I ministri degli Esteri del G7 hanno discusso giovedì 12 aprile a Parigi sulle crescenti restrizioni imposte dai talebani sui diritti delle donne e delle ragazze in Afghanistan. Il giorno successivo si è verificata un’esplosione in una moschea a Kabul.
Durante l’incontro si è sottolineata l’alienazione sempre maggiore dell’Afghanistan dalla comunità internazionale. In una nota congiunta pubblicata dalla Francia, il G7 chiede di adottare urgentemente misure per revocare le restrizioni sulle donne, rispettare i loro diritti umani e soddisfare le aspettative degli afgani e del mondo per garantire loro piena ed eguale partecipazione al lavoro, all’istituzione e alla vita pubblica, quindi alla libertà di movimento e di parola, ritenute fondamentali per la pace, la stabilità e lo sviluppo a lungo termine del Paese.
Nel comunicato finale si legge: “Noi, i ministri degli Esteri del G7 di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America, e l‘Alto rappresentante dell’Unione europea esprimiamo la nostra più forte opposizione e deploriamo le crescenti restrizioni imposte ai diritti e alle libertà delle donne e delle ragazze in Afghanistan dai talebani”.
Nella dichiarazione diffusa il 12 maggio le restrizioni sono state definite gravemente limitative della capacità della metà della popolazione di partecipare pienamente e significativamente alla società. “Siamo con il popolo afghano nella sua richiesta di pari diritti in linea con gli impegni dei talebani nei confronti di tutti gli afgani e gli obblighi dell’Afghanistan ai sensi del diritto internazionale”, si conclude.
È ormai passato un anno da quando i talebani sono tornati al potere e da quando il governo afgano è crollato. Sin da subito è stato ordinato alle donne di coprire i loro volti in pubblico, tornando ad un passato in cui il governo è stato inflessibile e irrispettoso dei loro diritti. Nonostante le promesse di regole più morbide rispetto a quando sono saliti al potere per la prima volta dal 1996 al 2001, le misure sono cresciute imponendo forme di segregazione di genere in linea con la loro interpretazione ultra-rigorosa della Sharia.
Le ultime preoccupanti restrizioni
Le dichiarazioni del G7 fanno riferimento a un decreto emanato il 7 maggio che impone alle donne di indossare il velo integrale in pubblico, assegnando per la prima volta una punizione penale per la violazione del codice di abbigliamento per le donne. Alla fine di marzo, invece, i Talebani hanno vietato alle ragazze di accedere alle scuole superiori e ai college, proprio poco dopo la loro attesa riapertura.
Le autorità talebane di Herat, città occidentale afgana, hanno anche vietato a uomini e donne di mangiare insieme nei ristoranti, anche se sposati. Nonostante si tratti di un Paese fortemente conservatore e patriarcale, non era assurdo vedere uomini, donne e famiglie cenare insieme nei ristoranti, soprattutto nella città di Herat, considerata da tempo relativamente progressista rispetto al resto del Paese. Una misura, quest’ultima, che si ripercuote negativamente anche sulle attività dei ristoratori, che vedono sempre più clienti andare via per non sottostare all’assurda imposizione.
Il funzionario del Ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio di Herat, Riazullah Seerat ha affermato che il suo ufficio ha emesso un decreto secondo cui i parchi pubblici di Herat dovrebbero essere segregati per genere: uomini e donne sono autorizzati a visitarli solo in giorni diversi. “Abbiamo detto alle donne di visitare i parchi giovedì, venerdì e sabato”, ha affermato. “Gli altri giorni sono riservati agli uomini, che possono visitarli per svago e per esercizio”. E ancora, “le donne che vogliono fare esercizio in quei giorni dovrebbero trovare un “posto sicuro o farlo nelle loro case”.
Nonostante ancora non esistano restrizioni per le donne che guidano, all’inizio del mese è stato ordinato agli istruttori di guida di interrompere il rilascio delle patenti alle donne. A dicembre, invece, il governo ha ordinato ai trasportatori di non offrire passaggi alle donne per viaggi superiori ai 72 km se non sono accompagnate da un parente stretto maschio, vietando anche la musica all’interno dei taxi. Non sono solo queste, però, le difficoltà che stanno vedendo protagonisti gli afgani.
Crisi economica in Afghanistan
Da quando sono tornati i talebani al potere, quasi il 60% delle donne che lavoravano nei media ha perso il lavoro, secondo la Federazione internazionale dei giornalisti, più del 90% delle quali erano capofamiglia. Tantissime sono le persone che hanno perso le loro attività in questi mesi. Lo stato di povertà ha provocato grandi problemi nella reperibilità del cibo e la popolazione soffre la fame.
La crescente insicurezza alimentare ha infatti portato anche ad un aumento dei casi di malnutrizione e mortalità per fame, soprattutto tra i bambini. Secondo i dati condivisi dal Ministero della Salute Pubblica (MoPH) sono morti quasi 13.700 neonati e 26 madri nel 2022 per mancanza di nutrizione. Il peggioramento della situazione può essere ricondotto ad un deterioramento delle condizioni economiche in Afghanistan causato dall’aumento della disoccupazione.
Tra crisi economica, alimentare e bancaria, gli afgani sono disperati e si è parlato anche di atti estremi come vendita di bambini e ragazze per sopravvivere.
Maggiori controlli e le proteste delle donne
Per incitare all’adesione delle regole stabilite, dopo l’annuncio della scorsa settimana, sono stati aumentati i severi controlli sull’abbigliamento femminile in varie parti del paese, soprattutto nella capitale. Tra i racconti dei cittadini c’è quello di un medico a cui è stato chiesto di non curare le pazienti che arrivano in ospedale con accompagnatore maschio e senza essere completamente coperte.
Le donne hanno cominciato a reagire, rifiutando di coprirsi o rimanendo in casa. Le conseguenze della disobbedienza, però, sono rivolte al parente maschio più stretto della famiglia di una donna, e vanno dall’avvertimento alla reclusione. Non è ben chiaro se siano state applicate pene ai trasgressori, ma sappiamo che ci sono state due proteste queste settimane.
Su Reuters, un venditore di burqa ha raccontato che nei giorni successivi l’annuncio i venditori avevano aumentato i prezzi di circa il 30%, ma sono subito tornati bassi in seguito a un mancato aumento della domanda. Testimonianze di dottoresse e insegnanti, i pochi lavori ancora possibili per le donne afghane, spiegano che coprire il viso e indossare vestiti ampi rende difficoltoso il loro lavoro. Per i chirurghi, ad esempio, risulta difficile coprirsi quando il loro lavoro implica operazioni, prima delle quali sono tenuti a lavarsi fino ai gomiti.
Le proteste e il malcontento nel Paese ha attirato l’attenzione e aperto il dibattito durante il G7, nella speranza che rispondano all’appello e che il cambiamento avvenga. Zarifa Ghafari, 30enne afgana, tenace attivista e tra le poche ad aver ricoperto la carica di sindaca nel suo Paese, ad aprile di quest’anno affermava: “I talebani non possono cancellarci, semplicemente non possono. Non è come negli anni ’90 o prima ancora, devono accettare le donne. Non hanno altra scelta”.