Il voto favorevole a Brexit non ha rappresentato soltanto il distacco del Regno Unito dall’Europa, ma anche il distacco di ogni singola parte del Regno dall’Unione europea, ed ogni singola componente del Regno, nella propria specificità, ha risentito in maniera sensibile della scelta Londra di abbandonare Bruxelles.E proprio perché ogni componente ha una sua storia che si incastona nel grande mosaico del Regno Unito, ed una propria particolare relazione con l’Europa, ogni componente ha reagito in maniera diversa rispetto al referendum di giugno 2016.Tra questi tasselli del mosaico, la vera roccaforte del “remain” è stata proprio la roccaforte per eccellenza, non solo in senso metaforico, ma anche in senso fisico, del Regno Unito in Europa: Gibilterra. L’enclave britannica in territorio spagnolo ha votato con una maggioranza decisamente bulgara per rimanere nell’Unione europea, sfiorando addirittura il 96% dei consensi (in sostanza, su ventimila cittadini, solo 800 hanno votato per uscire dall’Ue).I motivi sono molteplici, e di pronta individuazione: da un lato, Gibilterra ha vissuto per anni i benefici della libera circolazione di uomini, merci e capitali, che transitavano dalla Spagna alla roccaforte grazie alla convivenza nell’Unione Europea; dall’altro lato, molti cittadini di Gibilterra hanno per anni vissuto da frontalieri, beneficiando di alcuni pesanti sgravi fiscali e riuscendo ad investire in territorio spagnolo quando la sterlina aveva un cambio nettamente più favorevole sia ai tempi della peseta, sia più recentemente con l’euro più debole.Tutto questo ha condotto per decenni Gibilterra a rappresentare un vero e proprio punto nevralgico degli snodi commerciali e politici tra i due Paesi, ma, con la convivenza nell’Unione Europea e con la regolarizzazione dei rapporti non sempre pacifici tra i due Stati riguardo questo tema, si era giunto effettivamente ad una certa stabilità, che aveva per anni dato uno status particolare all’enclave inglese.Con il voto favorevole al Brexit, le carte sono cambiate, e non a caso Gibilterra è entrato di nuovo nella lista dei problemi sorti con il prossimo avvio delle procedure di uscita dall’Unione. Da parte inglese, la volontà è quella di mantenere la roccaforte sotto il pieno controllo di Londra, tanto che il governo May si è subito prodigato per confermare il fatto che Gibilterra rappresenti parte integrante del mercato e della politica del Regno Unito.Da parte spagnola, Mariano Rajoy ha recentemente affermato in un summit a Malta, che Gibilterra avrebbe dovuto seguire le sorti del Regno Unito per quanto riguarda la Brexit, pagando quindi anche la fine dei rapporti privilegiati con il mercato spagnolo. Di qui la pronta proposta spagnola, peraltro non del tutto nuova, di una sovranità congiunta tra Regno Unito e Spagna sull’enclave britannica: cittadinanza doppia, confini meno rigidi, passaggio di merci e capitali reso facile come prima, al costo però di perdere l’autonomia totale da Madrid e di dover accettare un’amministrazione condivisa fra Regno Unito e Regno di Spagna.Il governo di Gibilterra ha immediatamente rifiutato tale proposta, ma è chiaro che non potrà resistere a lungo al possibile assedio da parte spagnolo ed europeo. Con i lavoratori costretti a non poter più a spostarsi dall’altra parte del confine, con le merci sottoposte a dazi doganali più alti del solito, con continui blocchi delle merci, la vita per i cittadini di Gibilterra potrebbe farsi decisamente molto complessa e costringerebbe il premier Picardo a rivedere le sue certezze in tema di mantenimento del controllo da parte di Londra. Gibilterra si è per mesi mantenuta salda nel confermare i suoi rapporti esclusivi con la Gran Bretagna, rifacendosi al risultato del referendum del 2002 nel quale i cittadini rifiutarono in maniera categorica la sovranità congiunta tra Spagna e Regno Unito, però oggi, con Brexit ai nastri di partenza ufficiali, le certezze sembrano crollate, tanto da far votare in massa per rimanere nell’Unione Europea.Questi due voti significano inevitabilmente che qualcosa nella mente dei cittadini è cambiata: la crisi economica, l’incapacità di reagire a un eventuale blocco del confine con la Spagna, la possibilità che Madrid neghi ai lavoratori il visto per lavorare in territorio spagnolo, ma soprattutto l’incertezza sulla portata di questa scelta inglese, hanno portato l’enclave a non potersi più fidare della madrepatria, e a temere soprattutto le ritorsioni di Madrid. Del resto, come confermato da Bruxelles, Brexit significa anche lasciare ad ogni Stato membro la facoltà di scegliere come relazionarsi con il Regno Unito in qualità di Stato terzo e non più da membro, e la Spagna, dopo secoli di tentativi a vuoto, sente di avere finalmente l’opportunità di far pagare a Londra e a Gibilterra il conto salato di una ferita che sembra non volersi chiudere.
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