Comunque vadano queste elezioni europee la Germania ha già vinto. Da potenze egemone del Continente – insieme alla Francia – Berlino non permetterà mai alle altre nazioni europee – sovranisti o meno – di scalzare o mettere in discussione il suo ruolo guida. È la logica del realismo, la lente che consente di leggere la politica internazionale e di comprende che tutto – o quasi – ruota attorno alla logica di potenza. Per questo la Germania, nonostante Angela Merkel abbia dichiarato di “non essere a disposizione per un altro incarico politico, né in Germania né in Europa”, è pronta verosimilmente a occupare quasi tutti i vertici delle istituzioni europee. Perché, nonostante tutto, rimane la nazione più potente e si sentirà legittimata a farlo, comunque vada.
È ancora tutto da vedere, ma il bavarese Manfred Weber, Capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, è il candidato alla presidenza della Commissione europea appoggiato dalla Cancelleria e dai popolari europei. Come ricorda EuroNews, a marzo, Weber, 46 anni, ha battuto l’ex primo ministro finlandese Alexander Stubb ed ha avuto la delega di rappresentare il partito al congresso di Helsinki del novembre scorso, forte di 492 dei 619 voti dei delegati di partito. Arriva all’appuntamento elettorale delle elezioni europee come uno dei grandi favoriti e il più accreditato per succedere a Jean-Claude Juncker.
Chi è Manfred Weber
Sarà Weber il prossimo presidente della Commissione? Come spiega Il Post, per una prassi chiamata Spitzenkandidat, il partito che alle elezioni europee prende più seggi al Parlamento europeo ha il diritto di indicare il presidente della Commissione. In questo momento, pur indebolito, il Ppe è il partito politico europeo che secondo le proiezioni otterrà la maggioranza relativa dei seggi parlamentari.
Oltre a Weber, non va dimenticata la presenza del potentissimo Martin Selmayr, Segretario generale della Commissione europea, tedesco della Cdu e descritto come “una delle figure più potenti e influenti della commissione stessa”. Selmayr, definito dal Corriere della Sera, “braccio destro” del presidente lussemburghese dell’istituzione Jean-Claude Juncker, è peraltro protagonista di una torbida inchiesta pubblicata dal quotidiano Liberation di Parigi, il quale ipotizza che il suicidio della cinquantenne Laura Pignataro, incaricata di controllare la legalità delle nomine interne della Commissione, sia dovuta alla pressione dalla potentissima lobby interna guidata dall’euroburocrate.
Con il rinnovo della Commissione, Selmayr potrebbe perdere il lavoro anche se non sembra essere molto preoccupato del futuro. “Non sono mai preoccupato di nulla, ho molti buoni hobby”, ha dichiarato in maniera sprezzante in un’intervista rilasciata al giornale finlandese Helsingin Sanomat. Un altro pezzo grosso – che ama decisamente poco l’Italia – è Günther Oettinger, Commissario europeo per il bilancio, protagonista di numerose liti con il governo italiano. Se a questo aggiungiamo il fatto che il “falco” tedesco Jens Weidmann è comunemente considerato il successore più probabile di Mario Draghi alla guida della Bce, il quadro è completo.
L’Unione europea, un impero a trazione tedesca
Su Le Monde diplomatique, il sociologo tedesco Wolfgang Streeck ha chiaramente illustrato che cos’è l’Unione europea e qual è il ruolo della Germania: “Che cos’è l’Unione europea? Il concetto più vicino che viene in mente è quello di un impero liberale, o meglio, neoliberale: un blocco strutturato gerarchicamente e formato da Stati nominalmente sovrani la cui stabilità si mantiene grazie a una distribuzione del potere dal centro verso la periferia” scrive Streeck. “Al centro si trova una Germania che cerca, più o meno, con successo, di dissimularsi all’interno del nocciolo duro dell’Europa (Kernereuropa) che forma con la Francia”.
Come gli altri Paesi imperiali, osserva, “a cominciare dagli Stati Uniti, la Germania si percepisce – e vuole che gli altri la percepiscano – come una potenza egemone benevola, che sparge attorno a sé un universale buonsenso e virtù mortali, a proprie spese. Un onere che vale la pena, per il bene dell’umanità. Nel caso della Germania e dell’Europa, i valori che legittimano l’impero sono quelli della democrazia liberale, del governo costituzionale e delle libertà individuali; insomma, i valori del liberalismo politico. Avvolte nello stesso pacco regalo, ecco la libertà dei mercati e della concorrenza, messe in primo piano, quando occorre: in sostanza, il liberismo economico e, nel caso attuale, il neoliberismo”.
È per questo motivo che Berlino non rinuncerà mai al ruolo di potenza egemone in Europa. Un concetto ribadito tra le righe anche dalla Cancelleria Angela Merkel in un’intervista alla Sueddeutsche Zeitung. “Non c’è dubbio che l’Europa abbia bisogno di riposizionarsi in un mondo cambiato”, ha detto Merkel. “Le antiche certezze dell’ordine emerso dalla seconda guerra mondiale oggi non sono più applicabili”. E ancora: Cina, Russia e gli Usa “ci stanno obbligando, nel tempo e ancora, a trovare posizioni comuni. Il che spesso è difficile, dati i nostri diversi interessi. Ma lo facciamo: si pensi, per esempio, alla nostra politica per quello che riguarda il conflitto in Ucraina” .
Quando Merkel parla di “Europa unita” contro le grandi potenze mondiali – Cina, Russia, Stati Uniti – parla di “Europa unita a guida tedesca”. La domanda è: all’Italia conviene tutto ciò oppure dovrebbe pensare a una sua strategia geopolitica, come Francia e Germania fanno da tempo, senza appiattirsi sulle “posizioni europee”?