Nel nuovo documento strategico della Difesa degli Stati Uniti c’è un elemento che spicca su tutti: non è la Russia, ma la Cina, a essere considerata ancora una volta “la sfida più globale e seria” alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Una sfida che, secondo il documento Usa, è costituita dall’atteggiamento “coercitivo e sempre più aggressivo” che Cina adotta nel sistema internazionale e in particolare nell’Indo-Pacifico “per soddisfare i suoi interessi e le sue preferenze autoritarie”.
Per Washington, la minaccia cinese è dunque qualcosa di pervasivo e complesso. Un problema che riguarda da un lato il fronte più prettamente militare, su cui la Difesa statunitense mette in guardia sul punto di un riarmo generalizzato, su una modernizzazione totale anche dell’armamento nucleare, e sul progresso di Pechino nel dominio informatico, elettronico e informativo. Dall’altro lato, per Washington è essenziale anche soffermarsi sulle capacità cinesi di interferire sul sistema di alleanze che fanno capo agli Stati Uniti, in particolare su quel “modello più ampio di comportamento destabilizzante e coercitivo” che il governo di Xi Jinping adotta dal Mar Cinese Orientale a quello Meridionale, con uno sguardo in particolare a Taiwan.
Questa visione della Cina appare molto diversa rispetto a quella con cui viene descritta la Russia, spicca nel documento in ogni caso come “minaccia acuta”. La differenza non è solo formale, ma estremamente sostanziale. Perché se da un lato Pechino è considerato l’avversario sistemico di Washington, Mosca viene considerata un avversario non tanto di rango inferiore quanto non proiettabile davvero nel futuro.
La Russia viene considerata “una minaccia acuta”, ma quello che si ricava da questo documento strategico targato Joe Biden è quello di una considerazione del Cremlino quale rivale militarmente rispettabile ma profondamente in declino. Nel documento del Pentagono, ad esempio, si legge che “sprezzante dell’indipendenza dei suoi vicini, il governo russo cerca di usare la forza per imporre cambiamenti dei confini e reimporre una sua sfera d’influenza imperiale”. Tuttavia, ed è un punto-chiave per comprendere la logica politica a lungo termine della strategia Usa, viene evidenziato in modo estremamente lapidario che la Russia ha fallito nel dividere il fronte Nato. Le sue scelte sull’Ucraina, si legge nel documento, “si sono ritorte drammaticamente contro”. La Russia è pertanto individuata come una minaccia – del resto il documento la identifica appunto come “minaccia acuta” – ma, al netto delle capacità belliche sottolineate dal documento, si percepisce una differenza di visione rispetto al rischio di un nemico come quello dell’Indo-Pacifico, ovvero la Cina.
Questo sembra lasciare intendere che il Pentagono imposta la sfida con i due rivali in un’ottica diversa. Quello di Mosca è un problema visto come profondamente militare, che intacca alcune “zone grigie” e aree specifiche, e che è un problema adesso, qui e ora, che riguarda anche la deterrenza nucleare in Europa. Non a caso anche la Nuclear Posture Review modifica la possibilità di utilizzo dell’arsenale atomico negli stessi giorni in cui si accelera sulla ricollocazione delle testate. Il problema cinese è invece di più ampio respiro, che riguarda al momento l’intero Indo-Pacifico e che è questa area, ancora molto meno consolidata di quella europea, a rappresentare per Washington una minaccia complessiva ed esistenziale alla propria sicurezza. In questo senso, la rivalità con la Cina non è soltanto militare, che pure rimane un elemento fondamentale, ma un è sintetizzata dalle parole del segretario di Stato alla Difesa, Lloyd Austin, che ha parlato di Pechino come “unico concorrente che ha l’obiettivo concreto di modificare l’ordine globale, e che ha gli strumenti per farlo”. La Repubblica popolare cinese è avvertita: è lei l’unica superpotenza a essere ritenuta alla pari degli Stati Uniti d’America. Il Cremlino, per quanto desideroso di ripristinare una propria sfera d’influenza rimodulando la logica occidentale, è considerato un impero in declino: pericoloso ma di rango inferiore. Almeno secondo il Pentagono.