Il peso della guerra russa in Ucraina a livello globale è già percepibile sul conto energetico, ossia sul riassetto delle relazioni energetiche tra molti Paesi (in particolar modo quelli europei). E poi sulla sicurezza alimentare, fattore complesso spesso tirato in ballo in queste settimane. Effetto a più lungo termine, sebbene se ne sentano già i primi morsi. E se c’è un quadrante che ne soffrirà più di altri, quello è sicuramente il Mediterraneo allargato.
La questione energetica è una parte, quella alimentare un’altra, ma poi ci sono una serie di aspetti che riguardano le relazioni tra stati, partite aperte di carattere politico e geopolitico, instabilità ed equilibri in difficile bilico o ricomposizione. Dossier dove la Russia purtroppo ha un peso, così come hanno ruoli Unione Europea e Stati Uniti, o altri attori mediorientali (pensare alla Turchia o agli Emirati Arabi Uniti, l’Iran, Israele o l’Arabia Saudita e Qatar), e infine perché no la Cina. Ambiti dunque su cui gli effetti dell’assalto a Kiev saranno diretti. Ricadute dell’onda lunga del conflitto.
Libia, Mali, Repubblica Centrafricana, Algeria dove recentemente è stato in visita il ministro degli Esteri russo, Camerun (dove c’era quello della Difesa a siglare un accordo di cooperazione poche settimane fa), ma anche la Penisola Araba, la Siria, i grandi chokepoint del Mar Rosso, le tensioni nel Corno d’Atrica. Mosca vuole ancora essere una potenza globale, non indietreggia su nessun fronte nemmeno coinvolta in una guerra in corso ancora non certamente risolta. Anzi: vista la penetrazione in determinate aree, è del tutto legittimo pensare che cercherà di usare quei fronti come elemento deterrente, come modo per spostare attenzioni, interessi e sforzi.
Una mondializzazione della guerra russa in Ucraina, che attorno a grano, energia, potenzialità instabilità e riflessi umanitari trova centro nel quadrante mediterraneo. Nuove crisi potrebbero esplodere. Non solo la guerra lunga ucraina, ma vari possibili conflitti ibridi sono all’orizzonte. Ed è per tale ragione che vista la centralità della regione per l’Europa e per il mondo, a Bruxelles come a Washington — ma anche a Roma, Parigi, Madrid, Berlino — occorre tenere altissima l’attenzione. Ed è per questo che non si può più rimandare il dovere di mettersi al lavoro direttamente per costruire un moto politico con cui proteggere il Mediterraneo dalle ricadute della guerra.
Il rischio è l’innesco di un grande caos, un disordine endemico, quando il bacino — ossia le sue politiche e le sue collettività — chiedono ordine e distensione. In questo, due Paesi su tutti possono avere un ruolo fondamentale: Italia e Francia. Due potenze del Mediterraneo che hanno la possibilità di sfruttare il loro peso all’interno dell’Ue per dirigere idee e azioni con cui costruire la difesa del Mediterraneo e da qui bloccare il dilagare della crisi.
Anche come possibile forma di contenimento della guerra stessa, perché in politica estera — negli affari globali che il conflitto ucraino dinamizza — tutto si tiene. Anche se il prezzo di ciò che accade sarà percepito ovunque, il Mediterraneo allargato sarà colpito in modo più diretto e probabilmente grave. Questo si porta dietro il grande rischio di nuovi disordini sociali e conflitti, su cui l’Italia mantiene un’attenzione per ragioni di interesse nazionale.