Recep Tayyip Erdogan si appresta a modificare la Costituzione turca in vigore dal 1924. Si è concluso un anno più che turbolento per la Turchia. Il tentativo di colpo di Stato dello scorso luglio 2016 è stato il preludio di una stagione a tinte fosche. Prima l’omicidio dell’ambasciatore russo ad Ankara. Poi l’attentato terroristico nel locale Reina di Istanbul. Una spirale di violenza ha destabilizzato le certezze di una presidenza che prima sembrava più salda che mai. La stessa politica estera di Erdogan ha risentito il contraccolpo di questi eventi. Se prima infatti Ankara era in linea con Washington sul conflitto siriano, supportando l’opposizione anti Assad, oggi Erdogan sembra essere più vicino che mai a Putin. In quest’ottica è da analizzare la proposta di riforma della Costituzione turca presentata proprio dal Presidente Recep Tayyip Erdogan.I dettagli della riformaLo scorso dicembre il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), quello di Erdogan, ha presentato una bozza di emendamenti costituzionali che probabilmente cambieranno il volto politico della Turchia. La proposta è stata già soprannominata “Turkish-style presidency”, per sottolinearne il carattere presidenziale. Si tratta infatti di una modifica radicale della natura stessa del sistema democratico turco. Da Repubblica parlamentare, come era stata pensata in origine, a Repubblica Presidenziale, sul modello americano. La riforma prevede quindi la creazione della figura del vice Presidente al posto del Primo Ministro. Il nuovo Presidente avrebbe poi il potere di rimuovere i propri ministri, cosa non possibile fino ad oggi. Il mandato presidenziale verrebbe poi allungato dagli attuali quattro anni fino a cinque, mentre sarebbe abolita la possibilità da parte del Parlamento di interpellare il Governo.Il rischio di una deriva autoritariaLa riforma è molto osteggiata dall’opposizione che vede in essa la realizzazione di una “deriva autoritaria”. Diversi professori turchi di diritto costituzionale hanno espresso le loro perplessità circa questa riforma. Bertil Emrah Oder, come riportato dal Al Jazeera, è dubbioso circa la concomitanza prevista tra le elezioni parlamentari e presidenziali che il presidente continuerà ad essere leader del proprio partito politico. Da ciò deriva che il candidato per le presidenziali deciderà anche chi dovrà correre per il proprio schieramento alle elezioni parlamentari.Se dunque lo stesso partito si troverà a vincere sia le presidenziali che le parlamentari, la Turchia si doterà di una maggioranza parlamentare scelta dallo stesso Presidente. Il doppio incarico di Presidente del Paese e capo del partito potrebbe dunque far venir meno il naturale meccanismo di “check and balance” tra Parlamento ed esecutivo. D’altra parte i membri dell’AKP sostengono che la nuova riforma porterà “stabilità ed equilibrio al Paese”. Ma non solo. I sostenitori della riforma affermano che la stessa porterebbe più democrazia, considerata l’elezione diretta del Presidente. Dunque l’eventualità che un partito vinca sia le presidenziali che le parlamentari deve essere vista come ferma volontà popolare e non come una minaccia autoritaria.La proposta di riforma è ora sul punto di passare dall’approvazione parlamentare grazie dei nazionalisti dell’MHP. I curdi del CHP rimangono invece i più strenui oppositori in Parlamento di questa nuova proposta. Una volta ricevuta l’approvazione parlamentare la riforma dovrà passare al vaglio del Referendum, probabilmente a marzo o aprile. La votazione sarà dunque un plebiscito per Erdogan. Se infatti dovesse passare la riforma l’attuale Presidente turco avrebbe la possibilità di rimanere in carica fino al 2029. Uno scenario che potrebbe scatenare una violenta reazione da parte curda.
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