Le conseguenze politiche e giudiziarie saranno molto pesanti ma ancora ignote, tuttavia le recenti evoluzioni dell’inchiesta sull’omicidio di Dafne Caruana Galizia un risultato lo hanno già portato: capire cioè le dinamiche di quel maledetto 16 ottobre 2017, giorno in cui la giornalista è stata uccisa da una bomba piazzata sotto la propria auto.
La triste dinamica dell’omicidio
Sono tre gli esecutori materiali dell’operazione che ha portato alla morte della cronista maltese. Si tratta dei due fratelli Degiorgio, Alfred e George, e di Vince Muscat. Quest’ultimo è omonimo del primo ministro (forse) dimissionario. I tre hanno ricevuto la promessa di 150mila Euro, già in parte intascati come acconto per il piano mortale da mandare a termine. Ma chi ha pagato i tre? E con quali somme? Sono ancora queste le domande a cui si sta cercando di rispondere per mettere a posto gli ultimi tasselli mancanti dell’inchiesta. Si sa che i tre da qualche mese pedinavano Dafne Galizia, conoscendone tutti gli spostamenti e le abitudini. I due fratelli Degiorgio hanno per diverse settimane spiato ogni dettaglio dell’abitazione della giornalista, una piccola villetta residenziale di Bidnija, località non lontana dalla baia di San Paolo. Vince Muscat, colui che poi ha iniziato ad indirizzare negli ultimi giorni gli inquirenti verso la pista giusta, faceva da palo e controllava la situazione.
I tre avevano deciso di uccidere Dafne Galizia con un colpo da sparare a distanza tramite un fucile di precisione. Le autorità maltesi in effetti hanno riscontrato l’acquisto da parte della banda di un fucile di precisione con tanto di mirino telescopico. Un’arma presa da una gang maltese vicina ad un non meglio precisato clan mafioso italiano. Tuttavia i tre hanno desistito dall’idea di usare il fucile: troppo alta la possibilità di sbagliare. Secondo gli inquirenti i fratelli Degiorgio volevano sfruttare il fatto che Dafne trascorresse molto tempo nel suo studio, il quale aveva una finestra non molto distante da un punto dal quale la banda poteva azionare l’arma. Ma, come detto prima, i tre hanno preferito vagliare altre possibilità. In tal modo è arrivata la decisione di consegnare il fucile e farsi dare, al suo posto, il tritolo. L’operazione vera e propria è scattata il 15 ottobre 2017: Alfred Degiorgio ha piazzato l’esplosivo sotto l’auto usata dal figlio fino al pomeriggio e parcheggiata al solito posto, poco distante il fratello George monitorava intanto la situazione assicurandosi che nessuno si accorgesse di nulla.
I tre sapevano che solitamente la giornalista usciva da casa nel primo pomeriggio ed il 16 ottobre 2017 alle 15:00 erano già pronti all’azione. Quando l’ignara Dafne Galizia ha messo in moto l’auto, George Degiorgio era già piazzato a bordo di uno yacht ed aveva la possibilità di osservare i movimenti della donna. Il resto è una storia tristemente nota: dall’imbarcazione viene azionato l’esplosivo con l’invio di un sms, Dafne Galizia morirà poco dopo a causa delle ferite riportate.
La pista che porta dritto agli uomini di governo
Sono stati due anni di indagini delicate, portate avanti non senza difficoltà da parte degli inquirenti. Il primo a crollare è stato Vince Muscat: secondo quanto ricostruito dalla stampa maltese, gli agenti lo avevano messo sotto torchio e lui, intuendo l’aria che tirava, ha iniziato a dare i primi dettagli in cambio della grazia. Muscat ha fatto il nome di un tassista, Melvin Theuma. Il suo non è un nome nuovo agli inquirenti: dietro la sua attività di tassista, si nasconde anche una vita da usuraio. Sarebbe stato lui a fare da intermediario tra i mandanti ed i tre esecutori materiali del delitto. Interrogato, Theuma ha lanciato un altro nome, questa volta ben più pesante: quello di Yorgen Fenech, uomo d’affari rampollo di una facoltosa famiglia maltese e direttore di una centrale elettrica. Con lui si arriva direttamente ai vertici più alti della finanza e delle istituzionali maltesi. Fenech, arrestato lo scorso 20 novembre a bordo di uno yacht da cui probabilmente stava scappando, ha fatto a sua volta un altro nome molto pesante: si tratta di Keith Schembri, capo di gabinetto del premier Joseph Muscat.
Ecco quindi che la storia dell’omicidio di Dafne Galizia è diventata ufficialmente una storia di possibile pesante corruzione all’interno delle sfere più alte del governo. Secondo Fenech, sarebbe lo stesso Schembri il vero mandante dell’omicidio. La polizia ha arrestato quindi il capo di gabinetto del premier, poi però lo ha subito rilasciato per mancanza di prove. E sarà questo rilascio a far scoppiare le proteste da parte dell’opinione pubblica maltese, sempre più convinta del fatto che lo stesso premier Muscat sia coinvolto nella vicenda almeno sotto il profilo politico. Tanto che adesso le dimissioni del primo ministro sembrano sempre più vicine. Ma come detto, l’indagine non è ancora chiusa: occorre capire chi davvero ha dato l’ordine di uccidere Dafne Galizia e con quale movente. Un indizio potrebbe arrivare dall’analisi dei conti della 17black, società con sede a Dubai di Yorgen Fenech. Da qui transitano, come riscontrato in una mail intercettata nell’aprile 2018, strani giri di soldi che riconducono a Keith Schembri ed al ministro Konrad Mizzi. Tangenti forse, pagate per l’affaire inerente la centrale elettrica guidata da Fenech. Una storia di corruzione su cui Dafne aveva messo gli occhi e che, forse, alla giornalista è costata la vita.