Carles Puigdemont arrestato in Germania. Altri leader secessionisti detenuti in Spagna o in fuga in altre parti d’Europa. L’ex ministro Clara Ponsati, ricercata in Spagna che si consegnerà alle autorità in Scozia. Una Catalogna senza governo, piazze in rivolta con scontri e feriti. E nel frattempo, una Spagna ancorata alla forza della legge completamente in balia degli eventi e paralizzata in schemi politici ormai del tutto superati.
Ancora una volta tra Madrid e Barcellona va in scena la fiera degli errori. Un sistema collaudato di scelte pessime, da una parte e dall’altra, che consegna un Paese non solo spaccato, ma del tutto incapace, sia a livello nazionale che locale, di ricucire i rapporti della pacifica convivenza.
Gli errori dei secessionisti
Carles Puigdemont, l’ex presidente della Generalitat di Catalogna, è in un carcere in Germania. E in molti ritengono che sia la fine del suo sogno. Ma quel sogno, in realtà, è finito nel momento in cui l’ha voluto rendere realtà con la scelta della dichiarazione unilaterale di indipendenza.
Nel momento in cui Puigdemont ha scelto la via del referendum anti costituzionale ha scavato un solco invalicabile. Ha scelto l’unilateralità in un momento in cui non poteva permetterselo, dividendo esattamente a metà l’opinione pubblica catalana, come hanno dimostrato i risultati delle elezioni, in cui il primo partito è stato il movimento “unionista” Ciudadanos, mentre il blocco indipendentista, tutto unito, ha ottenuto a una leggera maggioranza in termini di seggi.
Nel frattempo, ha infiammato le piazze, irrigidito lo scontro e reso di fatto l’indipendentismo catalano un movimento fuori dalla legalità e incapace di tessere rapporti di alto livello con i governo esteri e con l’Unione europea. Prova ne è che, mentre il governo nazionalista basco viene ricevuto da Juncker con tutti gli onori, Puigdemont non è stato accettato dalla Commissione europea. Il leader catalano ha peccato di presunzione, probabilmente supportato dall’ala più radicale del movimento, e non ha saputo fermarsi di fronte all’evidenza che sarebbe stato abbandonato da tutti.
La scelta dell’auto-esilio, ultimo gesto disperato di fuggire alla giustizia spagnola, ha poi costretto molti a rivedere la sua leadership. Se fosse rimasto, come gli altri leader catalani, avrebbe quantomeno reso l’immagine del martire politico. Ma la sua fuga in Belgio e il suo peregrinare per l’Europa, hanno consegnato un’immagine del tutto priva di carica emotiva nei confronti dell’opinione pubblica.
Gli errori di Madrid
Dall’altro lato, il governo centrale ha commesso errori strategici in sequenza che hanno consegnato al mondo una fotografia pessima di come si comporta la Spagna con i dissidenti. Era un gioco difficile, ma andava giocato bene. Gli indipendentisti puntavano, a livello propagandistico, sull’essere consacrati nei media internazionali come vittime della repressione di Madrid: e ci sono riusciti anche sfruttando le fake news.
Mariano Rajoy ha sempre sottovalutato il problema mostrandosi del tutto privo di lungimiranza nel trattare con le doglianze catalane. Ha investito tutto sulla forza della legge come giustificazione per la risposta del governo al fenomeno secessionista. Il referendum era illegale, così come la dichiarazione d’indipendenza. Ma è evidente che è un discorso che regge poco a fronte di un movimento che si pone di per se come distruttivo dello Stato. Chiedere ai secessionisti di rimanere fedeli alla costituzione dello Stato da cui vogliono sperarsi e che non considerano loro, è, nella migliore delle ipotesi, un’ingenuità.
L’inizio di questa sorta di “caccia alle streghe” ai leader secessionisti è stato poi un errore gravissimo sotto il profilo politico. Pur in assenza di grandi capi del movimento, l’averli arrestati li ha trasformati in eroi, così come l’aver autorizzato il dispiegamento della forza, ha reso impossibile che i media internazionali non si pronunciassero condannando la repressione. Stessa cosa accaduta in questi ultimi giorni con l’invio in carcere dei vertici politici e dei candidati.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti
Decine di persone rimaste ferite, migliaia di persone in piazza con i cosiddetti Comitati per la Difesa della Repubblica (Cdr) in tutte le principali città catalane, scontri con la polizia (anche con i catalani Mossos d’Esquadra), spari a salve, qualche bomba molotov. L’immagine più eloquente dei risultati ottenuti da Madrid e Barcellona in questi mesi è tutta nella giornata di ieri.
Ed è difficile pensare a un “post”, perché comunque si muovano gli attuali attori in campo, gli errori commessi in precedenza peseranno come macigni. La strategia sbagliata dell’irrigidimento totale di Madrid e dell’unilateralismo di Barcellona hanno condotto a una polarizzazione non solo inevitabile ma anche potenzialmente a lungo termine. Servirebbero leader in grado di fermarsi. Ma Puigdemont e Rajoy non sembrano essere i capi di cui si avrebbe bisogno.