L’accordo di “cooperazione e dialogo” siglato lo scorso 12 dicembre a Bruxelles tra il ministro degli Esteri castrista, Bruno Rodríguez e l’Alto Commissario Ue per la politica estera e la sicurezza comune, Federica Mogherini, ha fatto infuriare non poco gli esiliati cubani – circa due milioni su una popolazione di dieci sono fuggiti dal 1959 ad oggi dall’Avana, soprattutto negli Stati Uniti ma molti anche in Canada ed Unione europea – per non dire dei dissidenti, oggi assai più perseguitati di quando, due anni fa, Barack Obama lanciò il suo appeasement verso la dittatura di Raúl Castro. Un cambiamento epocale verso un regime sempre più al collasso economico che, però, è servito a poco o nulla se è vero che, dal 2014, sono già stati oltre centomila i cubani a scegliere l’esilio.
Il nuovo accordo elimina il “veto istituzionale” imposto nel 1996 dalla cosiddetta “Posizione Comune”, con cui Bruxelles vincolava la concessione di aiuti pubblici e le iniziative delle nazioni e delle aziende statali del Vecchio continente (ma non incideva su quelle private) al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte della dittatura cubana. Con la firma messa in calce da Mogherini, de facto l’Europa ha accettato l’interpretazione cubana dei diritti, assai simile a quella degli ex paesi del “socialismo reale”, e secondo la quale gli unici meritevoli di tutela sono quelli socio-economici e culturali mentre i diritti civili e politici contano zero essendo (a dire dei castristi) solo “manovre dell’imperialismo” per cambiare il regime dell’Avana.Staremo a vedere nei prossimi mesi cosa cambierà questa ciambella di salvataggio europea lanciata alla più antica (e grazie al cielo anche l’ultima) dittatura latinoamericana ma, di certo, non accadeva da 35 anni che tanti figli della revolución rischiassero la vita per sfuggire dal ‘paradiso in terra’ del comunismo in salsa caraibica. Per la precisione dal drammatico esodo di Mariel del 1980, quando a scappare via mare furono centoventicinquemila (molti morirono esattamente come accade oggi nel Mediterraneo, stragi poco pubblicizzate dalla sinistra nostrana quelle dei balseros cubani).“Dopo la morte di Fidel è fondamentale la pressione esterna sulla dittatura, non solo degli Stati Uniti ma anche dell’Europa e degli altri paesi dell’America latina – ammonisce Antonio Rodiles, dissidente e attivista politico nonché coordinatore della Demanda Ciudadana por otra Cuba – altrimenti per noi sarà difficilissimo affrontare un regime tanto crudele e dispotico”.Alla Mogherini – che ha definito l’accordo “storico” mentre il quotidiano Granma celebrava la “morte della Posizione Comune” descrivendo la svolta di Bruxelles come “un vero trionfo della diplomazia cubana della pace” – nei giorni scorsi hanno scritto una lettera una quarantina di dissidenti per chiarire il loro pensiero: “Non ci opponiamo ad un accordo tra Cuba e la Ue che benefici entrambi ma respingiamo che l’implementazione dello stesso non sia condizionata al rispetto delle libertà del nostro popolo”.E mentre all’Avana l’artista dei graffiti Danilo Maldonado, alias “el Sexto”, è in un carcere di massima sicurezza da quando, subito dopo la morte di Fidel, lo scorso 26 novembre fu arrestato per avere scritto “Se fue” (“Se n’è andato” in spagnolo) su un muro dell’hotel Habana Libre – l’europarlamentare svedese Lars Adaktusson, intervistato dal Miami Herald, denuncia che “prima di firmare un simile accordo la Ue avrebbe dovuto chiedere la fine della repressione contro chi pensa differente”.Altrettanto controverso e storico, però, anche l’accordo siglato tra Google e l’agenzia cubana delle telecomunicazioni Etecsa, che permetterà ai cubani di avere maggiore velocità di connessione ed accesso ai contenuti del colosso del mondo digitale made in Usa, in un Paese dove ancora oggi Internet va a singhiozzo. Google ha infatti ricevuto dal regime il permesso di installare i suoi server sull’isola, evitando così il passaggio via Venezuela, da cui arrivavano sinora i contenuti della multinazionale statunitense. Sembrano dunque lontani i tempi in cui lo statunitense Alan Gross fu accusato di spionaggio per aver fornito alla comunità ebraica cubana apparecchiature satellitari e computer anche se, ça va sans dire, il controllo del regime su Internet continuerà ferreo, al pari di quello sulla dissidenza. Soprattutto adesso che le pressioni della “Posizione Comune” europea sulla dittatura cubana sono state definitivamente “seppellite”.Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove?
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