Donald Trump si prepara ad annunciare la terza corsa presidenziale consecutiva in seno al Partito Repubblicano e la sfida parte nella maniera di molte che, tante volte, l’ex inquilino della Casa Bianca ha dovuto affrontare: in salita. Ormai appare chiaro che lo spauracchio di The Donald ha mobilitato più della media l’elettorato democratico alle recenti midterm e ha bloccato molti elettori incerti dal votare repubblicano, aprendo la strada alla mezza sconfitta del Grand Old Party. Proiettato sì a rovesciare a suo favore il controllo della Camera, ma costretto a cedere un seggio al Senato e due incarichi di governatore a favore del partito dell’Asinello.

Trump polarizza al voto

Come ha riportato un sondaggio Nbc, “a livello nazionale, il 32% degli elettori nel 2022 ha dichiarato che il loro voto era per opporsi a Joe Biden“. Ma “il 28% ha detto che il loro voto era per opporsi a Donald Trump”, anche se Trump non detiene alcun incarico. Ciò suggerisce che “il continuo dominio di Trump sul Grand Old Party ha reso le elezioni del 2022, nella mente degli elettori, un referendum quasi tanto su un ex presidente sconfitto quanto sull’attuale presidente e partito al potere”. Una situazione senza precedenti che è il rovescio della medaglia che vede Trump, dal gennaio 2021, di fatto capo dell’opposizione.

Gli elettori indipendenti “costituivano il 31% dell’elettorato e hanno favorito i democratici rispetto ai repubblicani con un margine del 49% al 47%, una netta rottura rispetto agli ultimi quattro midterm in cui hanno votato a due cifre per il partito che non controllava il potere”.

DeSantis stacca Trump in cinque Stati

Con il bicchiere delle midterm nelle migliori delle ipotesi mezzo vuoto per il Partito Repubblicano, Trump è costretto a incassare il trionfo di Ron DeSantis in Florida e la riconferma sonora del suo avversario interno Brian Kemp, governatore della Georgia. Ora i sondaggi danno contro a The Donald proprio nei confronti dell’astro nascente DeSantis.

Secondo un recente sondaggio di un importante think tank conservatore, il Club for Growth, commissionato all’agenzia WPAi Intelligence poco dopo le midterm, Ron DeSantis è dato avanti in diversi Stati chiave. Il governatore della Florida sarebbe avanti a Trump di 11 punti tra i Repubblicani residenti in Iowa, con cui nel 2024 si apriranno le primarie repubblicane. DeSantis risulta essere in vantaggio su Trump col 52% contro il 37% di Trump nelle preferenze del New Hampshire, un altro Stato tra i primi a essere interessati dalle primarie. E DeSantis vola in Georgia (55-35) oltre, ovviamente, al suo Stato nativo: 56-30, in questo caso. In tutti e quattro gli Stati, nota Us News, Trump ad agosto era avanti, compresa la Florida sempre più “rossa” dopo la rielezione a valanga di DeSantis.

Il presidente del Club for Growth David McIntosh si è unito ad altri repubblicani nell’esortare Trump a non annunciare una candidatura per il 2024 in tempi così brevi, ritenendolo un fattore potenzialmente danneggiante in vista del ballottaggio del Senato in Georgia all’inizio di dicembre.

Anche il Texas Tribune ha pubblicato un sondaggio interessante poco dopo la rielezione brillante del governatore Greg Abbott contro il democratico Beto O’Rourke: è stato chiesto ai votanti conservatori del Texas in vista delle primari edel 2024 per chi voterebbero tra sei candidati repubblicani, tra cui DeSantis e Trump. DeSantis “è stata la prima scelta, con il 43% degli intervistati che ha dichiarato che voterebbe per lui se le elezioni primarie si tenessero oggi. Trump è arrivato al secondo posto con il 32%”. Una vittoria netta che mostra però, nelle sue pieghe, la divisione del partito e soprattutto il suo spostamento a destra, dato che il sostegno di DeSantis tra gli elettori intervistati “è salito al 66% quando è stato chiesto loro di una situazione in cui Trump avrebbe rifiutato di candidarsi nel 2024”. Insomma DeSantis è considerato alternativo a Trump ma un second best tutt’altro che di basso valore dagli stessi trumpiani. Mentre al contrario chi sostiene DeSantis non ne vuole sapere del ritorno al passato, per quanto recente.

