In origine fu il presidente Eisenhower a lamentarsene in un celebre discorso di addio alla nazione. Oggi, è Donald Trump a prendere di mira il “complesso militare-industriale” degli Usa, quella pericolosa commistione tra politica e industria bellica che si era sviluppata negli Stati Uniti all’alba della Guerra fredda. Trump però non denuncia gli stessi rischi da cui Eisenhower aveva messo in guardia nel ’61. La critica mossa stavolta non è indirizzata al sistema di cui Trump si è inevitabilmente servito durante il suo mandato. Per l’ex presidente, l’affondo ai “guerrafondai” e ai “globalisti” di Washington è più una clava da agitare contro i suoi avversari politici, Joe Biden in primis.
Nel discorso presentato con il titolo “Stopping the warmongers and globalists” e pronunciato come risposta a quello tenuto dall’attuale capo della Casa Bianca a Varsavia il 21 febbraio scorso, Trump parte con una constatazione sull’escalation in atto tra Russia e Occidente. “La Terza guerra mondiale non è mai stata così vicina come ora”, esordisce il tycoon. “Dobbiamo spazzare via tutti i guerrafondai e i globalisti ‘America Last’ presenti nello Stato profondo, al Pentagono, al dipartimento di Stato e nel complesso industriale della sicurezza nazionale”, prosegue vantandosi poi di essere stato il primo presidente Usa da generazioni a non aver iniziato una guerra.
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Le accuse ai democratici
Trump passa quindi all’attacco, scagliandosi contro la sottosegretaria del dipartimento di Stato Victoria Nuland, diplomatica di lungo corso che ultimamente ha fatto discutere per aver ammesso che la Crimea sarebbe un obiettivo legittimo per l’esercito di Kiev (contrariamente a quanto invece dichiarato dal suo superiore Antony Blinken, che parlava di “linea rossa” per Putin). “Per decenni – tuona l’ex presidente – le stesse persone, come Victoria Nuland e tanti altri come lei, hanno avuto la fissazione di spingere l’Ucraina verso la Nato, per non parlare del sostegno del dipartimento di Stato alle rivolte in Ucraina. Queste persone cercano lo scontro da tempo, come nel caso dell’Iraq e di altre parti del mondo. Ora siamo sull’orlo della Terza guerra mondiale e molti non lo vedono, ma io lo vedo. E ho avuto ragione su molte cose”.
Nuland è stata presa di mira anche dal proprietario di Twitter, Elon Musk, repubblicano dichiarato, di recente al centro delle polemiche sulle forniture del sistema Starlink all’Ucraina, e il quale in un tweet ha accusato la funzionaria di spingere per la guerra.
Per Trump il peccato originale commesso da Biden è la retorica muscolare e bellicosa del presidente democratico. “Quando tornerò al potere – osserva nel messaggio ai suoi sostenitori – si faranno le cose come le ho fatte io quattro anni fa. Non siamo mai stati così bene all’epoca e impedirò anche ai lobbisti e ai grandi appaltatori della difesa di entrare e spingere i nostri alti funzionari militari e della sicurezza nazionale verso il conflitto, solo per ricompensarli quando andranno in pensione con lavori pagati milioni e milioni di dollari”.
L’ex inquilino della White House però allora fece del linguaggio aggressivo il suo marchio di fabbrica, in particolare durante la crisi con la Corea del Nord di Kim Jong Un (definito “little rocket man“) nel 2018, quando ostentò su Twitter di avere un “bottone nucleare più grande del suo”. Trump fu anche uno dei principali sostenitori degli accordi sulle armi all’Arabia Saudita e nel 2019 finì sotto impeachment per volontà del Congresso con l’accusa di aver ricattato il governo ucraino sugli aiuti militari e di aver chiesto al presidente Volodymyr Zelensky di annunciare una maxi-inchiesta per corruzione sui rapporti tra Hunter Biden e la società di gas naturale Burisma. Le inchieste, sia quella a carico di Trump che quella sul secondogenito di Biden, si sono risolte in una bolla di sapone, a differenza di quella del laptop dove il figlio del presidente Usa conservava foto e video imbarazzanti.
