Vladimir Putin verso il quarto mandato al vertice della Federazione russa. Le elezioni presidenziali si terranno il prossimo diciotto marzo. Nell’ipotesi remota che nessun candidato raggiunga la maggioranza assoluta si procederà con un secondo turno l’otto aprile. Il double ballot, cioè il sistema a doppio scrutinio con il ballottaggio tra i due esponenti più votati, è il metodo previsto dal sistema elettorale russo. I seggi ai partiti, invece, vengono distribuiti su base proporzionale.

Putin ha già vinto le presidenziali del 2000, del 2004 e del 2008, quando l’incarico è stato affidato però a Dmitry Medvedev, e del 2012. Gli ultimi sondaggi pubblicati raccontano di una vittoria agevole per l’ex funzionario del Kgb. I consensi del leader di Russia Unita, candidatosi però come indipendente, per alcune rilevazioni, toccherebbero punte dell’70%. Questa turnata elettorale è finita per interessare, com’è normale che sia, anche i commentatori nostrani. La Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti diretta da padre Antonio Spadaro, ha pubblicato una riflessione secondo cui “il cambiamento” diverrà possibile solo attraverso l’avvento di una nuova generazione. Neppure quello corrente, insomma, sembra essere l’anno della sconfitta dello Zar. Con buona pace dei suoi detrattori. 

Gli stessi critici del presidente russo gli riconoscono, almeno a volte, il fatto di rappresentare politicamente le istanze del suo popolo. Il “contratto sociale” citato da Pachkov nella rivista dei gesuiti è una formula in grado di sintetizzare i motivi alla base di quella che è annunciata come l’ennesima riconferma. Gli avversari elettorali del capo di Stato, poi, sembrano essere politicamente poco rappresentativi. Alexey Navalny, che di Putin è più che altro il contraltare mediatico, è stato messo fuori gioco per via giudiziaria. L’esponente del Partito del Progresso sta quindi invitando i russi all’astensione, ma i suoi appelli potrebbero cadere nel vuoto. Il sito dell’attivista, peraltro, sarebbe stato bloccato per ordine delle autorità governative. Navalyn ha recentemente pubblicato un dossier riguardante il Russiagate. Il video in questione, però, non fornirebbe alcun elemento in grado di provare né l’esistenza di un legame tra Vladimir Putin e Donald Trump né le cosiddette “interferenze” russe alle scorse presidenziali americane. L’inchiesta per cui è stato oscurato il blog, però, è relativa alle accuse di corruzione mosse contro Oleg Deripaska, che è un oligarca milionario, e il vice primo ministro Sergei Prikhodk. 

Il partito liberale ha scelto di candidare Vladimir Zhirinovsky. Il Partito Comunista, dal canto suo, sarebbe ancora alla ricerca di un leader da presentare sulla scheda elettorale. Gli altri esponenti politici che saranno contrapposti a Putin otterranno, con ogni probabilità, consensi da “prefisso telefonico”. La crisi economica, in parte dovuta alle sanzioni relative alla crisi ucraina, è stata affrontata con successo. Proprio a questo Pachkov fa riferimento quando, all’interno del pezzo pubblicato su La Civiltà Cattolica, scrive che Putin pensa in qualche modo di aver adempiuto al contratto sociale con la popolazione. Il problema strutturale che lo Zar di Russia dovrà affrontare in fretta, però, riguarda le statistiche demografiche. I decessi hanno superato le nascite dell’11,8%. Putin ha già lanciato un piano per la natalità che dovrebbe contribuire a fronteggiare quello che rischia di divenire un vero e proprio dramma nazionale. Le donne fertili, come scrive La Stampa, risultano essere tre milioni in meno rispetto a quelle presenti nelle statistiche fino a due anni fa. 

Vladimir Putin, in definitiva, dovrebbe restare al vertice della federazione per i prossimi sei anni. L’ultima riforma istituzionale, infatti, ha allungato i tempi del mandato presidenziale. In attesa che la “nuova generazione” invocata da alcuni dimostri di avere i consensi per sfidare l’uomo che è riuscito a fare della Russia contemporanea una superpotenza in campo geopolitico.  

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