Emergono nuovi dettagli ed elementi sulla teoria cospirativa emersa all’indomani delle elezioni Usa sui presunti brogli elettorali ai danni di Donald Trump che avrebbe coinvolto anche l’Italia attraverso Leonardo (un presunto scandalo denominato #ItalyGate). Secondo quella tesi, alquanto suggestiva e articolata, oltre che infondata, rilanciata anche dall’avvocato di TrumpRudy Giuliani, dietro la grande frode di voti che avrebbe consentito a Joe Biden di vincere le elezioni ci sarebbero i server di Dominion, una società di sinistra radicale con collegamenti con i gruppi antifa e con Smartmatic, la multinazionale che implementa i sistemi di voto elettronico nel mondo. Nei giorni successivi alle elezioni, alcuni gruppi legati a Q-Anon parlarono addirittura di un presunto raid delle forze speciali americane a Francoforte per acquisire i server di Dominion e, di conseguenza, svelare la truffa del partito democratico. Secondo alcuni supporter di The Donald, come Neal David Sutz, un cittadino statunitense che, attualmente, vive in Svizzera, nel complotto internazionale contro Trump l’Italia avrebbe inoltre ricoperto un ruolo fondamentale (InsideOver ha provato a suo tempo a verificare quanto affermato da Sutz, non trovando però alcun riscontro).

Quella bufala su Leonardo

Insomma, #ItalyDidIt – per usare un hashtag impiegato in quel periodo dai seguaci di Q-Anon. In che modo? Attraverso Leonardo Spa, l’azienda leader nel settore della Difesa. Nello stesso periodo post-elezioni Usa, circolava sui social media la foto di un documento datato 6 gennaio 2021. Era una presunta dichiarazione giurata (affidavit) nella quale un certo Prof. Alfio D’Urso sosteneva che l’esperto informatico Arturo D’Elia avrebbe sfruttato il satellite Leonardo per manipolare il voto e permettere così a Joe Biden di sottrarre voti legittimi a Donald Trump. Come avevamo già appurato su InsideOver, quest’ipotesi, però, è stata rispedita al mittente da Nicola Naponiello, l’avvocato dell’hacker: “È una pura invenzione. Smentisco assolutamente che D’Elia abbia mai avuto contatti con questo sconosciuto avvocato D’Urso. È una favola che esista un affidavit. Non è vero che ci siano dati rubati, non è vero che il mio assistito abbia informazioni su quanto accaduto o non accaduto nel 2019. A parte che è in carcere dai primi di dicembre, i fatti su cui risponde sono accaduti tra il 2015 e il 2017”. Ma chi ha fatto circolare queste presunte notizie? Come nelle migliori spy story internazionali, due donne piuttosto misteriose ed enigmatiche.

Ecco chi c’è (davvero) dietro la tesi dell’#ItalyGate

È il Washington Post a rivelare l’identità delle due donne che hanno fatto circolare la teoria cospirativa che avrebbe consentito a Joe Biden di vincere le elezioni rubando milioni di voti a Donald Trump. Si tratta, conferma l’Agi, citando il Wp, di una ex candidata Gop titolare di una piccola azienda della Virginia, e di un’attivista trumpiana della Florida, la cui ambizione era salvare il mondo dal “collasso morale”. Particolarmente significativo il ruolo di Michele Roosevelt Edwards, 65 anni, fino all’anno scorso nota come Michele Ballarin, titolare di una piccola compagnia in Virginia, la Institute for Good Governance, la società che ha divulgato la dichiarazione dell’avvocato Alfio D’Urso. Quest’ultima era già nota alle cronache: la donna d’affari della Virginia millantava in passato di aver negoziato con pirati e signori della guerra somali nei suoi sforzi per cercare di salvare il Paese devastato dalla guerra. Già all’epoca gli esperti della Somalia erano perplessi; nessuna aveva mai sentito parlare di lei ma la donna si vantava con i giornalisti di avere un piano per portare pace e prosperità nel Paese: tant’è che aveva fondato un’organizzazione no profit con sede in Virginia chiamata Oasis Foundation for Hope. Il suo obiettivo ambizioso era il reinsediamento di 1,1 milioni di rifugiati somali.

Ma Michele Roosevelt Edwards è celebre anche per essersi falsamente spacciata per proprietaria storica della North Wales Farm, una residenza signorile con 22 stanze da letto a Warrenton, in Viriginia, dal valore stimato in 30 milioni di dollari. Dietro questa complicata rete di fake news e disinformazione, insomma, ci sarebbe soprattutto questa controversa donna d’affari tutt’altro che affidabile.

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