Se l’Italia è in Libia, e preme per avere un ruolo di primaria importanza nel processo di stabilizzazione del paese africano, non è certo soltanto per una mera “ambizione da media potenza” mediterranea. La Libia è sì ex colonia italiana, indubbiamente ci sono dei legami storici che impongo a Roma di tenere alta la guardia su questo paese, evitando di perdere il braccio di ferro innescato in tal senso dalla Francia. Ma in realtà, dietro l’accelerazione imposta dall’Italia sul dossier libico e sull’organizzazione del vertice di Palermo, si celano diversi obiettivi ed interessi. Il primo pensiero va ovviamente al petrolio, essendo l’Italia presente con l’Eni in Libia da tanti anni e con diversi stabilimenti. Ma l’oro nero altro non è che un semplice pezzo di un mosaico molto variegato, al cui interno si intreccia la fitta e stretta ragnatela che lega Roma e Tripoli. 

Migranti, petrolio, sicurezza: vogliamo raccontare perché l’Italia non può abbandonare la Libia. Scopri come





Dall’oro nero alle infrastrutture

Durante l’era di Gheddafi Italia e Libia danno vita ad un vero e proprio matrimonio di interessi. Se sotto il profilo politico spesso la retorica del rais punta il dito contro il passato coloniale di Roma, come dimostra anche la cacciata degli italiani nel 1970, da un punto di vista economico le due sponde del Mediterraneo dimostrano di avere vicendevolmente bisogno. L’Italia necessita per il suo boom economico, per la verità un po’ meno accentuato negli anni ’70 ma con ritmi di crescita sempre importanti, del petrolio libico. La Libia, a sua volta, ha bisogno della tecnologia dell’allora sesta economia al mondo. Per tal motivo il paese nordafricano rappresenta oramai da decenni una via privilegiata per le aziende italiane che si occupano di energia. Anche con il caos attualmente imperante in Libia, dall’ex colonia ogni giorno arrivano in Sicilia importanti quantità di gas e petrolio.

La Libia, come detto, dal canto suo necessita della nostra tecnologia e delle nostre imprese. Gheddafi deve costruire nuovi porti, aeroporti ed autostrade e per molte aziende italiane questa è un’occasione importante per stipulare importanti contratti lavorativi. Nel 2008, ad esempio, nel trattato di amicizia firmato da Gheddafi e Berlusconi a Bengasi è prevista, come ricompensa per il periodo coloniale, una grande autostrada costiera che colleghi la Tripolitania alla Cirenaica. Un iter, quello che riguarda questa opera, partito con i primi appalti siglati pochi mesi prima dell’inizio della guerra. Oggi ovviamente l’autostrada ed il suo progetto rimangono sulla carta e per molte aziende italiane questo costituisce un danno non indifferente. Nel forum italo libico di Agrigento del luglio 2017, si parla di qualcosa come 200 milioni di euro complessivi di crediti vantati da aziende italiane nei confronti del governo libico. Stabilizzare Tripoli vorrebbe dire non solo ridare la possibilità a queste aziende di recuperare le somme, ma anche poter sbloccare tanti altri progetti milionari che andrebbero a favorire enti e privati italiani.

La questione immigrazione

Non può mancare, nel novero degli elementi più importanti che impongono all’Italia un ruolo di primaria importanza in Libia, la tematica inerente i flussi di migranti provenienti dalle coste africane. Con la destabilizzazione del paese, Roma dal 2011 inizia ad affrontare una delle crisi migratorie più gravi degli ultimi anni. Quanto accaduto negli ultimi sette anni è del resto sotto gli occhi di tutti. L’assenza di uno Stato in grado di controllare il territorio e di imporre una forza coercitiva in tutte le aree di propria pertinenza, genera confusione e caos che facilitano il lavoro dei trafficanti di esseri umani. In Italia il problema degli sbarchi riguarda la sicurezza, ma invade ovviamente anche la sfera politica. Ecco perchè Roma ha la necessità di poter contare, sulla sponda opposta del Mediterraneo, su una guardia costiera libica finalmente unificata e realmente in grado di controllare le coste. Ma non solo: per far questo, l’Italia deve spingere anche per la creazione di una forza militare unica e riconosciuta, che possa togliere potere e soldi alle milizie. Sono queste ultime infatti, in molti casi, ad organizzare il traffico di esseri umani. 

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Il significato strategico della Libia

Ma oltre agli aspetti legati all’economia ed alla sicurezza, vi è infine un elemento inscindibilmente legato alla politica e ad una più complessiva visione della presenza italiana nel nord Africa. L’organizzazione del vertice di Palermo sulla Libia non riguarda soltanto l’ex colonia. Essa appare più che altro un modo per ribadire l’importanza che assume per l’Italia l’intera area magrebina. Non è un caso che il premier Conte, proprio in vista del vertice siciliano, visiti sia la Tunisia che l’Algeria nel giro di appena tre giorni. Se da un lato questa mossa può essere interpretata nell’ottica degli ultimi “preparativi” in vista del summit di Palermo, dall’altro però essa mira anche a rafforzare i legami tra Roma e paesi nordafricani. 

Del resto, basta guardare ai rapporti economici già esistenti tra l’Italia e l’altra sponda del Mediterraneo per capire come, per il nostro paese, l’esercizio di un ruolo importante in quest’area del mare nostrum è decisamente alla portata. Dall’Algeria arrivano importanti quantità di materie prime energetiche, in Tunisia gli scambi commerciali sono talmente intensi che nel 2016 per la prima volta l’Italia diventa il primo partner del paese superando la Francia. Per non parlare poi della ripresa dei buoni legami con l’Egitto, dove l’Eni opera in uno degli giacimenti più grandi del Mediterraneo. Proporsi come paese che detiene il ruolo guida nella pacificazione libica, è quindi un modo per l’Italia per rafforzare ulteriormente il proprio ruolo nel nord Africa, dopo anni in cui la situazione da questo punto di vista è sembrata entrare in una fase di stallo. E stare in modo importante in nord Africa, a sua volta, vuol dire avere un punto di vista privilegiato sul resto del continente nero. 

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