Un anno dopo il referendum sull’indipendenza, circa tre milioni di curdi iracheni sono tornati alle urne. Questa volta non per rivotare un’eventuale separazione dall’Iraq, ma per decidere i loro rappresentanti al Parlamento della Regione Autonoma del Kurdistan iracheno.
Fra le numerose polemiche che hanno anticipato le elezioni che si sono tenute il 30 settembre, tra cui accuse reciproche tra partiti di truccare in anticipo le schede elettorali, il Partito democratico del Kurdistan (Kdp), guidato da Massoud Barzani, ha vinto nettamente la tornata elettorale.
Con il 43% dei voti ha doppiato gli storici rivali dell’Unione patriottica del Kurdistan (Puk) rimasti fermi al 21%, lista con la quale si contendono da sempre il potere nel Kurdistan iracheno.
Il nuovo Parlamento curdo dovrà indicare il futuro primo ministro. Tra i favoriti c’è Nechirvan Barzani, premier uscente e nipote del leader storico dei curdi iracheni Barzani.
Rimangono delusi invece i partiti che si erano presentati nelle liste elettorali per rappresentare un cambio rispetto al duopolio tra i due storici partiti. Gorran e New Generation prendono rispettivamente il 13% e 8%. Una delusione per chi puntava a sostituire la dirigenza curda che da anni governa il Paese. I due partiti hanno già anticipato che rifiuteranno di accettare l’esito delle elezioni denunciando brogli ed irregolarità nei seggi elettorali, come riporta Kurdistan24.
Anche la minoranza cristiana in Kurdistan potrà contare su dei rappresentanti eletti nei partiti assiri, siriaci e caldei, grazie ad una legge elettorale che riserva dei seggi parlamentari per le minoranze religiose ed etniche presenti sul territorio.
L’Unione europea si dichiara soddisfatta del risultato ottenuto senza scontri e in maniera regolare auspicando un conteggio trasparente e rapido delle schede elettorali.
I curdi sono tornati così a votare dopo il referendum sull’indipendenza del 25 settembre scorso e dopo le elezioni parlamentari irachene del maggio 2018. Il fallimento del referendum è ancora vivo nella mente dei curdi. Nonostante il 94% degli elettori votarono a favore della secessione dall’Iraq, il referendum non ha ottenuto il sostegno internazionale ed è di fatto stato così sospeso. Dopo il fallimento del referendum, il presidente del Kurdistan iracheno Massoud Barzani si è dimesso ma, stando ai risultati delle elezioni parlamentari, gli elettori non hanno punito il suo partito che ha sbaragliato la concorrenza.
Ora, dopo questa tornata elettorale, si aprono le negoziazioni tra partiti che dovranno non solo eleggere il nuovo primo ministro ma dovranno anche indicare a Baghdad il nome del prossimo presidente iracheno che per costituzione spetta ad un curdo.
Le stanze del potere di Erbil sono ora incandescenti. Tra trattative, colpi di mano e battaglie politiche si sta decidendo in che direzione andrà il Kurdistan nei prossimi anni e, soprattutto, a chi spetterà il potere di decidere e influenzare una regione così importante e strategica in Medio Oriente.