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Le ultime notizie che arrivano da Ankara sembrano dimostrare un “dietro front” della Turchia sul possibile acquisto del caccia di quinta generazione russo Sukhoi Su-57. Secondo quanto riportato da Agenzia Nova, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, durante la visita di Stato a Bled, in Slovenia, avrebbe affermato a Ria Novosti che non esistono (ancora) trattative in corso tra i due Paesi perché “facciamo parte del programma F-35”.

La dichiarazione piomba come un fulmine a ciel sereno dopo che lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan, durante la sua visita lampo al Maks 2019, il salone internazionale dell’aerospazio che si è tenuto presso l’aeroporto di Zhukovsky, nei pressi di Mosca, ha fatto trapelare un vivo interesse per il velivolo stealth di fabbricazione russa.

Sebbene non vi sia stata nessuna dichiarazione ufficiale dalle autorità turche in quella occasione, sono stati gli stessi russi a far trapelare la possibilità che la Turchia potesse acquistare i Su-57 insieme ai caccia Su-35: il vice primo ministro Yuri Borisov aveva affermato che “mostreremo il Su-57 ed il Su-35” aggiungendo infine “la possibile vendita dipende dall’esito dello show”.

La cronaca degli ultimi giorni

Cerchiamo ora di ricostruire quanto avvenuto in questi ultimi e convulsi giorni. Il presidente Erdogan, pochi giorni dopo il termine della manifestazione aeronautica moscovita, aveva affermato che “ci prenderemo cura di noi stessi in particolare sugli F-35, se gli Stati Uniti continueranno a immischiarsi nel nostro attuale atteggiamento. Su-35, F35 o Su-57 o giù di lì”. In particolare ha poi aggiunto che i suoi piani per la Turchia, ed in particolare per l’industria della Difesa, prevedono di aumentare il partenariato anche con quei Paesi non gravitanti nell’orbita statunitense.

Per quanto riguarda la Russia, infatti, Erdogan aveva esplicitamente detto, durante la conferenza stampa di apertura del Maks tenuta insieme al presidente Vladimir Putin, che l’intenzione della Turchia è quella di “aumentare gli scambi commerciali da 25 a 100 miliardi di dollari” con un riferimento, alquanto sibillino, al settore aeronautico quando ha affermato che ” la sinergia che abbiamo coltivato con la Russia nel campo della tecnologia aerospaziale aiuterà ad approfondire le relazioni bilaterali”.

Poco dopo, e prima della visita di Cavusoglu in Slovenia, proprio il ministro degli Esteri, durante una tappa in Norvegia, ha affermato che “la profonda cooperazione tra Turchia e Norvegia sono state importanti per la sicurezza e la difesa della Nato e dell’Europa” lasciando intendere, forse come abile mossa diplomatica, che i rapporti all’interno dell’Alleanza sono ancora buoni e che la Turchia non intenderebbe rovinarli ulteriormente con l’acquisto di un altro prodotto dell’industria militare russa.

In Slovenia Cavusoglu, come abbiamo visto, sembra essere stato ancora più diretto affermando che la Turchia fa ancora parte del consorzio di produzione del caccia F-35 e che non esistono contatti con la Russia per l’acquisto del caccia Su-57, notizia confermata anche da fonti russe che riportano che Ankara non ha ancora contattato la Federazione Russa con una richiesta di acquisto dei caccia di quinta generazione. Secondo Dimitry Shugaev, capo del Fsmtc (Federal Service for Military Technical Cooperation) le consultazioni pertinenti sarebbero già iniziate ma è prematuro parlare dell’avvio di trattative contrattuali.

Allo stesso tempo Shugaev ha osservato, come riporta Ria Novosti, che “sono iniziate le consultazioni sul Su-35 e come ulteriore argomento per il Su-57” ed in effetti Mosca sembrerebbe più interessata a vendere alla Turchia il vecchio ma ancora eccellente caccia del bureau Sukhoi, per delle motivazioni che analizzeremo più avanti.

