La notizia, se fosse confermata, è di quelle destinate a fare discutere: gli Stati Uniti sembrano voler ritirare ufficialmente la messa al bando di Huawei, il colosso cinese leader nella tecnologia 5G.

Come riportato da Reuters in esclusiva, a quasi un anno dalla decisione di bandire qualsiasi attività della società di Shenzhen dal territorio americano a seguito dei rischi connessi con la sicurezza informatica, Washington fa dietrofront ed apre alla possibilità, per le società americane nel campo delle telecomunicazioni, di collaborare con Huawei per sviluppare una tecnologia 5G (e verosimilmente anche 6G) made in Usa.

L’U.S. Department of Commerce sarebbe infatti vicino a emanare un nuovo regolamento che permetterebbe alle compagnie americane di lavorare con Huawei per stabilire gli standard industriali della nuova tecnologia 5G. In dettaglio il nuovo regolamento, la cui bozza deve essere approvata dal dipartimento del Commercio e successivamente essere approvata dalla Casa Bianca, permetterebbe alle imprese Usa di partecipare a enti di normazione che vedono la presenza della società cinese.

Il governo Usa vuole, infatti, che le compagnie americane restino competitive rispetto al mercato globale della tecnologia 5G e la messa al bando di Huawei ha causato un ritardo tecnologico non indifferente. A riferirlo a Reuters è stata Naomi Wilson, direttrice dell’ufficio per l’Asia dell’Iti, l’Information Technology Industry Council che rappresenta anche colossi come Amazon e Intel.

Al momento il dipartimento del Commercio non rilascia commenti a riguardo e nemmeno Huawei, una fonte del dipartimento di Stato invece riferisce che “sappiamo che il Commercio sta lavorando al regolamento, e siamo favorevoli al cercare una soluzione per questo dilemma”.

A spingere la Casa Bianca verso la ratificazione di un provvedimento simile c’è anche una lettera firmata da sei senatori, inclusi tre “falchi” anticinesi come Marco Rubio, James Inhofe e Tom Cotton, che è stata ricevuta dai segretari del Commercio, di Stato, dell’Energia e della Difesa sull’urgente necessità di emanare regolamenti per la partecipazione degli Stati Uniti agli standard 5G senza i limiti imposti dal bando di Huawei.

Questo ultimo anno in cui tale provvedimento è stato in vigore ha generato incertezza generalizzata nel settore delle telecomunicazioni ad alta tecnologia, tanto che la Risc-V Foundation, produttrice per il Pentagono di preziosi semiconduttori, pochi mesi fa ha trasferito i propri stabilimenti dal Delaware alla Svizzera al fine di garantirsi la collaborazione di aziende straniere nello sviluppo della sua tecnologia open-source.

Al momento non è possibile dire con esattezza cosa stabilirà il dipartimento del Commercio, in quanto la bozza non è nota, né possiamo avere certezza sulla sorta di tale provvedimento durante il necessario passaggio alla Casa Bianca, ma ci sono segnali che indicano la volontà di fare marcia indietro: se lo stesso dipartimento di Stato, presieduto da un Mike Pompeo animato da spirito battagliero nei confronti della Cina, lascia trapelare che sono favorevoli ad una risoluzione della questione, significa quantomeno che il problema è davvero serio, anche al netto delle possibili dinamiche interne al dicastero, emerse in passato ed indicative di una certa “resistenza” alla linea della Casa Bianca.

Una riflessione, pertanto, è d’obbligo e prende le mosse proprio dal divario tecnologico che separa la Cina dagli Stati Uniti: Washington, con un bagno di umiltà ma soprattutto con il ben noto spirito pragmatico americano, sembra non temere di dover smussare gli spigoli della sua guerra commerciale (e geopolitica) verso la Cina che ha in Huawei solo uno dei tanti obiettivi.

Una scelta, se davvero verrà intrapresa, dettata da contingenze prettamente materiali che però avrà un peso enorme dal punto di vista diplomatico: aprire a Huawei, pur con tutti i paletti del caso dato che non si parla ancora di un “via libera” a tutto campo che significherebbe, ad esempio, tornare a permettere il libero utilizzo di strumenti elettronici della società cinese, vorrebbe dire ammettere la propria inferiorità e dover modificare la propria narrazione sulla Cina, anche, ad esempio, sulla diffusione dell’epidemia che pur abbisogna di chiarimenti dato che ormai risulta evidente l’insabbiamento fatto da Pechino nei primi mesi del contagio.

Una mossa che, a prima vista, sembra andare contro quanto la Casa Bianca si appresta a mettere in atto proprio per tutelare la sicurezza dei suoi assetti di intelligence più “delicati”: vi abbiamo già raccontato di come a Washington ci sia la volontà di ritirare gli aerei spia e relativo personale dal Regno Unito se Londra proseguirà con la volontà di dotarsi del 5G cinese.

A prima vista potrebbe sembrare una contraddizione, ma in realtà il tutto si risolve da due punti di vista: tecnicamente la collaborazione tra imprese Usa e Huawei sarebbe limitata a stabilire gli standard tecnologici e non implicherebbe il dipendere da una rete estera potenzialmente “ostile” come avverrebbe per il Regno Unito, diplomaticamente aprire alla possibilità di collaborazione in Patria non esclude necessariamente il continuare ad usare la questione della sicurezza della rete come strumento di pressione diplomatica verso gli alleati, anzi, qualora dovesse nascere un 5G made in Usa (se pur con l’aiutino cinese), assisteremmo quasi sicuramente ad un ulteriore giro di vite di questa politica, proprio per cercare di vendere il “prodotto locale”.