Così diversi, così uguali, il premier magiaro Viktor Orban e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan hanno qualcosa in comune: entrambi vedono nel finanziere liberal George Soros, fondatore dell’Open Society Foundations, un nemico esistenziale per le rispettive nazioni; nondimeno il magnate cita spessissimo i due “autocrati” come due pericolosi nemici della democrazia liberale e della società aperta. Impossibile d’altro canto far conciliare due visioni del mondo così lontane fra loro come il fiero nazionalismo conservatore dei due leader con il globalismo open borders e progressista di Soros. Orban ed Erdogan, cristiano il primo, islamico il secondo, ambedue accusano il finanziere di mettere in atto azioni sobillatrici – attraverso la sua rete filantropica e non solo – contro Ungheria e Turchia.
Erdogan: “Kavala feccia di Soros”
Le recenti dichiarazioni del presidente turco sul caso Kavala la dicono lunga su quest’inimicizia radicata. Come riporta l’Agi, Erdogan ha espresso parole molto dure nei confronti degli ambasciatori di 10 diversi Paesi, minacciati di espulsione dopo che avevano lanciato un appello congiunto per la liberazione del filantropo Osman Kavala, in carcere in Turchia da 1.451 giorni e in attesa di giudizio. “Non possiamo permetterci il lusso di mantenere nel nostro Paese queste persone. Non è nel loro ruolo dare lezioni che per noi sono inaccettabili. Stiano nei limiti delle proprie funzioni”, ha detto Erdogan, che ha poi definito Kavala come “feccia di Soros”. Lunedì scorso gli ambasciatori di Stati Uniti, Canada, Francia, Finlandia, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia avevano chiesto alla Turchia di rispettare i trattati internazionali e di liberare Kavala dalla detenzione preventiva.
“Soldi dal magnate”
L’Open Society Foundations ha replicato a Erdogan, esortando oggi il presidente “a smettere di invocare il nome di George Soros nel tentativo di oscurare i fatti sul caso di Osman Kavala, l’uomo d’affari e filantropo che ha trascorso quattro anni in prigione con accuse fasulle. Il linguaggio offensivo del presidente Erdogan su George Soros, un uomo che il suo governo ha accolto a Istanbul, è uno sforzo per distrarre dal semplice fatto che Osman Kavala è innocente e dovrebbe essere rilasciato”, ha affermato Mark Malloch-Brown, presidente di Open Society Foundations. Sempre l’Agi sottolinea che il filantropo turco si trova in carcere in Turchia in attesa di giudizio dal 2017; l’accusa a suo carico è di tentata eversione dell’ordine costituzionale per gli scontri avvenuti per il parco Gezi, a Istanbul, nel 2013, che secondo il pubblico ministero puntavano a rovesciare il governo. Qual è il legame fra Kavala e George Soros?
Il filantropo turco ha fatto parte del comitato consultivo della fondazione nazionale di Open Society in Turchia prima della sua chiusura nel 2018. Non è la prima volta che Erdogan accusa Soros e Kavala di tramare nell’ombra contro il suo governo: nel 2018, il Sultano aveva dichiarato che Osman Kavala – al tempo già detenuto – era stato finanziato e aiutato da Soros, almeno fin dal 2013, quando le imponenti proteste di piazza Gezi avevano fatto vacillare il governo. È anche vero che il rapporto fra Erdogan e Soros non è sempre stato così pessimo: nel 2003 i due si videro in un incontro “molto cordiale” in occasione del forum di Davos, ed Erdogan chiese al fondatore dell’Osf di perorare la causa dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea. Due anni più tardi il magnate fu addirittura accolto nel Paese turco con tutti gli onori.
Orban e gli altri: perché i leader temono il finanziere
Il 91enne speculatore, attraverso l’Open Society Foundations, finanzia partiti politici, organizzazioni non governative politicizzate, onlus che favoriscono l’immigrazione e associazioni progressiste con l’intento di plasmare le società e condizionare le politiche nei Paesi. Per i suoi sostenitori si tratta di un’attività non solo pienamente legittima ma anche necessaria per “esportare” un po’ di democrazia e rafforzare il rispetto dei diritti umani in luoghi dove lo stato di diritto viene minacciato da leader autocrati; per i leader che lo avversano, al contrario – a cominciare dai già citati Erdogan e Orban, ma anche Vladimir Putin e l’ex Presidente Usa Donald Trump – con i suoi finanziamenti il magnate s’intromette negli affari interni e nella sovranità dei rispettivi Paesi, con il tentativo di destabilizzare e quindi “sostituire” dei leader pienamente legittimi. Non è un “complotto” come direbbe qualcuno ma è un’attività nota di cui lo stesso Soros parla apertamente. In un’intervista del maggio 2014 rilasciata alla Cnn, il finanziere di origini ungheresi ammise, ad esempio, di essere responsabile della creazione di una fondazione a Kiev che contribuì alla cacciata dell’allora presidente filo-russo Viktor Yanukovych. In maniera del tutto analoga, nel 2003, alcune delle organizzazioni da lui supportate, diedero vita alla “Rivoluzione delle rose” in Georgia.
L’attività di Soros in Italia
Anche in Italia il magnate ha fatto sentire la sua presenza: tra il 2017 e il 2018, infatti, stando all’inchiesta pubblicata dall’agenzia Adnkronos, la sua organizzazione versò oltre otto milioni e mezzo di dollari nelle casse di quegli enti che si prefiggono come obiettivo la creazione di una società più aperta e accogliente. Come ricorda IlGiornale.it, l’attività in Italia del finanziere di origine ungheresi con ambizioni filantropiche, che si ispira al filosofo Karl Popper, è storia degli ultimi 30 anni. Amico di Romano Prodi, Soros diventa celebre nel nostro Paese durante il cosiddetto “mercoledì nero” del 16 settembre 1992, quando la lira italiana e la sterlina inglese sono costrette ad uscire dal Sistema Monetario Europeo (Sme) a seguito di una speculazione finanziaria da lui condotta attraverso il fondo Quantum. Quel giorno, lo “squalo” della finanza vende lire allo scoperto comprando dollari, costringendo così la Banca d’Italia a vendere 48 miliardi di dollari di riserve per sostenere il cambio e portando la nostra moneta a una svalutazione del 30%.