A meno di una settimana voto in Germania la partita che i sondaggi stanno delineando è più complessa che mai. Mano a mano che diminuiscono i giorni mancanti all’elezione che sancirà l’inizio dell’era post-Merkel le previsioni paiono aver completamente smentito lo scenario che vedeva possibile una corsa a due tra la Cdu di Angela Merkel e i Verdi intenti a erodere i consensi del Partito Socialdemocratico. Trainato dall’effetto propulsivo della candidatura del ministro delle Finanze Olaf Scholz è proprio lo Spd a fare la parte del leone nei sondaggi.

L’estate tedesca ha presentato diversi elementi di discussione per i politologi e gli addetti ai lavori che hanno segnalato un ribaltamento delle prospettive con la graduale ma inesorabile rimonta dei socialdemocratici (Spd) imputabile al calo della fiducia nei due partiti ritenuti di testa e all’aumento di popolarità del loro candidato cancelliere.

Il fatto che Scholz sia membro integrante del governo Merkel e possa rivendicare una continuità con la sua azione politica, le gaffe di Annalena Baerbock delle ultime settimane e la manifesta impreparazione del delfino della Merkel Amin Laschet di fronte al caos delle alluvioni di luglio hanno contribuito a rimescolare le carte per l’ennesima volta in questa lunga corsa alle elezioni. A fine agosto i sondaggi hanno sancito il sorpasso, inatteso solo poche settimane fa, dei socialdemocratici sull’Unione Cdu/Csu. A inizio settembre, sembrano certificare che il partito di Scholz ha preso il largo.

I sondaggi premiano i socialdemocratici

Dopo anni da junior partner della Cdu nei governi di coalizione e dopo una serie di disfatte elettorali, la Spd sta venendo trainata da Scholz verso un insperato sorpasso sul partito della Merkel? Ancora presto per dirlo, ma i sondaggi sembrano segnalare un trend positivo per il centrosinistra tedesco. E il vantaggio si allarga giorno dopo giorno.

A fine luglio le principali rilevazioni (dall’istituto Insa a quelle di Forsa, passando per l’agenzia demoscopica Allensbach) stimavano la Spd inchiodata al di sotto dei deludenti livelli delle elezioni del 2017, tra il 15 e 17% dei consensi. Un mese dopo, invece, le stime andavano dal 19,5% di Allensbach al 23% di cui la accreditvano Forsa (settimana 16-23 agosto) e Insa (20-23 agosto), che davao il partito di Scholz pari o un punto sopra alla Cdu-Csu a quindici anni di distanza dall’ultima volta in cui un dato del genere era stato rilevato. E tutti i sondaggi concordano nel segnalare il ruolo positivo giocato dal candidato cancelliere nell’orientare i sondaggi.

Inizio settembre ha sancito un ulteriore rafforzamento di questo trend: YouGov, Kantar e Forschungsgruppe Wahlen per il periodo compreso tra l’ultima settimana di agosto e il 2 settembre davano i socialdemocratici in crescita al 25%. L’istituto Wahlkreisprognose addirittura li poneva al 27%. Quel range di riferimento è rimasto invariato per i successivi rilevamenti, a testimonianza di un trend che appare esser diventato strutturale.

La Cdu divisa verso il post-Merkel

L’alleanza Cdu-Csu rischia invece di perdere da quindici a venti punti dal voto del 2017 sul finire di una campagna elettorale in cui, nell’ultimo anno e mezzo, l’Unione è passata dal posizionarsi attorno al 40% nelle intenzioni di voto nella fase iniziale della pandemia a subire un primo avvicinamento dei Verdi mentre la seconda ondata del Covid-19 imperversava e si apriva il caos vaccini, salvo poi capitalizzare la riscossa dell’esecutivo e della Cancelliera.

Avvicinandosi la fine dell’era Merkel, il partito si scopre orfano e diviso tra l’ala più aperta ai compromessi accettati sull’economia e la governance politica in questo anno e mezzo e la fazione più rigorista, schierata a difesa dell’austerity e di un ritorno al passato, e di conseguenza polarizzato nel giudizio sulla Cancelliera. Vanno lette in quest’ottica le considerevoli emorragie di consensi sperimentate dalla Cdu-Csu nella direzione dei Liberali (Fdp), tra i più agguerriti sostenitori del rigore. Quando la Cdu-Csu veleggiava tra il 30 e il 35% dei consensi, tra febbraio e marzo, i liberali si fermavano tra il 6 e il 7%. Fino a fine agosto i sondaggi segnalavano una simmetria tra il loro aumento di consensi fino a quote tra il 12% (Forsa) e il 13% (Insa) e il calo dell’Unione, data con un considerevole vantaggio su Spd solo da Allensbach, che la accreditava attorno al 25% del 27,5% dei consensi, ma dalle principali agenzie ormai “bancata” sotto il 25%.

