Sarà una sfida all’ultimo voto quella che attende il presidente repubblicano uscente Donald Trump ed il rivale democratico Joe Biden al prossimo novembre, quando con il voto degli americani verrà deciso il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America. In questi difficili mesi che separano gli Usa da novembre, tutto quello che accadrà dentro e fuori dai confini nazionali potrebbe diventare l’ago della bilancia per la scelta del popolo americano; come sempre accaduto sin dall’indipendenza dal Regno Unito. E questa volta – con tutte le criticità che hanno accompagnato il 2020 – ciò non è mai stato così tanto vero.
Tuttavia, come spesso accade Trump deve affrontare un importate fattore di svantaggio dettato dall’aver governato e di essere stato – ancora adesso – l’uomo simbolo delle risposte americane soprattutto alla pandemia di coronavirus ed agli eventi che sono susseguiti al caso Floyd. E per questo motivo, la tenuta del Paese nei prossimi mesi potrebbe essere molto importante per la sua rielezione, così come l’evoluzione dello scenario economico americano. Ma nonostante gli ultimi dati provenienti dal mercato e soprattutto dalle borse americane, non tutto quello che sembra oro in realtà luccica.
I rischi dai mercati: le banche sono in rotta con la Fed
Come già sottolineato da InsideOver, i mercati finanziari globali hanno attraversato degli ultimi mesi decisamente positivi se presi nel loro complesso, in contraddizione con le attese dopo il tracollo causato dal prezzo del greggio e dalla pandemia di Covid-19. Tuttavia, a ben guardare i dati è parso chiaro a molti economisti come il valore attuale non rispecchi però il rendimento dell’economia reale, in uno scenario che sta assumendo sempre di più la forma di una bolla speculativa. E soprattutto negli Stati Uniti – dove tale situazione appare più evidente – parte del merito o della colpa è da attribuirsi alla Federale Reserve ed al bazooka utilizzato per permettere la ripresa dell’economia americano – e soltanto parzialmente funzionato.
Come sottolineato dalla Bank of America – la principale banca americana ad aver espresso le proprie riserve nei confronti della mossa di Jerome Powell – questo ha però acutizzato le diseguaglianze sociali, arricchendo chi, teoricamente, dalla pandemia non sarebbe stato scalfito. E questo particolare, assieme alle difficoltà nel portare avanti l’impresa in questo periodo di incertezza dettato dalle conseguenze del Covid-19, rischia di essere un gravissimo ostacolo alla sopravvivenza di molti istituti di credito stessi.
Con le banche in rotta con il maggior istituto monetario del Paese, dunque, appare chiaro come le mosse messe in campo non siano state condivise all’unisono e che, al contrario, abbiano creato una miriade di divisioni interne. Ma se le manovre volte a dare liquidità al mercato non vengono apprezzate dal comparto bancario, quali saranno le preoccupazioni dei più grandi prestatori di denaro degli Stati Uniti?
È difficile sedare la tigre dell’inflazione
Nella sua opera economica A Tiger By The Tail, l’economista austriaco Friedrich Von Hayek definì la scelta di immettere liquidità sul mercato come quella di afferrare una tigre per la coda nella speranza di svegliarla. Sebbene la mossa sia in grado in effetti di sortire l’effetto atteso, crea però una moltitudine di pericoli: una volta svegliata, la tigre sarebbe sicuramente innervosita; mollare la presa sulla sua coda sarebbe sinonimo di essere sbranati mentre continuare a stringere non farebbe altro che accrescere la sua rabbia.
Portare avanti per un periodo troppo lungo una politica monetaria volta all’inflazione, in fondo, è la stessa identica cosa. Una volta arrestata l’immissione, oppure nel momento in cui la stessa stabilità economica del sistema viene messa in crisi, il tonfo sarà tanto più fragoroso tanto più i valori saranno stati “drogati”. E questo scenario, purtroppo, è proprio quello che stanno temendo le banche americane – prime ad essere colpite da un fenomeno di questo tipo – ed in generale gli operatori di mercato.
Non è un caso infatti che, stando a quanto riportato dalla testata Forbes, lo stesso Warren Buffet si sia sbarazzato delle azioni bancarie per spostare i suoi investimenti sull’oro, bene rifugio che ha fatto gola anche al miliardario americano. E questa decisione, unita alle perplessità messe in luce dalle banche di oltreoceano, potrebbe essere dovuta – secondo gli analisti di oltre oceano – ad un forte rischio di stop per gli indici azionari americani per il prossimo autunno: giusto in tempo per le prossime elezioni presidenziali.
Se le borse crollano, Trump sarebbe nei guai
Dopo aver scongiurato il tracollo finanziario degli Stati Uniti dopo la sua elezioni – situazione profetizzata dalla stampa filo-democratica americana e mai realizzatasi – Trump ha fondato il suo mandato sulla rinascita del sogno americano. Economia nella felice Arcadia della piena occupazione, titoli azionari in crescita e sempre maggior fiducia nelle possibilità future. Un paradiso americano, che ha purtroppo però dovuto affrontare un nemico tanto potente quanto inatteso: la pandemia di coronavirus, che da un giorno all’altro ha arrestato tutto quello che la presidenza Trump aveva costruito.
Un nuovo arresto nella corsa dei mercati finanziari verso il loro massimo storico potrebbe a questo punto avere risvolti drammatici per Trump, che perderebbe l’ultima speranza di guadagnare i voti di coloro che, ancora nel 21esimo secolo, confidano nel sogno americano. E i quali, soprattutto dopo la nomina di Kamala Harris nel ruolo di candidato vicepresidente, potrebbero vedere nella “durezza” delle sue posizioni una possibile alternativa al Tycoon.
Le decisioni della Fed hanno aiutato i democratici?
Le politiche monetarie attuate dalla Fed potrebbero dunque in questo scenario aver aiutato la campagna elettorale di Biden, preparando il terreno ad un tracollo finanziario che potrebbe avvenire proprio a poche settimane dalle elezioni presidenziali. Volente o nolente, dunque, proprio Powell potrebbe essersi rivelato – se i pericoli relativi alla tenuta dell’economia e del sistema finanziario americano divenissero realtà – l’alleato che il candidato democratico stava aspettando per assestare il colpo finale a Trump. E proprio la Fed – duramente critica dall’uscente presidente repubblicano – e le sue politiche monetarie potrebbero rivelarsi l’ago della bilancia del prossimo novembre.