“La Mia America avrà un esercito potente ed alleati che dovranno investire necessariamente nella difesa, in un’ottica di stabilità che spesso è mancata”. È questa la visione del candidato repubblicano alle presidenziali Usa, Donald Trump, nella sua piattaforma di politica estera riproposta agli americani poche ore fa a Washington.”Dopo la guerra fredda la nostra politica è andata fuori rotta e con il passare del tempo ha avuto meno senso. La logica è stata sostituita dalla stoltezza e dall’arroganza che ci hanno portato ad una catastrofica politica estera, una dietro l’altra. Proprio la nostra politica estera è un disastro completo e totale. Nessuna visione. Senza scopo. Nessuna direzione. Nessuna strategia”.Trump è nuovamente ritornato sui temi più dibattuti durante la sua campagna elettorale: relazioni estere e sicurezza internazionale. Il candidato repubblicano, anche questa volta, non è entrato nello specifico delle questioni non spiegando, ad esempio, le manovre diplomatiche ed economiche necessarie per realizzare la sua visione di Stati Uniti, qualora dovesse vincere le elezioni.”Le nostre forze armate in servizio attivo sono state ridotte da 2 milioni nel 1991 a circa 1,3 milioni di oggi. La Marina si è ridotto da oltre 500 navi a 272 nello stesso lasso di tempo. L’Air Force è un terzo più piccola di quella del 1991. I B-52 ancora oggi in combattimento sono entrati in servizio nel 1955. Cercheremo di risparmiare con saggezza e di investire nella spesa militare. La nostra economia ritornerà forte e per riuscire nell’impresa dovremo rivedere anche le nostre politiche commerciali ed economiche, così come l’immigrazione”.Politica estera e terrorismo sono al secondo posto tra le preoccupazioni degli americani (sondaggio CNBC di aprile) dopo l’economia e la disoccupazione. Trump ha poi strigliato gli alleati della NATO, rei di non aver investito abbastanza nella spesa militare.”I paesi che difendiamo dovranno rendere conto di tali servizi ed in caso contrario, gli Stati Uniti dovranno essere pronti ad abbandonarli, non abbiamo scelta. L’accordo iraniano è stato un male per la sicurezza ed umiliante per il nostro paese davanti gli occhi dell’intero Medio Oriente. La prima cosa che farò da comandante in capo sarà un vertice con gli alleati della NATO ed asiatici per discutere un nuovo riequilibrio degli impegni finanziari e prendere atto delle nuove strategie per affrontare le nostre sfide comuni. Infine lo Stato islamico ed i paesi che aiutano i terroristi: posso solo dirvi che i vostri giorni sono contati”.La NATO fonda la sua autorità sulla presenza degli Stati Uniti. Valutare la stessa Organizzazione senza il supporto americano, sarebbe impossibile perché, ad oggi, ci si chiede quale sia la reale capacità militare dei paesi membri. In realtà, il contributo europeo nella NATO non è mai stato pensato come militare, bensì come un supporto logistico per la presenza in Europa degli Stati Uniti. I membri europei della NATO contano circa 230 milioni di persone in più rispetto agli Stati Uniti, con un prodotto interno lordo combinato che è leggermente superiore a quello americano. Ogni paese membro della NATO avrebbe dovuto investire il 2 per cento del PIL per la difesa, un obiettivo che, al 2013, era stato raggiunto soltanto da quattro delle 28 nazioni europee alleate. Gli Stati Uniti investono in media il 4,4 per cento del proprio PIL. Le nazioni europee mediamente l’1,6 per cento. E’ anche vero che la soglia del 2 per cento è chiaramente ipotetica. Ideale, per certi versi, ma solo in un paese con una forte economia. Il problema è che Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno incoraggiato le nazioni europee a costruire forze orientate verso missioni di proiezione come in Afghanistan, con l’invio di truppe lontane dai confini nazionali. Convogliando i fondi in questa direzione, la spesa militare interna è diventata opzionale.





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