La crisi politica boliviana sembra più vicina ad una conclusione dopo quanto dichiarato da Mónica Eva Copa Murga, presidente del Senato ed esponente del Movimento al socialismo, lo schieramento politico dell’ex Capo di Stato Evo Morales. L’esponente politico ha reso noto che è stato raggiunto un accordo con l’opposizione ( che in realtà già governa il Paese) per giungere allo svolgimento di elezioni nel più breve tempo possibile e per pacificare il Paese. La Copa Murga ha anche invitato le forze di sicurezza a trattare con rispetto i gruppi indigeni che sostengono Morales, dopo gli scontri avvenuti tra esercito e dimostranti.
Speranze democratiche
Non è ancora chiaro come la Bolivia potrà uscire dalla crisi costituzionale che si è venuta a creare. Jeanine Anez, esponente dell’opposizione, si è autoproclamata presidente senza, però, che l’investitura venisse confermata dal Senato, dove il Movimento al socialismo ha i due terzi dei seggi. La procedura è quindi irregolare da un punto di vista formale e mentre alcune nazioni, come gli Stati Uniti ed a sorpresa la Russia, hanno riconosciuto il nuovo Capo di Stato ad interim altre, come l’Argentina, non lo hanno fatto. Occorre, inoltre, un voto parlamentare per approvare o rigettare le dimissioni di Evo Morases che, sulla carta, è ancora il presidente della Bolivia. La crisi politica, in un certo senso, deve fare i conti con la realtà di un Parlamento dove il Mas ha i due terzi dei seggi e questa realtà di fatto non può mutare senza ulteriori stravolgimenti. Morales definisce quanto accaduto come un colpo di Stato e la Anez ha reso noto che non sarà gradita la sua presenza come candidato alle prossime consultazioni. L’ingarbugliata matassa politica, in ogni caso, potrà iniziare a sbrogliarsi soltanto grazie ad un voto libero e democratico, monitorato da osservatori imparziali, che consenta alla popolazione di esprimere il proprio punto di vista su quanto accaduto.
Le prospettive
Evo Morales si trova attualmente in Messico, dove ha ottenuto l’asilo politico dal governo progressista del presidente Lopez Obrador. La grande distanza che lo separa dalla Bolivia non gli impedisce, però, di continuare ad avere una certa influenza sul Paese. L’uomo politico è conscio dell’importanza del fattore tempo: deve sfruttare la situazione quando e ancora fluida perché più giorni e mesi trascorreranno più il governo provvisorio tenderà a rinforzarsi. La sua esclusione come candidato in nuove consultazioni presidenziali non è necessariamente nociva: il Mas potrà comunque presentare qualcuno a lui molto vicino e che, in caso di vittoria, possa facilitarne il ritorno in patria. Le elezioni, però, potrebbero essere soggette a pressioni interne, dovute al mutato clima politico e ciò rappresenta un problema opposto rispetto a quanto è appena accaduto. Le presidenziali, infatti, anche secondo il giudizio dell’Organizzazione degli Stati Americani, che aveva condotto un’inchiesta in materia, andavano ripetute. La stessa accuratezza nel monitoraggio andrà svolta nei confronti dei nuovi scrutini: accuse di brogli oppure un risultato poco chiaro potrebbero provocare esiti drammatici ed un conflitto civile su larga scala. La precaria via che può condurre la Bolivia alla stabilità è molto lunga e non è detto che il lieto fine sia scontato.