Le rivelazioni più recenti portano questo dato a essere ulteriormente livellato verso il basso. La Cdu sarebbe attorno al 20-22%, e la cosa più interessante da sottolineare è il fatto che a fine agosto è iniziato un travaso di voti verso il partito di Scholz, che capitalizza il ruolo di “erede” reale della Merkel. A settembre i trend hanno conosciuto, sulla scia di quanto accaduto per la Spd, una stabilizzazione.

I sondaggi per i Verdi

In quest’ottica i sondaggi segnalano un arretramento dell’onda verde che dal 2017 in avanti ha portato gli ecologisti oggi guidati da Annalena Baerbock ad aspirare seriamente a ruoli di governo nazionali. Certo, in termini assoluti si tratterà comunque di un’avanzata considerevole: sesto partito con l’8,9% dei voti al voto del settembre 2017 i Verdi sono stati largamente accreditati, nei mesi scorsi, della seconda piazza nei sondaggi.

Stabilmente attorno al 20% da mesi, con alcune incursioni fino al 25%, i Verdi appaiono ora maggiormente frenati dopo le gaffe che hanno minato il sentiero della Baerbock e dopo la manifestazione dei limiti di un’agenda programmatica accusata di eccessivo “moralismo” da parte degli avversari. Le ultime rilevazioni Insa, Kantar, Allensbach e Forsa pongono i Verdi tra il 17 e il 19% come terzo partito: la questione sorprendente è il fatto che non sembra esserci stato un travaso diretto di voti di ritorno verso i socialdemocratici, che pescano soprattutto dalla Cdu e dall’astensione, a testimonianza del fatto che con ogni probabilità anche gli ecologisti tedeschi, progressisti e radicati in ambito urbano, hanno costruito un blocco sostanzialmente omogeneo. La cui espansione appare ora però sempre più complessa.

Il secondo dibattito ha cristallizato i risultati

Mai quanto in queste elezioni appare chiaro che un ruolo decisivo sarà giocato dall’accettazione della figura dei leader da parte dell’elettorato tedesco. L’effetto Scholz è, stando ai sondaggi, al tempo stesso l’effetto Laschet-Baerbock: il ministro delle Finanze convince perché ritenuto più pragmatico e preparato dei concorrenti. Ha dunque acquisito rilevanza il secondo dibattito televisivo svoltosi nella giornata di domenica 12 settembre. Laschet è andato all’attacco di Scholz arrivando a colpire lo stesso governo di larga coalizione di cui è Ministro delle Finanze, guidato da Angela Merkel: “Se il mio ministro delle Finanze lavorasse come lei, prenderei provvedimenti”, ha detto Laschet attaccando Scholz per gli scandali degli ultimi anni, prima che la Baerbock intervenisse colpendo con le sue dichiarazioni l’intero assetto di potere del governo nero-rosso.

In sostanza, visto col senno di poi il dibattito è parso concludersi con un sostanziale pareggio tra i tre contendenti. Dopo il 12 settembre le intenzioni di voto si sono sostanzialmente cristallizzate.

Come vanno Afd e Linke

Per quanto riguarda le altre formazioni, dei Liberali si è detto: Fdp potrebbe aspirare, con questi dati, sia a un governo con Spd e Verdi che a cercare una coalizione con la Cdu e gli ecologisti, posizionandosi in testa per future negoziazioni di governo.

L’estrema destra di Alternative fur Deutschland è data in riflusso nelle roccaforti nella Germania Orientale, destinata a subire il controsorpasso dei Liberali e a calare rispetto al 12,6% conquistato nel 2017. Tutti i principali sondaggi attestano la formazione tra il 10 e l’11%, poco sopra l’estrema sinistra della Linke, arroccata tra il 6,5% e il 7%. I due gruppi più radicali potrebbero, con questi dati, essere destinati a formare i gruppi più piccoli del prossimo Bundestag: a suo modo, rispetto ad alcuni anni fa, questa potrebbe essere una delle principali tematiche del voto di settembre. Con questi dati, appare sempre più probabile che la formazione del governo si giochi tra i tre partiti maggiori con l’ago della bilancia dei Liberali potenzialmente decisivo.





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