In quest’ottica verrebbe meno anche la tradizionale arma di Trump di giocare a suo favore le divisioni interne al Partito Repubblicano che già in passato gli hanno permesso di scalarlo da outsider. The Donald ha fatto in passato piazza pulita dei centristi, ha posizionato su posizioni conservatrici ortodosse la formazione aggiungendovi elementi nazionalisti e populisti.

Il fattore Trump spacca i Repubblicani?

Dopo il caos di Capitol Hill del 6 gennaio 2021, però, Trump ha perso anche il sostegno di parte dei conservatori vecchio stampo che lo avevano appoggiato, ha imbarcato al suo fianco figure discutibili, seguaci di QAnon e, soprattutto, portavoce della non dimostrata teoria del complotto elettorale democratico nel novembre 2020. DeSantis, ex trumpiano di ferro, si è attentamente distanziato da questa visione e ha mantenuto un profilo operativo, amministrativo e solidamente istituzionale che gli ha fatto guadagnare credito. E proprio lui appare oggi la figura capace di ricucire, piuttosto che dividere ulteriormente il partito. A Trump non è restato che provare a colpire in contropiede sulla presunta ingratitudine del governatore. “Ron DeSantis deve il suo governatorato a Donald Trump e sfidarlo nel 2024 sarebbe un atto di slealtà traditore”, ha detto Roger Stone, consigliere di lunga data di Trump.

Quel che è certo è che le elezioni di metà mandato hanno intaccato la percezione pubblica di Trump come “kingmaker” all’interno del Partito Repubblicano e reso la battaglia per il cuore e l’anima del Partito dell’Elefantino contendibile per la prima volta dal 2016, anno del ciclone elettorale del trumpismo. Riassorbito il ribellismo trumpiano sulla pandemia, divenuta oramai istituzionale la postura critica verso Paesi come la Cina, avallata anche dai Democratici, proseguite dopo il Covid le politiche economiche e commerciali avviate dalla Casa Bianca e dimostrato, di fatto, che il trumpismo non è stato un accidente della Storia i Repubblicani non l’hanno più percepito come un’anomalia, ma come una componente del loro Dna politico. E DeSantis rappresenta, in quest’ottica, il conservatorismo post-Trump in assenza di trumpismo: un fenomeno capace di sopravvivere politicamente e, anzi, di conquistare con l’animo libertario, il richiamo ai valori conservatori e il focus su libertà d’impresa, bassa tassazione e sicurezza anche elementi elettorali delle minoranze, ispanici in testa. Trump, però, è uomo che non ama le mezze misure. Non ha accettato la sconfitta elettorale del 2020 pur avendo conquistato ben 74 milioni di voti, una base di consenso notevole; non accetterà oggi un delfino capace di smussare i toni dei suoi discorsi portandone avanti, di fatto, gli issues.

L’ex Presidente vuole competere e correre, carico di spirito di rivincita contro i Democratici e contro i presunti traditori al suo stesso Partito. L’unico presidente capace di tornare in sella dopo un mandato di opposizione fu il democratico Grover Cleveland che dopo il mandato 1885-1889 cedette la Casa Bianca a Robert Harrison dopo la sconfitta al voto del 1888 salvo prendersi la rivincita nel 1892, governando poi dal 1893 al 1897. Richard Nixon perse nel 1960 contro John Fitzgerald Kennedy e si prese la rivincita otto anni dopo, nel 1968, venendo poi riconfermato nel 1972, ma in entrambi i casi parliamo di un altro mondo. Per nessun altro candidato contendente per i due massimi partiti Usa, escluso il caso straordinario dei mandati bellici di Franklin Delano Roosevelt, si è più manifestata la possibilità di una riscossa elettorale dopo una sconfitta presidenziale. E parliamo in tutti i casi di presidenti molto meno divisivi di Trump anche all’interno dei loro stessi partiti. La congiuntura astrale sembra tutt’altro che favorevole a The Donald. Il quale, però, abitua da tempo a sparigliare: anche nel 2016, in fin dei conti, era un outsider e ha ribaltato ogni pronostico. Mai sottovalutare una corsa al potere di un uomo ambizioso e instancabile come l’ex presidente, anche dopo il doppio scivolone di Capitol Hill e delle midterm.

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