Si avvicinano le elezioni presidenziali in Egitto e Abd al-Fattah al-Sisi si appresta a rinnovare la sua posizione da leader indiscusso. Si terranno tra il 26 e il 28 marzo le consultazioni elettorali per quella che appare una scelta fuori da ogni discussione.

L’esito scontato delle elezioni egiziane

Il faraone al Sisi con ogni probabilità riceverà la maggioranza delle preferenze, rinnovando così per la seconda volta un mandato conquistato a seguito del colpo di Stato del luglio 2013. Allo stato attuale non esiste infatti in Egitto un’opposizione credibile in grado di mettere in difficoltà l’attuale Presidente. L’unica alternativa esistente è rappresentata da Moussa Moustafa Moussa, leader del partito El-Ghad. Peccato che lo stesso Moussa si sia proposto come uno dei più accaniti sostenitori proprio della candidatura di al Sisi.

Un sostegno che è durato giusto fino al 20 gennaio, quando lo stesso Moussa ha depositato la propria candidatura alle presidenziali. Guarda caso l’ultimo giorno utile per farlo, come scrive l’Huffington Post.

L’opposizione di al Sisi silenziata tempestivamente

E il resto dell’opposizione? Sembra che non esista più, ma a scavar bene si può facilmente scoprire come recitare il ruolo di oppositore di al Sisi non sia così raccomandabile. È il caso per esempio di Sami Annan, generale dell’esercito egiziano andato in pensione. Ecco questo coraggioso ex militare aveva avuto il sangue freddo di dichiararsi pronto a dare battaglia ad al Sisi alle prossime presidenziali. Come riportava il The Guardian Annan sperava così di “salvare l’Egitto da politiche sbagliate”. Puntuale come un orologio svizzero è arrivata però la reazione dell’apparato statale.

Il 23 gennaio scorso Sami Annan veniva così arrestato dalla polizia egiziana per presunta violazione delle regole elettorali. Nello specifico si accusava l’ex generale di aver presentato una documentazione falsa per presentarsi alle elezioni. La fortuna aiuta gli audaci, si dice, ma pare che questo principio non valga per l’Egitto.

Audace sembrava infatti essere stato anche Mohamed Anwar al-Sadat, nipote dell’omonimo storico presidente egiziano, che ha rinunciato alla sua candidatura alle presidenziali. Il motivo? Sempre il The Guardian suggerisce la presenza di un “ambiente di paura che circonda le elezioni”, come causa della rinuncia. Pare che ad al Sadat sia addirittura stato interdetto l’affitto di una sala per condurre una conferenza stampa. “Sarà per il 2022”, ha così lasciato una porta aperta il nipote dell’ex Presidente.

La frode delle Primavere arabe

Il faraone al Sisi non ha quindi avversari che possano impedirgli di essere eletto Presidente della Repubblica per il secondo mandato. L’unica indicazione sul reale umore della popolazione nei suoi confronti potrà arrivare dal livello di affluenza alle urne. Questo clima elettorale serve, se ce ne fosse ancora bisogno, a calare giù la maschera rispetto al fenomeno delle primavere arabe, divenute inspiegabilmente simbolo di pace e democrazia nell’immaginario collettivo di certi intellettuali.

L’Egitto è un esempio lampante di come la realtà sia invero all’opposto. Le famose manifestazioni di piazza Tahrir del 2011 non portarono infatti all’ascesa di un partito liberale, bensì consegnarono il potere nelle mani dei Fratelli Musulmani. Il partito dell’integralismo sunnita. Un revanscismo religioso che ha accomunato molte sollevazione arabe del 2011. E così la presidenza della fratellanza musulmana, al netto di violazione di diritti umani verso le minoranze sciite e cristiane, si è scoperta non essere quel parto democratico che una primavera araba avrebbe dovuto regalare. Altra manifestazione e altro giro di vite, questa volta per i Fratelli musulmani nel 2013. Prima carnefici, dopo vittime.

Stato di polizia e crisi economica nel curriculum di al Sisi

Al Sisi e l’apparato militare hanno così rovesciato il Governo, di cui per altro faceva parte. E poi c’è la storia che tutti conosciamo. 60Mila detenuti politici, come denunciato da diverse organizzazioni della società civile e un’economia che è letteralmente crollata. Complice un aumento generalizzato dei prezzi, ma anche un crollo del turismo. Se nel 2010 i visitatori annuali sfioravano quota 14 milioni, ora non arrivano nemmeno 10 milioni. Una caduta che ha colpito in particolare il turismo italiano che nel 2016 registrava il record storico negativo di affluenza con appena 57.000 visitatori. Un trend causato dalla vicenda di Giulio Regeni, sulla cui morte sembra sempre più pesare la responsabilità dell’attuale presidenza. In un clima tutt’altro che sereno l’Egitto si appresta dunque, senza molta scelta, a consegnare il potere al suo nuovo faraone.  

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