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L’Italia resta a bocca asciutta nelle ultime nomine che contano nel Servizio europeo per l’azione esterna (Seae). Nessun italiano è tra gli alti papaveri del “ministero degli Esteri” dell’Unione europea scelti dallo spagnolo Josep Borrell, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue. Ben due olandesi – le ambasciatrici Joanneke Balfoort e Angelina Eichhorst – guideranno la direzione per la politica di difesa e sicurezza e l’ufficio per l’Europa e l’Asia centrale. L’attuale numero due della delegazione europea alle Nazioni Unite di Ginevra, Carl Hallergard, andrà alla direzione del Medio Oriente e il Nord Africa, mentre lo spagnolo Javier Nino Perez sarà vicedirettore delle Americhe. In attesa delle nomine “fuori sacco”, l’Italia è riuscita a portare a casa almeno due missioni diplomatiche oltreconfine: Ranieri Sabatucci, nominato capo della delegazione dell’Ue in Myanmar; Thomas Gnocchi, nominato capo dell’Ufficio dell’Ue a Hong Kong e Macao. Due incarichi da non scartare, soprattutto in considerazione della crescente rilevanza di Hong Kong nello scacchiere asiatico, ma è un magro bottino per un Paese come il nostro che coltiva ben altri interessi geopolitici.

L’Italia fuori dal Mediterraneo

La politica estera dell’Italia è da sempre proiettata verso i Balcani e il Mediterraneo. Due aree dove la crescente influenza della Turchia rischia di metterci fuori gioco. Energia, sicurezza, terrorismo, flussi migratori: l’Italia non può rinunciare a questi dossier per una questione di sicurezza nazionale. L’Unione Europea potrebbe essere un importante strumento per perseguire questi obiettivi, ma gli italiani che hanno spadroneggiato durante l’era di “Lady Pesc” Federica Mogherini, per cinque anni ai vertici della politica estera e di sicurezza dei Ventotto (nel frattempo divenuti Ventisette dopo la Brexit), non hanno colto l’attimo. Ecco quindi che le rappresentanze europee in Tunisia, Egitto, Turchia e soprattutto in Libia finiscono in mano austriaca (Markus Cornaro), tedesca (Christian Berger) e spagnola (Jose Sabadell). Non è andata meglio nei Balcani, dove nessuno dei nuovi capi missione in Montenegro, Nord Macedonia e perfino in Kosovo (dove la presenza italiana è ben radicata, soprattutto dal punto di visita militare) è di nazionalità italiana. C’è ancora un altro round da giocare, ma la partita diplomatica dell’Italia in campo europeo appare compromessa.

La Spagna mette un piede in Libia

Colpisce soprattutto la nomina del diplomatico spagnolo Jose Sabadell al posto del maltese Alan Bugeja alla guida della rappresentanza diplomatica europea in Libia (distaccata a Tunisi per motivi di sicurezza). Nulla da ridire sul suo curriculum: ex capo della Delegazione dell’Unione Europea in Mauritania; direttore della divisione Nord Africa presso il ministero degli Affari esteri e della cooperazione della Spagna; esperto di estremismo islamico e di gruppi radicali, segue da anni le questioni relative alla sicurezza, al Sahel e alle migrazioni; parla fluentemente inglese, francese, tedesco e l’arabo a livello avanzato. È singolare, tuttavia, che Borrell abbia piazzato un suo connazionale in Libia dopo la levata di scudi dell’Italia alla sua proposta di nominare un “inviato speciale dell’Ue” per seguire il dossier libico. “All’amico Borrell ho detto: un inviato lo hai già. Siamo noi ministri degli Esteri Ue”, aveva detto il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio, in un’intervista a La Stampa lo scorso gennaio. Concetto ribadito davanti a deputati e senatori in un’audizione sulla Libia del 14 maggio. “Gli inviati speciali sono i ministri degli Esteri degli Stati membri. Ma capisco che in questo momento c’è bisogno di un terminale”, aveva spiegato il ministro pentastellato, citato da Agenzia Nova. In attesa dell’arrivo del “super” inviato speciale europeo, intanto, “l’amico Borell” in poche mosse ha già mangiato all’Italia diverse pedine.

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