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Shusha è una delle principali città del Nagorno-Karabakh, la regione al centro di un nuovo conflitto tra lo scorso settembre e lo scorso novembre e sui cui oggi aleggia un cessate il fuoco concordato tra azerbaigiani ed armeni con la mediazione dei russi. Questa cittadina è sempre stata un po’ l’emblema della situazione vigente nel Nagorno Karabakh: questa città ha una collocazione strategica, è evidente infatti che chi controlla Shusha controlla tutto il Nagorno Karabakh, poiché il corridoio di Lachin che collega Khankendi/Stepanakert, principale concentramento degli armeni nella regione, con l’Armenia, passa proprio attraverso Shusha. Per questo Shusha è stata uno dei principali obiettivi del recente conflitto, con l’esercito di Baku entrato in città un giorno prima del cessate il fuoco. Non è un caso che è proprio qui che il presidente azerbaigiano, Ilham Aliyev, ha voluto farsi ritrarre assieme alla famiglia nel primo viaggio nel Nagorno-Karabakh dopo la guerra. E il 14 gennaio ha innalzato la bandiera azerbaigiana nel centro della città.

La situazione nel Nagorno – Karabakh

Nella regione non si spara più dal 10 novembre. Il cessate il fuoco per adesso ha sempre tenuto. E anzi, come dichiarato dal presidente russo Vladimir Putin nei giorni scorsi, si sta provando a costruire la base per una pace duratura. Il Cremlino in questo momento si sta prendendo la scena: dopo aver mediato per la fine delle ostilità, nei giorni scorsi il governo russo ha convocato i vertici di Azerbaijan ed Armenia per pensare al futuro del Nagorno-Karabakh. Mosca farà da garante: così come già previsto nell’accordo di novembre, soldati russi stazioneranno nei punti nevralgici della regione, in particolare nello strategico corridoio di Lachin. La guerra ha infatti avuto come principale movente il controllo della zona, storicamente contesa tra azerbaigiani ed armeni. Questi ultimi sono in maggioranza nel territorio dell’ex oblast del Nagorno Karabakh, storicamente e legalmente parte integrante dell’Azerbaijan, come riconfermato anche nel 1991, anno dello scioglimento dell’Urss e dell’indipendenza di Baku.

Da allora le tensioni sono sempre state molto alte, tra il 1992 e il 1994 un primo conflitto aveva esteso il controllo dell’Armenia oltre l’ex oblast, occupando, fino a poche settimane fa, anche settedistretti dell’Azerbaigian dove tutta la popolazione era azerbaigiana, ma espulsa dopo l’occupazione dell’Armenia. L’accordo per il cessate il fuoco di novembre ne ha previsto la restituzione a Baku, circostanza ultimata a cavallo dei primi giorni del nuovo anno. Le forze armene si sono oramai quasi tutte ritirate e nell’area di Khankendi/Stepanakert, principale città a maggioranza armena della regione, è dispiegato il contingente di peacekeeping russo. Il nuovo equilibrio geografico, molto più simile adesso alla situazione de jure della regione, per adesso è grossomodo rispettato dalle parti in causa. E si sta provando, seppur a fatica, a ritornare a una forma di normalità.

La visita del presidente Aliyev

Shusha non è tra le città consegnate a Baku in virtù degli accordi. L’esercito azerbaigiano è entrato nella cittadina poche ore prima del cessate il fuoco. Sia per gli armeni che per gli azerbaigiani questa località era fondamentale averla manu militari. Soprannominata la “Parigi del Caucaso”, qui fino a tempi non lontani le due entità etniche hanno convissuto pacificamente. Se il Nagorno Karabakh prima del conflitto è stato a maggioranza armena, a Shusha la popolazione azerbaigiana costituiva il 98% del totale e fu completamente espulsa dopo l’occupazione da parte dell’esercito dell’Armenia nel 1992. Questa città ha un valore e un significato morale per il popolo dell’Azerbaigian. Il Mugham, genere musicale popolare dell’Azerbaigian e il patrimonio immateriale dell’umanità dell’UNESCO ha le sue radici proprio a Shusha. Per questo, Shusha è considerata il conservatorio dell’Azerbaigian. Ci sono molti nomi illustri azerbaigiani provenienti proprio da Shusha. Issare qui la propria bandiera per armeni e azerbaigiani è sempre stato quindi fondamentale. Ilham Aliyev, a due mesi dalla tregua, si è addentrato assieme alla moglie e alla figlia, oltre che con i suoi collaboratori, fino al centro di Shusha. Qui il 14 gennaio ha presenziato alla cerimonia in cui è stata fatta nuovamente sventolare, dopo 26 anni, la bandiera dell’Azerbaijan in città.

Nel corso della visita, Aliyev si è recato in diversi siti culturali ritenuti molto importanti dagli azerbaigiani. Dalla casa natale del tenore Buldul, considerato tra i massimi rappresentanti del panorama culturale del Paese prima dell’indipendenza, alla piazza dove è situato il busto in ricordo del poeta Molla Panah Vagif, anch’egli natio di Shusha. Aliyev ha anche tenuto in mano una foto che lo ritraeva nella cittadina nel 1982, quasi come a voler rivendicare la possibilità di essere potuto tornare nella località. Oltre che Shusha, il presidente azerbaigiano ha visitato nel Nagorno-Karabakh il distretto di Fizuli: qui ha ispezionato i luoghi in cui dovrebbe sorgere una nuova autostrada e un nuovo aeroporto. L’immagine che Baku vuole trasmettere è quella di una vasta programmazione economica di ricostruzione della regione. Una sfida per l’Azerbaijan, che Aliyev pensa di poter vincere con le garanzie del mantenimento del cessate il fuoco.

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