Il gioco della Turchia e le preoccupazioni di Mosca

In base alle dichiarazioni di questa ultima convulsa settimana è possibile ricostruire la strategia di Ankara. Una strategia dagli esiti incerti più per le possibili clausole imposte da Mosca che per il possibile intervento americano, di cui, al momento, non vi è traccia nella cronaca.

La Turchia sta cercando di modernizzare le proprie Forze armate dotandole di nuovi sistemi d’arma non solo tramite la mera acquisizione ma anche cercando contratti di licenza di produzione. La “sinergia” riferita da Erdogan nel suo discorso moscovita, va intesa proprio in questo senso.

Il programma F-35 forniva ad Ankara un importante passo avanti in campo industriale: le aziende turche partecipavano con una quota non indifferente nella produzione del caccia targato Lockheed-Martin. Il valore complessivo degli investimenti turchi già erogati nel Jsf (Joint Strike Fighter) è di circa 1,4 miliardi di dollari, inoltre alcune industrie aeronautiche turche producevano direttamente parti del caccia F-35.

Oltre al contratto per 100 velivoli – di cui 30 già opzionati – le industrie turche sono infatti coinvolte nella costruzione del velivolo per un controvalore di circa 12 miliardi di dollari.

Le maggiori fornitrici di pezzi made in Turkey sono la Alp Aviation, Ayesaş, Kale Aerospace, Kale Pratt & Whitney and TAI. In particolare la parte centrale di fusoliera sia in materiale composito che metallico, il rivestimento della presa d’aria del motore e i piloni per l’armamento aria-terra sono fabbricati dalla Tai; il mozzo posteriore del motore F135, i dischi in nickel-titanio e altre parti strutturali dalla Alp Aviation; il display panoramico dell’abitacolo e componenti dell’interfaccia in remoto per i missili aria-aria dalla Ayesaş; altre parti della struttura della fusoliera e della ali dalla Kale Aerospace mentre alcuni altre componenti della turboventola F135 dalla Kale Pratt & Whitney, succursale locale della ben nota fabbrica di motori aeronautici americana.

Dopo l’alt imposto da Washington alla partecipazione turca al programma F-35 a causa dell’acquisto dei sistemi da difesa aerea S-400, la Turchia ha cominciato a “guardarsi intorno”, anche se sarebbe meglio dire che è stata proprio Mosca a bussare alla porta di Erdogan per cercare di vendere i propri Su-35 e Su-57, questi ultimi nella neonata versione E, destinata all’esportazione.

Ankara, però, ha come discriminante la cessione delle licenze di produzione, almeno per avviare una serie di produzioni congiunte come già avvenuto per il programma europeo Samp/T per missili da difesa aerea.

Washington, in questo campo, aveva “tentato” la Turchia con una buona offerta per i Patriot, ma non se ne fece nulla proprio per il veto imposto dal Congresso alla cessione delle licenze.

La Russia, se non ha avuto particolari problemi nella cessione dei contratti di produzione di parti degli S-400 (che come ogni sistema russo venduto a Paesi stranieri sono nella versione export “ridotta”), potrebbe averne avuti per quanto riguarda il suo caccia di quinta generazione.

È ragionevole supporre che, anche se si tratta della versione E, Mosca non voglia cedere tecnologia di quinta generazione ad un Paese che è ancora a tutti gli effetti membro della Nato, l’avversario principale di Mosca in questo periodo storico, pertanto riteniamo che i colloqui avvenuti tra le delegazioni russe e turche post Maks, siano arrivati ad un punto di stallo se non ad un punto morto.

Ben altra cosa sarebbe la vendita e cessione delle licenze per i caccia Su-35, ma riteniamo che Ankara potrebbe essere interessata al vecchio ma ancora valido caccia russo solo ad interim in quanto non fornisce così tante nuove tecnologie ed esperienze all’aeronautica turca come potrebbe farlo un caccia di ultima generazione.





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