L’Africa continua ad essere una regione chiave per le ambizioni globali della Cina. Accanto ai molteplici accordi economici stilati tra Pechino e i governi africani locali, ai corposi investimenti del Dragone nel settore infrastrutturale (e non solo), e al soft power incarnato dalla Belt and Road Initiative, c’è un evidente interesse geopolitico perseguito dal gigante asiatico nel corteggiare l’intero continente.

Da un lato, se il governo cinese auspica di diventare il megafono del cosiddetto Sud Globale, ovvero di quell’insieme di Paesi in via di sviluppo da riunire al fine di creare una comunità con la quale scardinare l’attuale ordine internazionale, percepito dalla Cina come a “trazione Occidentale”, allora l’Africa è il cuore di questo gruppo. Dall’altro, Xi Jinping continua, seppur con toni meno roboanti rispetto al passato, a tenere alta la bandiera della richiamata Belt and Road Initiative.

La Nuova Via della Seta può ancora giocare un ruolo chiave agli occhi della Repubblica Popolare Cinese, soprattutto se i suoi progetti saranno focalizzati, come sta avvenendo da qualche anno, non più in Europa e nei ricchi mercati occidentali, bensì in luoghi altamente strategici per le esigenze cinesi. 

La nuova strategia cinese in Africa

Il continente africano, in virtù della sua posizione geografica e per le ricchissime risorse contenute nel suo sottosuolo, è in cima alla lista delle aree d’interesse della Cina. Rispetto al passato, è tuttavia importante sottolineare alcune dinamiche in corso per evidenziare il recente atteggiamento tenuto da Pechino nei confronti dell’Africa.

Innanzitutto, è vero che i prestiti cinesi all’Africa sono diminuiti significativamente negli ultimi anni, ma anziché parlare di “disinteresse cinese” sarebbe doveroso evidenziare la nuova strategia del Dragone. Una strategia non più volta a riversare soldi ovunque, ma solo dove necessario. Nel 2021 e nel 2022, la Cina ha assunto 16 nuovi impegni di prestito per un totale combinato di 2,22 miliardi di dollari ai Paesi africani, a significare due anni consecutivi di prestiti al continente inferiori a 2 miliardi di dollari, secondo i recenti dati del Global Development Policy Centre della Boston University.

Nel suo database dei prestiti cinesi per l’Africa, il centro ne ha monitorati sette del valore di 1,22 miliardi di dollari, che i prestatori cinesi hanno firmato con i governi locali nel 2021, e altri nove, per un importo di 994,48 milioni di dollari, riferiti all’anno scorso. Si nota che c’è stato un calo, sia del numero che del valore dei prestiti rispetto agli anni pre-pandemia. Dagli anni pre pandemia, tra il 2017 e il 2019, agli anni della pandemia (2020-2022), le medie dei prestiti sono diminuite del 37%, passando da 213,03 milioni a 135,15 milioni di dollari.

Senegal, Benin, Costa d’Avorio, Angola, Uganda, Ghana, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo sono stati i mutuatari nel 2021-2022. Di questi, sono stati i Paesi dell’Africa occidentale, che storicamente hanno sempre ottenuto meno prestiti dalla Cina, che si sono distinti per aver incamerato la quota maggiore di denaro.

Da oriente a occidente

In effetti, 1,92 miliardi di dollari – l’86% del denaro cinese – sono stati destinati in progetti di finanziamento in Africa occidentale, con Senegal, Benin e Costa d’Avorio risultati tra i principali mutuatari del supporto cinese. Il Senegal, nello specifico, ha preso in prestito 923 milioni di dollari nei due anni dalla Cina per finanziare la costruzione di strade, centri dati e progetti idrici, il Benin ha ricevuto 710 milioni di dollari mentre la Costa d’Avorio 200 milioni di dollari in impegni di prestito. Al contrario, solo due dei primi 10 mutuatari storici – Angola e Ghana – hanno ricevuto impegni di prestito durante questo stesso periodo.

“Data l’importanza del prestito dell’Africa meridionale e orientale, il prestito dell’Africa occidentale nel 2021-2022 è degno di nota”, ha affermato lo studio sopra citato. I ricercatori della Boston University hanno affermato che una possibile spiegazione di tale tendenza potrebbe essere il ritardo nell’inclusione ufficiale della regione nella Belt and Road Initiative, e il fatto che siano stati sviluppati più progetti connessi alla stessa BRI in tutta l’Africa orientale, come la Ethiopia-Djibouti Standard Gauge Railway (SGR) nel 2013 e la SGR keniota nel 2014. Detto altrimenti, gli impegni di prestito per l’Africa orientale hanno raggiunto il picco nel 2013, ma hanno raggiunto il picco nell’Africa occidentale soltanto nel 2018, guidati principalmente dai prestiti al Ghana e alla Nigeria.

Unire gli oceani

Il focus cinese si è dunque spostato dall’Africa orientale a quella occidentale. È lecito supporre che Pechino voglia raggiungere le due coste africane, collegando non solo idealmente, il Corno d’Africa alla sua sponda opposta. La Nigeria e in questo senso il Paese cardine sul quale far terminare questa “autostrada infrastrutturale” che taglia in due, orizzontalmente, il continente. 

Nel febbraio 2021, la Nigeria ha commemorato i 50 anni di instaurazione di relazioni diplomatiche ufficiali con la Cina. In questo lasso di tempo, gli impegni economici tra i due Paesi sono cresciuti in modo significativo, dalla prima ondata di investimenti cinesi di Hong Kong negli anni ’60 a una situazione in cui ci sono circa 1000 aziende cinesi operative nel paese. La Nigeria, inoltre, è stata selezionata, nel 2006, per ospitare due delle prime sei zone economiche speciali (ZEE) che il governo cinese si è impegnato a sviluppare in Africa: la zona di libero scambio Lekki (LFTZ) e la zona di libero scambio di Ogun Guangdong (OGFTZ). Il Golfo di Guinea potrebbe chiudere il cerchio con il Corno d’Africa e risultare la sponda mancante della Cina. Che potrebbe così raggiungere, per vie traverse, le acque dell’Atlantico.

Dacci ancora un minuto del tuo tempo!

Se l’articolo che hai appena letto ti è piaciuto, domandati: se non l’avessi letto qui, avrei potuto leggerlo altrove? Se non ci fosse InsideOver, quante guerre dimenticate dai media rimarrebbero tali? Quante riflessioni sul mondo che ti circonda non potresti fare? Lavoriamo tutti i giorni per fornirti reportage e approfondimenti di qualità in maniera totalmente gratuita. Ma il tipo di giornalismo che facciamo è tutt’altro che “a buon mercato”. Se pensi che valga la pena di incoraggiarci e sostenerci, fallo ora.