Xi Jinping aspira a essere molto più che il semplice presidente della Cina. Già questo potrebbe essere un eufemismo, visto che guidare la nazione più popolosa al mondo, la stessa che dovrebbe presto superare gli Stati Uniti come prima economia globale, ha consentito a Xi di diventare “l’uomo più potente del mondo”.

Nell’ultima classifica stilata da Forbes sulle 100 figure più influenti del pianeta, nel 2018, il leader cinese occupa la prima posizione, davanti a Vladimir Putin, Donald Trump e Angela Merkel. Negli ultimi due anni il potere di Xi è aumentato ancora. All’interno della Cina il suo pensiero “sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” è entrato nella Costituzione (un onore, prima di lui, toccato solo Mao Zedong e Deng Xiaoping).

All’esterno della nazione, la narrazione sul Sogno cinese portata avanti da Xi sta lentamente offuscando lo storico Sogno americano, mentre il mastodontico progetto della Nuova Via della Seta è fondamentale tanto per oliare il commercio della Repubblica popolare, quanto per consentire a Pechino di stringere nuove amicizie diplomatiche.

La filosofia del go

Dovessimo fare un primo paragone per aiutare i lettori a inquadrare la figura di Xi Jinping, potrebbe essere utile equiparare il presidente cinese a un giocatore di go. Nato in Cina circa 2500 anni fa, e molto diffuso in Asia Orientale, il Go è un gioco da tavolo che ricorda vagamente gli scacchi. C’è tuttavia una differenza fondamentale tra i due passatempi. Mentre l’obiettivo degli scacchi è quello di far cadere il re con una mossa secca e diretta, nel go ci si basa su un paziente piano di accerchiamento dello stesso.

L’avversario non viene colpito ma accerchiato su tutti i fronti finché, incapace di muoversi, diventa innocuo. “Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento bensì sottomettere il nemico senza combattere”, scriveva Sun Tzu nel trattato L’arte della guerra. Lo stesso principio millenario si riscontra nell’altrettanto millenario go e, riadattato al tempo moderno, anche nella politica estera di Xi Jinping.

Le affinità con gli imperatori del passato

L’impatto che Xi ha avuto sulla Cina del XXI secolo richiama, a grandi linee, le gesta di alcuni imperatori cinesi del passato. Qin Shi Huangdi (221-210 a.C.), fondatore dell’Impero, unificò il Paese archiviando secoli di guerre, ma soprattutto piantò il seme dal quale sarebbe nato un assetto istituzionale rimasto inalterato per due millenni abbondanti. È il concetto del tianxia, cioè del mondo civilizzato che, nel pensiero del Primo Augusto Imperatore dei Qin, combaciava con l’impero cinese. In un certo senso anche Xi Jinping ha riesumato questo concetto, considerando la Cina il nuovo centro civilizzato del pianeta.

Ma è probabilmente Wu degli Han, l’imperatore che governò dal 206 a.C. Al 9 d.C, ad assomigliare di più all’attuale leader cinese. Negli anni di Wu, l’impero cinese si rafforzò, furono costruire opere infrastrutturali e fiorirono i commerci. È sempre in questa fase storica, tra l’altro, che le spedizioni di Zhang Qian gettarono le prime fondamenta della Via della Seta, idea inserita da Xi nella Belt and Road Initiative.

Le divergenze tra Xi e Mao

A ben vedere Xi Jinping potrebbe essere accostato a Mao Zedong. Ridurre l’attuale presidente a semplice erede di Mao è tuttavia quanto mai fuorviante e riduttivo. Intanto perché i due leader hanno vissuto in epoche differenti, quindi in due Cine diverse tra loro, con dinamiche politiche e sociali inconfrontabili.

Ma è da un punto di vista tecnico che le figure sono assai divergenti. Mao aveva un sogno rivoluzionario mentre Xi rifugge da qualsiasi cosa possa anche lontanamente assomigliare a una rivoluzione. Quest’ultimo, al contrario, punta al sogno imperiale, all’ordine e all’armonia; non intende, inoltre, fare tabula rasa del passato. Anzi: Xi Jinping si batte affinché le radici della Cina odierna affondino nella tradizione imperiale.

Altre differenze sostanziali tra i due: Xi non considera la burocrazia del Partito una “minaccia”, quanto lo strumento con cui realizzare il “rinascimento” della nazione cinese. Dulcis in fundo, Xi è il primo e unico leader cinese che può guardare i suoi predecessori dall’alto al basso. Il motivo è semplice: Mao Zedong, al netto di qualche simpatia terzomondista, al di fuori dei confini nazionali contava come il due di picche. Più in generale, possiamo dire che il peso del Grande Timoniere in campo internazionale, al contrario di Xi, è sempre stato irrisorio.

Il codice civile e Napoleone

L’ultimo paragone? Xi Jinping come Napoleone Bonaparte, grazie al primo codice civile che sarà presto varato in Cina. È dal 2014 che il leader cinese ha chiesto ai giuristi di completare il primo codice civile della storia del Paese, seguendo idealmente le orme di Napoleone in Francia. Oggi è arrivato il momento tanto atteso. Il Comitato costituzionale e legislativo dell’Assemblea nazionale del popolo cinese (Npc) ha deliberato il progetto di Codice civile.

Secondo quanto riferisce l’agenzia ufficiale di stampa cinese Xinhua, durante le deliberazioni, i deputati dell’Npc hanno considerato il progetto di codice civile relativamente maturo e hanno proposto di metterlo ai voti durante la sessione. Il comitato ha presentato una relazione sui risultati delle deliberazioni sul progetto di codice civile e un progetto rivisto, e li riferirà al presidio della sessione.

Con 1.260 articoli, si tratta del disegno di legge più complesso al vaglio dei delegati, l’unico ufficialmente denominato “codice”. Il testo è considerato la costituzione civile della società moderna cinese. Il progetto è composto da disposizioni generali e sei parti relative a proprietà, contratti, diritti della persona, matrimonio e famiglia, eredità e responsabilità civile.

Fra le novità più importanti, la nascita del primo “codice per la privacy” per gli 1,4 miliardi di cittadini della Cina. Senza scendere troppo nei dettagli del codice, è importante sottolineare come Xi, grazie a questa novità, sembri intenzionato a mediare tra i valori del singolo individuo e i retaggi del collettivismo cinese.





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