“Notate – continua la sua requisitoria The Donald – come i donatori guerrafondai globalisti stanno sostenendo i nostri avversari. Questo perché sono i candidati della guerra. Io sono il presidente della pace, la pace attraverso la forza. C’è un motivo per cui non abbiamo avuto conflitti”. Per Trump, la soluzione alla guerra in Ucraina sarebbe un cambio ai vertici della Casa Bianca: “Con la leadership giusta questa guerra finirebbe in 24 ore”, promette.
Cosa pensa veramente il Gop della guerra in Ucraina
Per sua sfortuna, l’ex presidente repubblicano si trova sempre più da solo in questa lotta. Lo stravagante eccezionalismo isolazionista di cui Trump è il principale esponente negli Stati Uniti ha trasformato la postura internazionale del Partito Repubblicano negli ultimi anni e lo dimostrano le parole di McCarthy e DeSantis sullo stop agli assegni in bianco a Kiev (su cui però McCarthy ha fatto subito retromarcia). I cosiddetti neo-con non hanno più lo stesso peso dell’era Bush. Eppure, a condividere la battaglia dell’ex leader del Gop sono soltanto un manipolo di aficionados: i deputati Thomas Massie, Lauren Boebert e Marjorie Taylor Greene sono i nomi più altisonanti, ma a parte loro la linea ufficiale è un’altra.
La leadership parlamentare del Partito non solo si è schierata a favore dell’Ucraina, ma continua tuttora a riaffermare la necessità di contenere la Russia e garantire l’invio di nuovi armamenti. È di pochi giorni fa la visita nella capitale ucraina di una delegazione repubblicana guidata dal presidente della commissione Affari esteri della Camera dei Rappresentanti, Michael McCaul. Qui, i repubblicani non solo hanno voluto toccare con mano la situazione nel Paese in guerra, ma hanno addirittura criticato Biden per non aver fatto abbastanza, a parte scattarsi foto con Zelensky. “Deve mandare armi affinché l’Ucraina vinca adesso, in particolare gli Atacms (missili balistici a lungo raggio, ndr)”, ha dichiarato McCaul ai giornalisti.
È dello stesso avviso Mitch McConnell, il potentissimo senatore del Kentucky e ormai storico leader del Gop al Senato. Per McConnell, la sicurezza nazionale degli Stati Uniti è legata alla stabilità e alla sicurezza in Europa ed è imperativo impedire alle forze russe di avanzare nel continente. “Come abbiamo spiegato io e i miei colleghi leader repubblicani, non è un atto di beneficenza degli Stati Uniti e i nostri alleati della Nato aiutare ed armare il popolo ucraino per difendersi. È un investimento diretto per difendere i nostri interessi nazionali fondamentali”, ha spiegato il parlamentare 81enne, più volte insultato da Trump con epiteti razzisti rivolti alla moglie, l’ex segretaria dei Trasporti Elaine Chao.

“Se Putin avesse il via libera per destabilizzare l’Europa, invadendo e uccidendo a piacimento, il costo a lungo termine per gli Stati Uniti, sia in dollari che in rischi per la sicurezza, sarebbe astronomicamente più alto della minuscola frazione del nostro Pil che abbiamo investito finora nella difesa dell’Ucraina”, ha aggiunto il leader della minoranza Gop, attaccato dalla destra del suo partito per aver votato fin troppo spesso i provvedimenti della maggioranza dem al Congresso. “La strada per la pace – conclude il senatore in un comunicato scritto ad hoc – consiste nel fornire rapidamente all’Ucraina gli strumenti di cui ha bisogno per raggiungere la vittoria”.
I commenti di McConnell, arrivati una settimana dopo la partecipazione di una cinquantina di deputati e senatori Usa (tra cui McConnell) alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, mettono quindi a tacere le voci di un’imminente fine del sostegno americano a Kiev. In ottica primarie, tuttavia, il conflitto potrebbe infiammarsi proprio sulla politica estera, tema dimenticato nelle ultime campagne elettorali presidenziali. Se è vero che DeSantis si ispira parecchio alle idee di Trump, gli altri due candidati Mike Pence e Nikki Haley (uno candidato in pectore, l’altra ufficialmente in corsa dal 15 febbraio scorso) propongono un atteggiamento più interventista. Ad ogni modo, non è detto che chi vincerà riuscirà a imporsi definitivamente sull’altra fazione. Lo scontro all’interno di un partito lacerato è appena iniziato.