L’era di Angela Merkel è finita: almeno quella a capo della Cdu. E possiamo iniziare a tirare le somme dei suoi tanti anni alla guida della Germania. Anni che hanno inciso inevitabilmente sulla vitta di tutti gli altri europei, visto che la Cancelliera, padrona assoluta di Berlino, si è trasformata nell’unica vera leader dell’Unione europea, costruendo una Ue a immagine e somiglianza dei sogni tedeschi.
Passati 13 anni di era Merkel, (13 da cancelliera, 18 da capo della Cdu), quello che possiamo dire è che la leader della Cdu ha ottenuto un risultato del tutto contraddittorio. Anzi, paradossalmente ha ottenuto due risultati quasi opposti fra loro. Da una parte ha comandato sull’intero continente rendendo di fatto i destini dell’Unione europea perfettamente in linea con le volontà di Berlino. Inutile negarlo: oggi l’Ue è a trazione tedesca, forse franco-tedesca se inseriamo questioni militari e internazionali. Ma la Germania è penetrata in ogni angolo dell’Ue, ne ha fatto il suo mercato, l’ha resa il suo cortile di casa. E a Bruxelles si parla ormai metaforicamente più tedesco che francese. Come dimostrato anche dai ruoli che hanno i tedeschi in tutti i più importanti uffici burocratici.
Dall’altro lato, ed è questo il “paradosso”, Angela Merkel ha condotto l’Europa verso la via del tutto opposta a quella sperata. È stata proprio lei, con le sue idee, le sue leggi, le sue imposizioni, ad aver creato tutti i presupposti per lasciare l’Europa nel caos e nel sommovimento politico che stiamo vivendo in questi anni. E, come spiegato anche dal New York Times, “alcuni ora si chiedono se la sua politica, in particolare sull’immigrazione e sull’austerità economica, abbia contribuito a piantare i semi delle forze che ora stanno distruggendo l’Europa”.
Si può discutere sul concetto di “forza che stanno distruggendo l’Europa”, perché forse è proprio grazie alla Cancelliera se il Vecchio Continente ne esce con le ossa rotte. Ma il concetto da estrapolare è un altro: è stata proprio la Germania di Frau Merkel ha gettare i semi della ribellione all’Europa a trazione tedesca.
Il primo di questi semi è senza dubbio quello dei rigidi vincoli di bilancio, quello dell’austerity. In questi anni soprattutto in concomitanza con la peggiore crisi economica degli ultimi decenni, i falchi tedeschi hanno imposto ai Paesi europei, in particolare del Mediterraneo, piani di risanamento senza precedenti. Tramite i vertici della Bundesbank, in Europa si è radicato il concetto di austerità come unica via di salvezza, costringendo gli Stati “cattivi” a risanare i bilanci pubblici con tagli al sociale, privatizzazioni e svendite degli asset pubblici. E la Grecia, Paese che più di tutti ha sofferto la strada delle “lacrime e sangue”, oggi è un Paese praticamente distrutto, costretto a cedere i suoi beni agli altri Stati per risanare un debito ormai impossibile da gestire.
Ma è tutta l’Europa mediterranea ad aver fatto i conti con questa idea di Unione europea voluta da Berlino. E non è un caso che sia proprio dal Sud del continente che ribolle la protesta contro questa struttura, che negli anni si è trasformata nel vero e proprio braccio armato della Merkel all’interno dei singoli governi. L’asse fra Berlino e Bruxelles ha trasformato quella che doveva essere l’Unione europea in un sistema feudale in cui la Cancelliera ha regnato quasi senza possibilità di essere messa in discussione.
Bravura sua e demeriti degli altri, sicuramente. Ma il dato è che la Merkel ha governato per 13 anni senza capire che le conseguenze proprio sulla Germania, sarebbero state devastanti. Si è comportata da leader di un Paese leader, ma l’ha fatto senza preparare i tedeschi e il suo governo a governare il continente in maniera equa e cristallina. L’ha fatto con un sistema di potere egemonico. E ora ne paga le conseguenze vedendo crollare il suo impero sotto i colpi contemporanei di sovranisti, populisti e superpotenze avversarie.
E proprio sul fronte del sovranismo, è stata lei, con la sua politica migratoria, a scatenare in tutta l’Europa il vento della rivolta. Da quando Berlino scelse la via dell’apertura ai rifugiati siriani, milioni di persone hanno solcato le strade del Vecchio Continente dai Balcani all’Italia, per inseguire il sogno europeo. Morale? Un fiume di migranti si è abbattuto sulle frontiere europee senza la minima capacità di comprendere gli effetti di questo arrivo di massa. Un arrivo che ha condotto l’Europa balcanica a chiudere le frontiere, l’Italia a virare nettamente verso la chiusura dei porti, e il resto d’Europa (Germania compresa) a far fallire definitivamente Schengen chiudendo i confini fra gli Stati.
Oggi, l’immagine di un’Europa ferita e che si agita è frutto proprio della Germania di Angela Merkel. Fallito il sogno di una Germania europea, quello che è sorto in questi anni è il tentativo di un’Europa germanica. Tentativo però che si è scontrato con la realtà: i Paesi europei l’hanno respinto. E adesso, caduta Angela, anche la Germania viene colpita proprio dalle sue politiche.