Dalla “guerra civile” interna al Partito repubblicano emerge una giovane donna che forse non finirà sulle copertine patinate delle riviste più “in” del momento né attirerà le simpatie di Hollywood e dello star system come Alexandria Ocasio-Cortez: parliamo di Elise Stefanik, deputata newyorkese vicinissima all’ex Presidente Donald Trump, indicata dai repubblicani come presidente della conferenza del partito, al posto di Liz Cheney, “silurata” proprio perché espressione di quell’ala del Gop più critica nei confronti del tycoon.

“Il popolo americano sta soffrendo per le politiche di estrema sinistra, socialiste del presidente Biden e della Speaker Pelosi” ha detto Stefanik dopo aver battuto per 134 voti a 46 l’avversario Chip Roy, nelle dichiarazioni riportate dall’agenzia Adnkronos. “In solo 100 giorni, abbiamo una crisi economica, una crisi di confine ed una crisi di sicurezza nazionale”. “Siamo uniti, lavoriamo come una sola squadra”, ha detto ancora la deputata che, come era Cheney, è l’unica donna della leadership repubblicana. “Siamo concentrarti nel presentare programmi e comunicarli agli americani per battere i democratici e vincere la maggioranza nel 2022”, ha affermato la giovane stella del Grand Old Party.

La leadership “trumpiana” del Gop

La vittoria di Stefanilk simboleggia, soprattutto, la presa sul Gop dell’ex Presidente Usa, Donald Trump: il partito repubblicano può dirsi “trumpizzato” e chi non si adegua rischia di rimanerne fuori o di dover abbandonare la nave. Come nota l’Associated Press, la giovane deputata di New York ha potuto contare sul forte sostegno dei moderati ma, soprattutto, del tycoon, mentre l’avversario, Chip Roy, incarnava l’estrema destra dell’House Freedom Caucus. Nelle dichiarazioni rilasciate ai giornalisti dopo la sua vittoria, Stefanik ha sottolineato come l’influenza di Trump all’interno del Gop, nonostante la sconfitta elettorale e i due processi di impeachment, rimanga forte: un elemento su cui riflettere, dato che non è una cosa comune che un presidente sconfitto riesca ad aver ancora così presa sul partito, come peraltro dimostrano ampiamente i sondaggi. “Gli elettori determinano il leader del Partito repubblicano, e il presidente Trump è il leader a cui guardano”, ha detto Stefanik, 36 anni. “È una voce importante nel Partito repubblicano e non vediamo l’ora di lavorare con lui”, ha poi aggiunto. Certo è che la cacciata di Liz Cheney rischia di portare con sé pesanti strascichi: come riportato dal New York Times, infatti, circa un centinaio di repubblicani anti-Trump ora minacciano di uscire dal partito per dar vita a qualcosa di nuovo e alternativo.

Ancora da capire se la scissione prenderà veramente piede o la crisi rientrerà. Peraltro, non è la prima volta che The Donald deve affrontare i suoi avversari interni: la candidatura di Trump del 2016 spinse un piccolo gruppo di Never Trumpers, che spaziava dai leader del partito agli editorialisti dei giornali, a cercare di impedire che il magnate venisse nominato. Fra questi anche alcuni importanti donatori, come il fondatore di Elliott, Paul Singer.

Verso il Gop del futuro

Stefanik ha un altro vantaggio, rispetto ad altri leader del partito, quello anagrafico. Questo la rende presentabile anche nei confronti dei “millenials”, in più, come ha già ampiamente dimostrato, può intercettare e attirare il voto più moderato. Come ricorda il Time, quando fu eletta alla Camera dei Rappresentanti nel 2014, venne salutata come il volto fresco del nuovo Gop. Stefanik era determinata a modernizzare il Partito Repubblicano per attirare più donne e “millenials”. In passato, infatti, si è dimostrata molto meno “conservatrice” di altri suoi colleghi di partito su molte tematiche, a cominciare dai diritti civili. Il suo nome, tuttavia, è definitivamente emerso durante il primo processo di impeachment contro Donald Trump.

Come già rilevato da InsideOver, in passato Elise Stefanik non si è tirata indietro quando non era d’accordo con le misure adottate dall’amministrazione Trump, facendo mancare il suo voto al Congresso. Come ricorda National Interest, era tra i 12 repubblicani che alla Camera hanno votato contro il taglio delle tasse (Tax Cuts and Jobs Act) promosso dalla Casa Bianca, misura che è diventata legge senza il suo appoggio e supporto. Secondo quanto riportato da Albany, Stefanik ha votato contro perché a suo dire, le limitazioni sulle detrazioni fiscali avrebbero significato un aumento delle tasse per il 13% dei newyorkesi e questo avrebbe danneggiato fortemente il suo elettorato.





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