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Gli Emirati Arabi Uniti hanno acquistato dalla Francia e dalla Germania 436 carri da combattimento Leclerc per un valore complessivo di più di tre miliardi di dollari (2,6 miliardi di euro). I carri in questione sono stati modificati – oggi diremmo customizzati – per venire incontro alle esigenze di Abu Dhabi ed a questo ci ha pensato la Germania fornendo nuovi motori e trasmissioni per il carro francese.

Come riportato da Wikileaks, che ha affidato le indiscrezioni in esclusiva al tedesco Der Spiegel, al francese Mediapart e a La Repubblica, parte di quella enorme commessa, circa 195 milioni di dollari, sarebbe finita nelle tasche di un intermediario uomo d’affari arabo, tale Abbas Ibrahim Yousef al-Yousef, che avrebbe utilizzato il denaro per “oliare gli ingranaggi” per esportare i carri modificati.

La somma farebbe parte della commessa di Yousef, pari al 6,5% del totale (ovvero 235 milioni), e secondo le ricostruzioni sarebbe stata versata su un conto delle Isole Vergini Britanniche da parte della Giat, un’industria statale francese che fa parte del gruppo franco-tedesco Nexter, e da lì sarebbe finita nelle tasche dell’uomo d’affari emiratense che l’avrebbe usata per corrompere funzionari e ufficiali arabi, ma si sospetta che sarebbe stata usata anche per facilitare l’ottenimento dei permessi per esportare i mezzi militari dalla Germania.

Germania che, come dicevamo in apertura, è coinvolta tramite la Mtu (Motoren und Turbinen Union) e la Renk AG che si sono occupate rispettivamente della nuova motorizzazione e della trasmissione del Leclerc. La legge tedesca, quando si tratta dell’esportazione di armamenti, è particolarmente restrittiva e ogni transazione deve avere l’approvazione di una commissione federale presieduta dal Cancelliere, che all’epoca dei fatti era Helmut Kohl, e formata da sette ministri della coalizione di governo.

La commissione, solitamente molto rigida, firmò il nulla osta per la vendita dei motori l’8 dicembre del 1992 dando così il via libera all’esportazione dei carri. Esportazione che, ad oggi, rappresenta un unicum nella storia dei francesi Leclerc. Della commessa miliardaria finita nelle casse francesi, una fetta consistente in circa 150 milioni di euro di oggi (300 milioni di marchi dell’epoca) è finita nelle casse della Mtu che ha fornito i motori.

Il sospetto della corruzione

Il sospetto, che forse solo sospetto non è, che quei soldi siano stati usati per corrompere funzionari e ufficiali risiede in una alquanto singolare coincidenza temporale. La legge francese (e anche quella tedesca), prima del 2000, non prevedeva responsabilità penale se il reato fosse stato commesso per corrompere ufficiali e personale straniero, questo nell’evidente intento di favorire Parigi nelle varie gare d’appalto internazionali per le commesse militari – ma anche petrolifere – che i vari Stati, soprattutto africani ed arabi, indicevano.

Dal 2000, per venire incontro alle linee guida dell’Organizzazione per lo Sviluppo e Cooperazione Economica, la Francia ha penalizzato quella che in Italia definiamo “corruzione internazionale” e, guarda caso, proprio a partire dallo stesso anno il flusso di denaro destinato alle tasche di Yousef si è interrotto, provocando un ammanco di 40 milioni di dollari sul totale dei 235 stabiliti per la sua commissione. La Giat, infatti, proprio a partire dal 2000, ha dichiarato all’arbitrato internazionale – intervenuto su denuncia dello stesso Yousef che lamentava il mancato saldo della sua commessa – che il pagamento non era più possibile e addirittura i suoi legali, interrogati da Der Spiegel in merito, si rifiutano di rispondere.

La stessa dichiarazione dei rappresentanti della Giat suona come un’ammissione di colpa: “l’intenzione era quella di facilitare la chiusura del contratto con gli Eau offrendo al personale civile e agli ufficiami emiratensi parte della commissione”. Una dichiarazione che da un lato conferma la corruzione internazionale ma che dall’altro, forse, rappresenterebbe il tentativo di ammettere una colpa per celarne un’altra, molto più grave, come spesso accade.

Il sospetto che parte di quei soldi siano stati usati per corrompere anche funzionari europei affinché facilitassero le carte per l’esportazione dei carri resta alto secondo il giornale tedesco.

Yousef però nega, davanti all’arbitrato internazionale, di aver mai corrotto funzionari arabi o europei e sostiene di aver investito quei soldi, di cui si sono perse le tracce cosi come avvenuto per i documenti che attestano le relazioni d’affari tra l’uomo d’affari arabo e la Giat, in varie compagnie sparse per il mondo, ma anche qui non c’è alcun documento che lo provi, in quanto lo stesso Yousef sostiene di aver distrutto le prove di questi investimenti.

Massima discrezione anche sui suoi contatti con la controparte tedesca. Interrogato dal giudice su chi avesse interpellato per la questione dei visti per l’esportazione Yousef si è trincerato dietro un perentorio “nessuno”.

Intanto arrivano le prime sentenze

L’inchiesta comunque è andata avanti seppur tra mille difficoltà. Se dal lato tedesco è difficile stabilire se vi sia o meno stata corruzione anche per via della morte dei presunti attori coinvolti come lo stesso ex Cancelliere Kohl, e per la “perdita di memoria” dell’allora ministro della Difesa Volker Rühe e del ministro delle Finanze Theo Waigel, da parte francese si è giunti alle prime condanne.

Nel 2005 due oscuri personaggi legati a quello che possiamo definire affaire Leclerc sono stati condannati per corruzione avendo versato 2,6 milioni di euro su un conto svizzero per “consulenze” e nella stessa indagine due impiegati della Renk AG sono stati condannati a 18 mesi con la condizionale e a 100mila euro di multa per lo stesso reato.

Lo stesso Yousef si è ritrovato a dover pagare il costo processuale dell’arbitrato internazionale, pari a 550mila dollari, quando il giudice, a settembre del 2010, ha stabilito che la sua richiesta di ricevere i 40 milioni di euro mancanti è stata negata perché l’intera operazione sarebbe accusata di corruzione.

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