Angela Merkel ed Emmanuel Macron hanno un solo obiettivo: decidere le sorti dell’Unione europea. E quindi di tutta l’Europa. Lo hanno reso chiaro con il Trattato di Aquisgrana, in cui hanno messo nero su bianco l’idea di decidere prima, fra di loro, la strategia dell’Unione europea. E lo stanno manifestando in ogni sede con toni neanche particolarmente pacati e con mosse anche palesemente tendenti alla spartizione del mercato europeo. Il tutto chiaramente con un solo scopo finale: impadronirsi dell’Europa tagliando fuori i maggiori competitor, cioè l’Italia.
L’ultima mossa piazzata dalla coppia Macron-Merkel è stata quella della redistribuzione dei fondi dell’area euro. Berlino e Parigi hanno infatti scelto di condividere un documento, che, come ha scritto Il Giornale, prevede “di sostenere gli stati membri dell’Ue creando una sorta di bilancio autonomo: il fondo dovrebbe finanziare alcune riforme nazionali, ma solo quelle indicate nelle raccomandazioni della Commissione, oltre ai progetti di investimento legati al Semestre europeo”.
Quindi un fondo che però non serve a sostenere tutti gli Stati o quelli che ne hanno bisogno, ma solo quei Paesi che seguono pedissequamente i dettami dell’Unione europea. E dal momento che Franca e Germania decidono il destino dell’Europa – e vogliono continuare a farlo -, in pratica saranno sostenuti soltanto gli Stati che eseguono i diktat indiretti e non di Parigi e Berlino.
In poche parole, si tratta di un vero e proprio ricatto ammantato di europeismo. La misura di per sé avrebbe anche un senso logico. Ma basandosi su una Unione europea che di fatto è un’emanazione franco-tedesca, il senso profondo di questa riforma sarà quello di costruire un sistema di Paesi che per ricevere fondi dovranno piegarsi alle volontà di Merkel e di Macron. E questo postulato è filtrato anche dal documento firmato da Bruno Le Maire e Olaf Scholz, i due ministri di Francia e Germania, visto che si legge come necessaria l’attuazione di riforme strutturali ma anche quella di “diminuire i livelli di debito pubblico al fine di creare un margine per l’ assorbimento di choc”.
Naturalmente, quando si parla di debito pubblico da diminuire, il pensiero non può che andare all’Italia. Soprattutto in un momento in cui l’asse franco-tedesco ha puntato il dito contro il governo giallo-verde e la sua manovra economica. Il debito pubblico italiano è considerato da sempre uno dei problemi principali dell’eurozona. E da parte della Commissione europea, in particolare dei falchi come Pierre Moscovici e degli altri commissari dell’Europa del Nord, ci sono stati parecchi richiami nei confronti dell’Italia e dell’attuale governo. E dal momento che il documento per i fondi (si parla di 25 miliardi di euro) parla specificamente di riforme e di debiti da ripianare, e che è stato firmato da governi di Macron e Merkel, è del tutto evidente che l’obiettivo è uno solo: l’Italia e, in via secondari,a gli altri Paesi mediterranei.
E adesso, per l’italia, le minacce non mancano. La Commissione europea è sul piede di guerra, l’Unione europea sta facendo di tutto per colpire il governo giallo-verde sia dal punto di vista mediatico che politico, i mercati hanno già messo sotto torchio Roma. E Francia e Germania appaiono unite come non mai per spartirsi quello che resta di un’Unione europea sempre più fragile e sempre meno comunitaria.
A questo piano sul budget, se ne aggiunge un altro: quello sull’industria. Perché i ministeri dell’Economia di Francia e Germania ne hanno pensata anche un’altra: riscrivere le regole della competizione europea dopo lo choc causato dal blocco della Commissione europea sulla fusione di Siemens e Alstom. Così, Berlino e Parigi hanno deciso di unire le loro politiche industriali, Naturalmente escludendo il resto dei Paesi europei e, come naturale, l’Italia.
L’obiettivo dell’asse franco-tedesco è infatti quello di creare “campioni” dell’industria che uniscano il sistema di Berlino e quello di Parigi. Un sistema che, rappresenta la risposta di Macron e Merkel ai pericolosi di una futura Unione europea frammentata, ma anche della Germania al rischio di avere un sistema industriale indebolito e a rischio di acquisizione da parte dei giganti cinesi. Soprattutto dopo la guerra intrapresa da Donald Trump.
Per Merkel e Macron la sfida è duplice. E questa doppia strategia è spiegata da Il Sole 24 Ore. “Parigi è se stessa, anche sotto il presidente più europeista degli ultimi decenni; Berlino, provata dall’esperienza e sempre più preoccupata dall’invadenza cinese, decisamente meno. È come se il governo tedesco e la stessa cancelliera Angela Merkel, avari di concessioni nei confronti delle ambizioni europeiste di Emmanuel Macron (budget e ministro dell’Eurozona, risorse finanziarie importanti per contrastare gli shock esogeni, completamento dell’unione bancaria con un principio di condivisione dei rischi) volessero in qualche modo compensare il partner deluso”.
Inoltre, continua il quotidiano economico-finanziario, “l’Unione che protegge, tanto cara a Macron, è anche un buon argomento da spendere in campagna elettorale in vista delle Europee di maggio: difficilmente si rischia l’impopolarità, dopotutto siamo di fronte a un sovranismo tecnocratico”.
Naturalmente questa idea non valeva per Fincantieri-Stx. In quel caso si poteva creare un grande colosso europeo di matrice franco-italiana. Ma ovviamente per Parigi e Berlino non c’era motivo di sostenere il piano di una società italiana.