Nella giornata del 14 maggio hanno avuto luogo due dei più importanti appuntamenti elettorali del 2023: il primo si è svolto in Turchia, teatro del primo testa a testa fra Recep Tayyip Erdoğan e Kemal Kılıçdaroğlu, il secondo in Gagauzia, un’unità territoriale autonoma della Moldavia.
Sebbene si scriva poco di Gagauzia, tanto che ancora oggi trattasi di una realtà semisconosciuta, questo è uno dei (tanti) teatri della competizione tra grandi potenze. Lo suggeriscono i numeri sulla presenza di osservatori elettorali internazionali – mai così tanti. E lo dimostrano i fatti – come il risveglio del nazionalismo gagauzo, forza che un giorno la Russia potrebbe utilizzare per destabilizzare la Moldavia e inibire l’allargamento dell’Occidente nell’area Balcani-Est Europa.
Le governative gagauze più seguite di sempre
Le governative per la scelta del nuovo başkan di Gagauzia hanno avuto luogo in due turni, fra il 30 aprile e il 14 maggio, e sono state le più seguite di sempre. I numeri, invero, parlano della presenza di ottanta osservatori internazionali a guardia della trasparenza nel processo elettorale – un record.
Più che dall’impossibilità a gareggiare dell’uscente Irina Vlah, incandidabile a causa del vincolo dei due mandati, il vero terremoto politico gagauzo era ed è stato rappresentato dallo scioglimento dell’alleanza tra Socialisti e Comunisti all’alba delle governative. Casus belli: il supporto del başkanato Vlah all’agenda di demoldavizzazione del duo Sandu-Recean.
La Gagauzia, a causa della rottura del patto di ferro tra Socialisti e Comunisti, tradizionalmente uniti dall’astio verso il governo centrale e dalle simpatie nei confronti di Russia e Turchia, era arrivata al voto più divisa che mai. Otto candidati, sei dei quali indipendenti, in corsa con lo sguardo sullo stesso orizzonte: il trono di Comrat.
I contendenti si erano affrontati una prima volta il 30 aprile, data del primo turno. In larga parte euroscettici e russofili, come Evghenia Guțul di Șor e Grigorii Uzun del Partito Socialista, e in minor parte schierati a favore della Turchia, come l’indipendente Dumitru Croitor – ex ambasciatore moldavo ad Ankara –, i candidati avevano gareggiato all’interno di una campagna dura, tesa e ricca di colpi di scena.
I risultati del primo turno
L’elettorato gagauzo si è recato alle urne sentendo il peso delle dinamiche nazionali, il che non è una novità per questa unità territoriale autonoma della Moldavia, e del sistema internazionale, una prima assoluta.
Durante il primo turno, i gagauzi avevano prima assistito alle proteste del Cremlino in relazione al rifiuto delle autorità moldave di avallare la presenza di osservatori dalla Russia e poi alla fuga della numero due di Șor, Marina Tauber, terminata all’aeroporto internazionale di Chișinău con il suo arresto.
Il pressing mediatico, giudiziario e politico su Șor, il partito del fuggitivo Ilan Șor – autore di una frode ai danni delle casse moldave pari a un miliardo di dollari –, non aveva comunque sortito gli effetti desiderati da Chișinău. Il primo turno, infatti, aveva consacrato la vittoria della Guțul, prima col 26,47% delle preferenze.
La seconda posizione era stata conquistata da un altro personaggio fortemente inviso a Chișinău, il socialista Uzun, noto per essere l’uomo di Igor Dodon a Comrat, che aveva promesso salari più alti e “resistenza” al percorso moldavo verso l’integrazione nell’Unione Europea. Una campagna, la sua, che gli era valsa il 26,40% dei voti.
Chi vince, chi perde
La speranza-aspettativa del governo centrale era che le sfaccettate pressioni su Șor potessero minare la corsa al bașkanato di almeno uno dei due candidati più radicali. Non è accaduto. La sera del 30 aprile, durante lo spoglio delle schede, il quadro era già abbastanza chiaro: sarebbe stato un testa a testa al secondo turno fra i filorussi di Șor e gli altrettanto filorussi del Partito Socialista.
