L’esperimento Fidesz verrà messo alla prova della storia nel 2022, l’anno in cui avranno luogo le parlamentari più importanti della storia dell’Ungheria postcomunista. L’appuntamento elettorale non coinvolgerà delle formazioni partitiche guidate da burocrati e politici post-ideologici, come ormai accade in gran parte dell’Occidente post-storico, ma delle forze che rappresentano due visioni contrapposte e incompatibili.
Da una parte vi sarà Fidesz, il partito del nazionalismo magiaro, del turanismo, del multipolarismo e del solidarismo cristiano, che Viktor Orban ha trasformato nel punto di riferimento dell’internazionale conservatrice e in uno dei più indefessi rivali dell’egemonia tentacolare e pervadente della Germania all’interno dell’Unione Europea. Dall’altro lato della barricata si troverà l’opposizione nella sua (quasi) interezza, perché Coalizione Democratica, Dialogo per l’Ungheria, Jobbik, LMP, Momentum e il Partito Socialista hanno siglato un patto di ferro – già collaudato con un certo successo a livello locale – per presentare una maxi-lista unica nell’aspettativa di porre fine all’epopea orbaniana e cancellarne ogni traccia attraverso abrogazioni legislative e referendarie e riallineamenti diplomatici. Nel mezzo, fra Fidesz e l’opposizione liberale, si incuneeranno gli Stati Uniti di Joe Biden; perché a Budapest si giocherà anche l’esistenza del populismo di destra.
Fidesz, per aggirare l’accerchiamento ed incrementare le prospettive di una vittoria, ha iniziato a dedicare maggiore attenzione alla gioventù e alla realtà universitaria, due bacini elettorali di importanza fondamentale e la cui mobilitazione si rivelerà determinante.
Fidesz, il partito meno votato fra i giovani
La visione di Orban viene diffusa nella società magiara attraverso le emittenti televisive, la stampa e i nuovi media dipendenti e/o vicini a Fidesz, che, inoltre, dispone anche di un’organizzazione giovanile, Fidelitas. I risultati della strategia comunicativa – e, naturalmente, dei successi conseguiti da Fidesz in campo interno e internazionale – hanno permesso al partito di vincere gli appuntamenti parlamentari del 2010, 2014 e 2018, ma le tendenze demografiche, o meglio anagrafiche, lavorano in senso contrario ai sogni di egemonia duratura di Orban.
I numeri non necessitano di interpretazione alcuna: Fidesz, in occasione delle parlamentari del 2018 e delle municipali del 2019, è stato il partito meno votato dagli elettori appartenenti alla fascia di età 18-30 anni, dalla quale ha ricevuto rispettivamente il 37% e il 25% dei voti.
Due sondaggi di opinione effettuati nella realtà universitaria durante il 2020 dall’Accademia ungherese delle scienze hanno confermato l’esistenza di una tendenza di voto sfavorevole a Fidesz, ma le conclusioni spianano la strada ad una possibile inversione. La popolarità del partito di Orban, infatti, sarebbe seconda soltanto a Momentum e lo stacco sarebbe risibile: 16% contro 15,5%. Al terzo posto, Jobbik, per il quale simpatizza il 14% degli universitari magiari.
La “cura ringiovanente”
Quella che la stampa ungherese ha definito la “cura ringiovanente” di Fidesz, ovvero la strategia per la conquista della gioventù, ha iniziato ad essere implementata nella seconda parte dell’anno scorso, dopo un periodo di riflessione post-elettorale e alla luce dei sondaggi, e si poggia sui seguenti pilastri: rivisitazione della struttura di Fidelitas, svecchiamento delle file del partito, utilizzo di politici giovani e carismatici per raggiungere le generazioni Y e Z, ricerca di alleanze con le chiese e con il mondo dello scoutismo, e maggiore esposizione nelle università.
Momentum e Jobbik sono i partiti politici più presenti nelle università ungheresi, in termini di associazioni, organizzazioni e attivismo, ma il loro duopolio ha iniziato a subire pressioni crescenti da parte di Fidesz. È il caso, ad esempio, del Collegio Mattia Corvino (Mathias Corvinum Collegium), la cui fama di storico incubatore di attivisti e politici ha spronato il partito di governo ad investire “miliardi di fiorini […] negli ultimi mesi” all’interno della struttura. A fare da sfondo alla pioggia di denaro, sostanzialmente inviato sotto forma di donazioni, la nomina di Balazs Orban, segretario di stato dell’ufficio del primo ministro, a presidente del comitato direttivo del collegio, avvenuta lo scorso luglio.
La cura ringiovanente potrebbe funzionare, perché, secondo Istvan Tozsa, eminente geografo dell’università Corvinus di Budapest, il popolo magiaro sarebbe tendenzialmente conservatore e “la resistenza degli studenti deriva da una mancanza di conoscenza e suscettibilità alla manipolazione”. Fidesz, secondo Tozsa, “non ha perduto i giovani, che devono soltanto crescere”.
In breve, la cura ringiovanente non avrebbe nulla di anti-storico: il conservatorismo ungherese ha tradizionalmente goduto di livelli di consenso elevati ed uniformi e il declino degli anni recenti sarebbe da imputare al successo delle forze liberali nell’egemonizzazione di cultura, istruzione e informazione, tre sfere che, adesso, Fidesz sta provando a riconquistare in una corsa contro il tempo.