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L’Europa sembra essersi concentrata sull’Italia come grande “malata” del Vecchio Continente. A sentir parlare Commissione, Stati membri dell’Ue e osservatori di Bruxelles e dintorni, il governo italiano, ma in generale il nostro Paese, sembra sempre quello più problematico. Roma è costantemente sotto la lente d’ingrandimento. Incapace di fare una mossa troppo “azzardata” senza essere colpita dalla scure delle minacce, dei moniti e delle procedure d’infrazione.

E mentre il governo italiano è l’osservato speciale di questa Unione europea, dall’altra parte delle Alpi, Emmanuel Macron si fregia del titolo di campione dell’europeismo e la Francia assume una sorta di aurea di potenza-guida dell’Unione europea e soprattutto del futuro dell’Europa, in una rivisitazione dell’asse franco-tedesco per riprendere quanto perduto in questi mesi di disfatte elettorali e di attacchi internazionali.

Ma è davvero così? È questa Italia il problema dell’Europa, mentre la Francia, al contrario, il suo contraltare positivo? A giudicare da quanto sta avvenendo in questi mesi, ma anche negli ultimi giorni, tutto si può dire meno che Parigi non rappresenti un problema per il nostro continente. Anzi, tra quanto sta avvenendo nel territorio francese e quanto sta facendo il presidente Macron , è vero il contrario: Parigi è una vera e propria spina nel fianco dell’Unione europea. Anche se a tutti conviene dire il contrario. 

Da un punto di vista della situazione sociale, la Francia è un Paese che in molti, come ricorda Carlo Pelanda per La Verità, considerano sull’orlo della guerra civile. È il Paese europeo con più scioperi violenti, manifestazioni estreme, atti vandalici, con la guerriglia urbana che più volte sconvolge le periferie della capitale e anche altre grandi città d’Oltralpe. Una situazione esplosiva in cui, tra mancata integrazione e malcontento serpeggiante in diversi strati della popolazione, si rischia veramente il caos. Anche se viene tutto derubricato a “manifestazioni”.

Il problema è che tutto questo non è semplice protesta. È un malcontento popolare diffuso e strisciante che si innesta su un Paese dove la povertà è in aumento, molte aree rurali sono escluse dal benessere che si concentra molto spesso nelle grandi metropoli (e solo in alcune aree), e su un sentimento abbastanza diffuso di ostilità a qualsiasi cambiamento. E fra questo, c’è anche il problema del rapporto con l’Europa. Tanto è vero che la Francia, attualmente guidata dall’alfiere dell’europeismo più estremo, è uno dei Paesi più diffidenti nei confronti dell’integrazione europea, come dimostrato anche da diversi risultati elettorali e referendari. 

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La questione, di per sé, potrebbe anche sembrare di scarso interesse per l’Italia. Ma non lo è nel momento in cui Parigi decide le sorti dell’Unione europea per renderla a sua immagine e somiglianza e soprattutto per seguire i propri interessi. Che attualmente divergono in maniera quasi totale con quelli del nostro Paese, e non soltanto del nostro governo.

Un punto per esempio particolarmente delicato studiato da Pelanda è quello dell’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. “Washington vorrà un trattato simmetrico, cioè zero o quasi barriere reciproche.
Questa formula sarà respinta dagli europei per l’elevata densità di settori protetti o regolati da standard diversi da quelli statunitensi. Ma un compromesso sarà possibile, anche nel settore più difficile che è l’agricoltura e zootecnia”, spiega dalle colonne del quotidiano. Il problema però è che mentre gli europei accetteranno un compromesso, la Francia è molto probabile che non lo farà.

Ipotizzando che si arrivi alla decisione finale sull’accordo di libero scambio fra le due sponde dell’Atlantico, è molto probabile che Macron respingerà l’accordo anche a causa dei violenti disordini che si scateneranno in tutto il Paese. Se è bastato l’innalzamento delle accise sui carburanti per paralizzare l’intera rete viaria francese e provocare anche un morto, è del tutto evidente che la Francia rurale e profonda si scatenerà in modo ancora più duro contro un patto che potrebbe mettere in pericolo le proprie certezze.

E quella Francia autentica, impoverita dalla globalizzazione e ostile a nuove aperture del mercato, sarà la giustificazione “popolare” di Macron per respingere l’accordo. Ma sbaglia chi pensa che il presidente lo farà per puro spirito sovranista. La tattica del capo dell’Eliseo è chiara: vuole un’Europa a guida francese, non un continente in cui la Francia è uno degli Stati coinvolti nel mercato euro-americano. Non c’è nulla né di popolare né di europeo nei piani del presidente francese. E lo si vede anche in altri campi.

Il problema è che l’Italia (ma non solo) ha un interesse del tutto contrapposto a quello di Parigi. Anche a prescindere dal fatto che l’attuale governo italiano ha ottimi rapporti con Donald Trump, ma ha sopratutto interesse sia alla creazione di un mercato euro-americano a tutele garantite sia al mantenimento in vita della Nato, di cui il nostro Paese ha una posizione centrale confermata anche dal centro di Napoli.

È chiaro che questa Francia che vuole moltiplicare se stessa attraverso l’Europa, colpisce, inevitabilmente, gli interessi italiani. Ma colpisce anche gli interessi europei. Vuole ricreare l’asse franco-tedesco spostando il baricentro politico a Parigi. Si assume il ruolo di Paese leader dell’Unione europea dicendo che si deve creare un esercito europeo contro Cina, Russia e Stati Uniti. Costringendo così gli altri Stati a scegliere fra Europa e altre superpotenze. E per finire, crea dissidi in tutto il continente andando apertamente contro i suoi partner europei: Italia in primis. Lo ha dimostrato anche il dossier-Libia.

Insomma, l’Europa farebbe bene a non concentrarsi troppo sull’Italia e spostare l’attenzione su Parigi. Se c’è uno Stato che sta remando contro l’Ue non è il nostro: è quello del campione dell’Europa, monsieur Macron.

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