Al termine di una due giorni che lo ha visto protagonista in Giordania, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è volato in Arabia Saudita. Una visita importante quest’ultima: Riad è padrona di casa uscente del G-20, con il testimone passato peraltro proprio all’Italia. Negli ultimi giorni in territorio saudita è stato siglato un accordo che ha messo fine all’embargo con il Qatar, molti movimenti dunque hanno interessato di recente il regno dei Saud. Gli incontri tenuti da Di Maio non sono stati nemmeno di secondo piano, visto che tra gli altri il ministro degli Esteri si è visto all’interno di una tenda con il principe ereditario Mohammad Bin Salman, uomo forte del Paese mediorientale. Eppure il clamore della visita lampo in Arabia Saudita è stato in qualche modo ridimensionato. Fino a domenica sera a dare notizia dell’incontro tra Di Maio e Bin Salman era stata soltanto l’agenzia di stampa saudita, Spa. Dalla Farnesina invece bocche cucite: su Twitter l’unico riferimento alla presenza del titolare del dicastero degli Esteri nel regno dei Saud è all’incontro con il suo omologo, Faisal bin Farhan. Soltanto nella mattinata di lunedì è apparso un comunicato dove emergeva il colloquio con il principe ereditario.

Accordo per un memorandum con l’Arabia Saudita

Il Paese arabo è il principale produttore di petrolio. Da sempre Riad ha trainato politicamente ed economicamente l’Opec, il cartello cioè che racchiude alcuni dei principali esportatori di oro nero. E da qualche anno sauditi e russi dialogano, seppur a fasi alterne, nell’ambito del cosiddetto “Opec Plus“. Nel 2019, prima quindi della pandemia che ha drasticamente ridotto i consumi, l’Arabia Saudita era il quinto Paese fornitore di petrolio dell’Italia, con una quota dell’8.4%. Cifre che testimoniano un rapporto molto stretto tra il regno mediorientale e Roma. Anche perché il nostro Paese è il nono partner commerciale dell’Arabia Saudita, con esportazioni verso la penisola arabica in grado di ammontare a 3.279 miliardi di Euro nel 2019. Ecco quindi che le relazioni tra italiani e sauditi hanno storicamente assunto un’importanza cruciale. Per di più il governo di Riad è impegnato nella realizzazione del cosiddetto programma “Vision 2030“, ideato da Bin Salman per diversificare l’economia e renderla meno dipendente dal petrolio.

In quest’ottica il mercato saudita anche per l’Italia appare molto ghiotto. Si calcola, come sottolineato da AgenziaNova, che almeno settanta aziende italiane lavorano in Arabia Saudita. Su questa scia, Luigi Di Maio con l’omologo Faisal bin Farhan ha firmato un memorandum volto ad avviare ulteriori progetti tra le parti. L’accordo è stato siglato nella cittadina di Al Ula, la stessa dove pochi giorni fa è stata sancita la fine delle dispute politiche con il Qatar: “A conclusione dell’incontro con il suo omologo saudita – si legge nel comunicato della Farnesina – i due Ministri hanno firmato un Memorandum of Understanding per l’avvio del dialogo strategico bilaterale Italia-Arabia Saudita”. Circostanza confermata anche dal quotidiano saudita Arab News, il quale ha riferito anche della soddisfazione di Di Maio per la fine dell’embargo nei confronti di Doha.

Una visita scomoda?

Tuttavia dagli stessi organi di informazione del nostro ministero degli Esteri non è stata data molta rilevanza agli incontri in Arabia Saudita. Alle 20:01 di domenica sul canale Twitter della Farnesina sono spuntate due foto che ritraevano Di Maio e bin Farhan: “Il colloquio – si legge nel post – si è concluso con la firma del Memorandum of Understanding per l’avvio del dialogo strategico bilaterale”. Nessun cenno all’incontro con Mohammad Bin Salman. In compenso, scorrendo la pagina del canale Twitter del ministero degli Esteri, ampio spazio mediatico è stato dato alla visita di Di Maio in Giordania, prima tappa del tour mediorientale dell’ex leader del Movimento Cinque Stelle. Perché, viene da chiedersi, una simile differenza nella narrazione delle due visite? Le foto di Di Maio seduto all’interno di una tenda del deserto con il principe ereditario sono state diffuse soltanto da parte saudita in tarda serata.

La risposta risiede forse nella circostanza di aver considerato scomodo, da parte di Di Maio, farsi ritrarre con Mohammad Bin Salman. Quest’ultimo non è considerato certo un “campione” in fatto di diritti umani. Sono tanti i dossier scottanti che lo riguardano: dall’omicidio Kashoggi, il giornalista contrario alla sua politica fatto a pezzi il 2 ottobre 2018 all’interno del consolato saudita di Istanbul, alla guerra nello Yemen, passando per le persecuzioni contro gli sciiti nella regione del Qatif. Elementi che hanno messo profondamente in discussione l’immagine di Bin Salman quale giovane “riformatore”. Farsi vedere in sua compagnia, per Di Maio avrebbe potuto significare creare imbarazzi soprattutto all’interno del Movimento Cinque Stelle, in cui le discussioni sui diritti umani sono molto forti. Basti pensare alla pressione sul governo attuata dal presidente della Camera Roberto Fico, esponente grillino, in relazione al caso Regeni in Egitto. L’ex numero uno dei Cinque Stelle ha provato il più possibile a “nascondere” quindi il colloquio cordiale avuto con il principe ereditario saudita. Ma il dado è tratto: da ministro degli Esteri Di Maio altro non ha potuto fare, ancora una volta, se non rendersi conto che quando si è seduti al governo difficilmente le ragioni della realpolitk possono andare in secondo piano.

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