primo partito sia in Sassonia che in Brandeburgo: comunque, le attuali coalizioni di governo potrebbero non sopravvivere in nessuno di questi tre Laender. Il punto, dicono i commentatori tedeschi, è che questo triplo voto potrebbe consegnarci una nuova divisione della Germania: da una parte un Paese dominato da Cdu e Verdi, dall’altra un Paese in cui il campione è l’Afd”, data tra il 23 e il 25% nei Lander chiamati al voto.

Si conferma il radicamento della destra nelle terre dell’ex Germania comunista. Un radicamento legato non solo alla capacità del partito di catturare i consensi delle fasce più deboli della popolazione, colpite dalla deindustrializzazione dell’Est e dai processi di globalizzazione ma anche alla maggiore recettività dell’ex Ddr a un messaggio politico basato su un forte orgoglio nazionale, che seppur mutato rispetto alle epoche precedenti non fu mai disconosciuto completamente nella Germania Est comunista, rispetto a quanto accaduto nei Lander occidentali.

Non a caso l’uomo solo al comando che guida la campagna elettorale di Afd all’Est è uno dei suoi ideologi più interessanti, il 46enne Bjorn Hocke, parlamentare che ha svolto un ruolo cruciale dal 2013 ad oggi nel definire il quadro culturale dell’Afd, basato sulla difesa dell’ideologia nazionale tedesca, dei teorici della “Rivoluzione Conservatrice” di inizio XX secolo (Carl Schmitt, Ernst Junger, Oswald Spengler), la cui critica alla civiltà moderna “si spinse fino alla tesi che il liberalismo significasse la morte dei popoli” e del mito della “resistenza” conservatrice anti nazista, nonché sulla ripresa dei temi della Nouvelle Droite di Alain de Benoist.

Da quest’ultimo campo Hocke elabora una critica all’attuale condizione dell’Unione europea, ritenuta subordinata agli Stati Uniti e l’aspirazione ad un vero e proprio “sovranismo continentale”, come certificato in una recente intervista a Limes: “Dobbiamo chiederci: chi vogliamo diventare? Vogliamo un futuro europeo indipendente? Vogliamo vivere con l’american way of life? Oppure vogliamo essere russificati? Questa ultima opzione non ritengo sia né auspicabile, né verosimile né possibile. Ritengo che la politica estera americana sia stata impostata in maniera sbagliata e considero l’imperialismo americano riprovevole ed estraneo alla cultura europea. […] Se l’Europa vuole determinare in autonomia il proprio modo di vivere deve liberarsi dall’influenza americana. Cosa che gli USA, ovviamente, non accetteranno volentieri. Noi europei dobbiamo però fare i nostri interessi, non quelli né dei russi né degli americani”.

Hocke da settimane batte in lungo e in largo la Germania orientale per propugnare il messaggio politico di Afd nella sua versione più radicale e “pura”, lontana dall’apertura al liberalismo economico dell’attuale leadership del partito. Elettoralmente, il piano sembra pagare: l’ascesa autunnale dell’Afd, unita alla crescita dei Verdi potrebbe mandare al tappeto l’esecutivo di Berlino. Aprendo spiragli di crisi imprevedibili sino a pochi mesi fa nella non più stabile Germania.

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