Il ballottaggio ha avuto luogo il 14 maggio, adombrato dalle doppie elezioni turche, ed è terminato con la vittoria di Șor. L’espressione politica del ricercato numero uno di Moldavia, che tra fine 2022 e inizio 2023 ha giocato un ruolo-chiave nelle proteste antigovernative per le strade di Chișinău, ha ottenuto il 52,46% delle preferenze, mentre i Socialisti dell’uscente Vlah si sono fermati al 47,64%.
Le indagini, le perquisizioni, le minacce dall’Unione europea – che potrebbe inserire Șor nell’elenco delle entità indesiderate (sanzioni o possibile scioglimento?) – e gli arresti cinematografici in piene elezioni non hanno avuto effetti sui gagauzi. La maggioranza ha votato per Șor, sebbene orfano di entrambi i genitori – date la latitanza del fondatore e l’incarcerazione della Tauber –, inviando un chiaro segnale a Chișinău: i gagauzi vogliono relazioni migliori e più strette con la Russia. Nulla di nuovo sotto il Sole, giacché i gagauzi hanno lo sguardo a Oriente da sempre, ma stavolta, rispetto al passato, c’è una nuova variabile da tenere in considerazione: la competizione tra grandi potenze.
L’importanza della Gagauzia
La Gagauzia, che Maia Sandu ha definito una “quinta colonna” della Russia all’interno della Moldavia nel corso delle governative del 2023, è un’entità territoriale autonoma la cui importanza è stata ed è tuttora adombrata dalla questione Transnistria.
Casa di 150.000-170.000 abitanti, i gagauzi, un antico popolo turcico di religione ortodossa, la Gagauzia è la terra nella quale la “guerra civile moldava” dei primi anni Novanta ebbe inizio, perché sarebbero state le aspirazioni di indipendenza di Stepan Topal – la dichiarazione di autonomia del 1990, il referendum sulla permanenza nell’Unione Sovietica e la proclamazione unilaterale di indipendenza del 1991 – a galvanizzare la radicalizzazione in Transnistria.
Il nazionalismo gagauzo, a differenza del separatismo transnistriano, non sarebbe riuscito né a magnetizzare armi e volontari da Russia e paesi limitrofi né a provocare un’insurrezione popolare di ampia portata. Due motivi per cui, ottenuta del potere centrale una discreta autonomia, la lotta di Topal sarebbe stata congelata a tempo indefinito.
La questione gagauza, dopo un ventennio di sonnolenza, è risorta nei primi anni Dieci ed è andata acquistando una rilevanza crescente. Approfittando della miopia e delle mancanze del potere centrale, afflitto da lotte intestine e corruzione, Russia, Turchia e persino Cina hanno messo piede in Gagauzia e alimentato il risveglio di un micro-nazionalismo a lungo dormiente.
Nel 2014, all’indomani della firma dell’accordo di associazione Moldavia-Unione europea, la Gagauzia organizzava un referendum con tre quesiti, non riconosciuto dalle autorità moldave, terminato con il 98,4% di voti a favore di un maggiore integrazione con l’Unione Economica Eurasiatica, il 97,2% di contrari a una maggiore integrazione nell’Ue e il 98,9% di favorevoli al diritto all’indipendenza.
La Gagauzia conta perché è il secondo ventre molle della Moldavia. Un lembo di terra che ha a cuore la preservazione della propria autonomia e della propria identità, due battaglie che i più pensano di poter combattere meglio col supporto di russi e turchi, storici sponsor del nazionalismo gagauzo, temendo che la rumenizzazione della Moldavia possa condurre all’obliterazione della loro cultura e dei loro diritti.
Scrivere di Gagauzia è fondamentale perché trattasi di una terra attraversata da malcontento nei confronti del potere centrale, a causa degli scarsi investimenti in loco e dei periodici tentativi di eroderne l’autonomia, e da una primavera identitaria, foraggiata in primis dalla Turchia e in secundis dalla Russia, che ben si presta a produrre e proiettare instabilità all’interno della Moldavia.
Le forze filorusse nella Moldavia rumena possono essere utili nell’organizzazione di congestioni, anche violente, e nella creazione di ostruzionismo a livello politico. La Transnistria è il buco nero con cui la Russia ha rallentato e rallenta il percorso di adesione della Moldavia all’Ue e alla Nato, agitando lo spettro della riapertura del conflitto congelato. Ma la Gagauzia è il terzo lato di questo triangolo dell’instabilità, che può esercitare ostruzionismo come minacciare la secessione, e che un giorno la Russia potrebbe utilizzare per fare scacco al re.