Nella sua corsa alla rielezione nel nuovo ballottaggio contro Emmanuel Macron il presidente uscente ha vinto con un margine ritenuto insperato fino a pochi giorni fa: 58% contro 42%. Nuovamente sconfitta Marine Le Pen, che però rispetto al 2017 è avanzata di otto punti al ballottaggio ed è riuscita laddove sia in prima persona lei nel 2017 che il padre Jean-Marie nel secondo turno del 2002 avevano fallito: essere maggioritari al ballottaggio in delle regioni francesi.

Ed è proprio l’analisi geografica del voto a consentirci di capire i trend elettorali. Macron assorbe la maggioranza dei voti andati a Jean-Luc Mélenchon nei grandi centri urbani e nella Francia centrale e occidentale, tocca l’85% dei consensi a Parigi ed è sopra il 70% in 24 città oltre i 100mila abitanti su 42, mentre la Le Pen conquista soprattutto consensi in periferia. Ed è proprio la “mina” della sconfessione di Macron nelle regioni periferiche che lascia presagire le difficoltà che il Presidente dovrà affrontare in alcuni contesti nei prossimi anni.

Due regioni della Francia continentale premiano, in leggera maggioranza, la Le Pen: l’Hauts-de-France, all’estremo Nord-Est, con il 52,13% dei consensi, e la Provence-Alpes-Cote d’Azur, al confine con l’Italia, con il 50,48%. Sono regioni caratterizzate da forti malesseri tra elettorato urbano e periferie, in cui è forte il timore per l’immigrazione. Ma ancora più significativa è la vittoria dei lepenisti in Corsica. L’isola mediterranea è un campione ristretto, con un bacino elettorale di poco più di 100mila unità, ma i 77mila voti raccolti dalla Le Pen e il 58,08% conquistato sono un risultato che Macron, nell’analisi di un voto che lo ha premiato, deve studiare con attenzione: sono il segno di una disaffezione della Corsica verso l’autorità centrale di Parigi. La regione autonomista per eccellenza arriva a premiare gli ultranazionalisti pur di punire la percepita ostilità nei suoi confronti di un potere parigino avente il suo simbolo in Macron: il presidente è accusato di aver tradito le promesse elettorali del 2017 ignorando le richieste sull’adozione del bilinguismo, il rafforzamento dei collegamenti marittimi e aerei della Corsica col continente e il trasferimento sull’isola dei prigionieri politici autonomisti o indipendentisti detenuti nelle carceri metropolitane. Dopo ’aggressione in carcere di Yvan Colonna, figura simbolo dell’indipendentismo morta per le ferite riportate il 21 marzo scorso, la collera è esplosa e si è manifestata in un voto di protesta che ha portata importante. Parigi dovrà indubbiamente occuparsi della Corsica negli anni a venire.

Così come dovrà occuparsi dell’Oltremare che ha sconfessato la linea dell’Eliseo. Dalle Americhe all’Oceano Indiano è infatti sorprendentemente la Le Pen a vincere tra l’elettorato delle ultime parti residue dell’ex impero coloniale, che oggi partecipano a pieno titolo all’elezione del Capo dello Stato. Macron vince nei dipartimenti del Pacifico (Nuova Caledonia, Wallis e Futuna e Polinesia Francese), ma perde in Martinica (Le Pen al 60%), Guadalupa (69,60% per la candidata sovranista) e Guyana Francese (60,70% contro il 39,30% di Macron) nell’America centro-meridionale e caraibica fedele alla Republique. Martinica e Guadalupa erano esplose nei mesi scorsi  dopo che  delle rivolte popolari contro le restrizioni sanitarie, iniziate il 17 novembre, hanno spinto l’Eliseo a inviare dei reparti speciali per ripristinare l’ordine. Segno di un profondo malessere legato al declino di regioni dipendenti da un turismo globale oggi anemico e ritenute dimenticate dalla metropoli. La Guyana soffre invece da tempo di una vera e propria sottovalutazione da parte di Parigi, tanto che il premier Jean Castex è stato, ai tempi dell’inizio della pandemia, colto in fallo definendola come “un’isola”.

A sorpresa la Le Pen ha conquistato anche altre piccole perle dell’ex impero francese: nell’Oceano Indiano è prima con poco più del 51% dei voti anche a La Reunion, ove conquista Saint Pierre e Saint Denis, le uniche città francesi sopra i 100mila abitanti da lei vinte. L’isola dell’Oceano Indiano è stata negli anni scorsi il teatro delle più dure proteste “tropicali” dei Gillet Gialli, a causa del caro-vita e del caro-benzina in particolare che impattano sulle condizioni di vita della popolazione locale. E vota col 59% lepenista anche Mayotte, isola periferica vicina a Mozambico e Madagascar che rappresenta la quintessenza dell’Oltremare: a Mayotte il francese non è nemmeno la prima lingua, la cultura è influenzata da quella di Madagascar e Isole Comore, la religione maggioritaria è l’Islam.

Dalla Corsica all’Oltremare si assiste dunque a una serie di voti che segnano la capacità della Le Pen di posizionarsi, ove si presentano situazioni di difficoltà, come portavoce della rivolta contro il potere centrale ritenuto distante. Non abbastanza per governare, ma un risultato che indubbiamente farà scattare diversi campanelli d’allarme all’Eliseo. Dopo le presidenziali del 2017 e le Europee del 2019, dunque, anche il voto del 2022 segna una geografia precisa tra centro e periferia. E Macron dovrà dimostrarsi in grado di rispondere a rabbia, delusioni e preoccupazioni di una parte consistente del suo popolo. Così da poter vincere anche la pace dopo aver concluso con successo la sua seconda battaglia elettorale.