Alla fine Recep Tayyip Erdogan sembra essere riuscito nel suo intento: conquistare Afrin sfruttando la violenza dei suoi sgherri, quei “ribelli moderati” dell’Esercito siriano libero , tanto glorificati in questi anni dalle maggiori testate nazionali e internazionali come combattenti per la democrazia, e che invece si sono rivelati essere tutto tranne normali cittadini in lotta contro il governo di Bashar al Assad. I video facilmente reperibili su internet mostrano la vera natura degli uomini al soldo di Erdogan: una volta entrati ad Afrin sono cominciati saccheggi e brutalità gratuite che dovrebbero mettere in imbarazzo i membri dell’Ue che con la Turchia, di fatto, sono alleati, motivo per cui si sono sentiti solo flebili inviti alla non-violenza da parte di Bruxelles, che con il suo doppiopesismo continua a distinguere i morti dipendentemente da chi sono stati uccisi.
E ora i curdi cosa faranno? Prima si sono infranti i sogni dei curdi-iracheni che hanno visto il fallimento del referendum per chiedere l’indipendenza della Regione autonoma del Kurdistan, ora quelli dei curdi-siriani, i migliori alleati dell’occidente e degli Usa e i primi a combattere il tagliagole dello Stato Islamico, che ora si vedono abbandonati dalla comunità internazionale mentre Erdogan li massacra per tentare di conquistare una porzione di territorio da tenere sotto controllo turco in Siria, anche e soprattutto in vista dei prossimi colloqui di Ginevra. Per ora, abbandonati da tutti, l’unica soluzione è arretrare: secondo il portavoce dei ribelli filo-turchi dell’Esercito siriano libero (Fsa), Mohammad al Hamadeen , le forze curde precedentemente stanziate ad Afrin si stanno ritirando verso le aree controllate dal governo siriano intorno alla città di Aleppo e nella regione controllata dai curdi a est del fiume Eufrate.
Parlando alla testata curda Rudaw il funzionario delle milizie curde dell’Unità di protezione dei popoli (Ypg), Othman Sheikh Issa, ha accusato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan di “pulizia etnica” e “genocidio” ad Afrin. Nell’intervista Issa insiste: “abbiamo combattuto per quasi due mesi contro il secondo esercito più potente della Nato e non solo abbiamo resistito coraggiosamente, ma abbiamo anche pensato a proteggere i civili pensando alla loro evacuazione dalla città.” Secondo il funzionario curdo però per i suoi uomini non finisce qui. Hanno perso una battaglia, ma non la guerra. Per questo ha confermato che le forze curde intraprenderanno attacchi mirati e sparsi contro le postazioni del nemico.
L’annuncio di Erdogan della presa del centro di Afrin infatti, secondo Sheikh Issa, non significa necessariamente che la Turchia abbia vinto, dimostrando ancora una volta – qualora ce ne sia bisogno – una delle caratteristiche più identificative della minoranza curda: la tenacia. “Le nostre forze sono ovunque ad Afrin e diventeranno il loro incubo. La resistenza continuerà finché non avremo liberato ogni area e il popolo sarà tornato nelle sua casa”.