Nel tour effettuato in Africa, nel suo primo viaggio ufficiale da quando è entrato in carica, il nuovo ministro cinese degli Esteri cinese, Qin Gang ha fatto tappa anche in Etiopia. Non un Paese qualunque, visto che stiamo parlando di un hub centrale per la Belt and Road Initiative (BRI), nonché di una nazione che ospita circa 400 progetti di costruzione e produzione cinesi per un valore di oltre 4 miliardi di dollari. Gran parte delle infrastrutture aeree, stradali e ferroviarie dell’Etiopia sono infatti finanziate e costruite dalla Cina. Accanto al lato commerciale ci sono però altri due aspetti da considerare e che riguardano la pandemia di Covid-19 a Pechino.

Il primo: l’Etiopia è la patria natale di Tedros Adhanom Ghebreyesus, il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), già ministro degli Esteri del Paese. Il secondo: il futuro quartier generale dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa Centers for Disease Control and Prevention, e cioè Africa CDC) sorgerà proprio ad Addis Abeba grazie al contributo della Cina.

È lecito supporre che, grazie alla trasferta di Qin Gang in Etiopia, Pechino proverà a fare leva sul binomio diplomazia-soft power per allentare le recenti tensioni venutesi a creare con l’OMS.



I richiami dell’OMS, la risposta della Cina

In un primo momento, l’OMS aveva espresso preoccupazione per il modo in cui la Cina stava gestendo le divulgazioni pubbliche dei dati riguardanti infezioni e decessi provocati dal Covid. In tutta risposta, il Ministero degli Esteri cinese ha risposto respingendo le ricostruzioni secondo cui Pechino avrebbe in qualche modo sottostimando l’impatto del virus.

Lo scorso 5 gennaio, quando anche l’Unione europea ha chiesto trasparenza al Dragone proprio sui dati e sulla capacità del Paese di gestire l’epidemia e individuare sul nascere nuove varianti, Mao Ning, portavoce del suddetto ministero degli Esteri cinese, ha invitato l’OMS ad adottare una posizione “imparziale”. “Speriamo che il segretariato dell’Oms mantenga una posizione scientifica, obiettiva e corretta”, ha tuonato la Cina.

In seguito alla piccata reazione cinese l’atteggiamento dell’agenzia con sede a Ginevra è cambiato. “Scientificamente non c’è una minaccia imminente per l’Europa” rispetto all’andamento dell’epidemia di Covid in Cina, poiché le sottovarianti individuate “sono già circolanti in Ue”, ha dichiarato il 10 gennaio Hans Henri Kluge, direttore regionale per l’Europa dell’OMS, nella prima conferenza stampa organizzata nel 2023 per fare il punto sulla situazione epidemiologica nella regione europea.

Il cambio di marcia è repentino (e non è certo la prima volta che l’OMS ha cambiato idea rapidamente su questioni cinesi legate al Covid). L’OMS è infatti passata dal mettere in discussione i dati raccolti e diffusi dalla Cina sulla pandemia, al rassicurare sul fatto che, dalle informazioni disponibili, “le varianti del virus Sars-CoV-2 circolanti in Cina sono quelle già viste in Europa e altrove”.

Eppure lo stesso Ghebreyesus, il 4 gennaio, raccontava che l’agenzia aveva incontrato alcuni funzionari cinesi per sottolineare l’importanza di condividere maggiori dettagli sulle infezioni Covid, inclusi i tassi di ospedalizzazione e le sequenze genetiche del virus. Il capo dell’OMS aveva perfino dichiarato che era “comprensibile” che alcuni Paesi adottassero misure contro i viaggiatori provenienti dalla Cina, data la mancanza di informazioni sul Covid oltre la Muraglia.

I rapporti tra Cina ed Etiopia

Sarà un caso, ma l’inversione a U dell’OMS sul Covid in Cina è arrivata in parallelo al viaggio di Qin Gang in Etiopia. E proprio Addis Abeba potrebbe affidarsi a Pechino per superare i suoi sconvolgimenti interni e auspicare uno sviluppo globale con “caratteristiche cinesi”. In cambio, il Dragone potrebbe – come in effetti è avvenuto – pulire la propria immagine sulla situazione Covid oltre la Muraglia, rimettendo in carreggiata le relazioni con l’OMS. La visita di Qin dovrebbe portare all’Etiopia, patria del capo dell’OMS, una nuova boccata d’ossigeno economica.

Negli anni passati, inoltre, i cinesi si sono impegnati nella diplomazia dei vaccini con la nazione africana e nel costruire in loco il quartier generale dei Centri africani per il controllo e la prevenzione delle malattie. “Pioggia o sole, giorno e notte, siamo sempre in movimento per realizzare in tempo questo progetto tanto atteso”, raccontava lo scorso agosto all’agenzia cinese Xinhua un giovane ingegnere civile, uno dei circa 1.000 dipendenti impegnati nella costruzione della sede dell’Africa CDC.

I lavori di costruzione della struttura sono iniziati nel dicembre 2020 nel sobborgo meridionale di Addis Abeba, a pochi chilometri dalla monumentale sede dell’Unione Africana (UA), con il contributo chiave della Cina. Con uffici moderni, laboratori e accessori di fascia alta, l’edificio dovrebbe coprire un’area di 90.000 metri quadrati. Avrebbe dovuto essere terminato tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, e dunque siamo in linea con i tempi prefissati.

Nel frattempo, come ha evidenziato lo United States Institute of Peace, crescono le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito cinese in Etiopia, stimato in 13,7 miliardi di dollari. Come se non bastasse, a conferma delle forti relazioni sino-etiopi, l’Etiopia è stato il primo Paese africano a ospitare, nel 2003, un incontro del Forum sulla cooperazione Cina-Africa. Nel 2012, la Cina ha finanziato e costruito la sede della citata Unione africana ad Addis Abeba (costo totale: 200 milioni di dollari). 

I media cinesi hanno ampliato la loro presenza in Etiopia, mentre i due governi hanno stipulato un accordo di difesa del 2005 su operazioni congiunte di addestramento, scambio di tecnologia e mantenimento della pace. Gli ufficiali etiopi si sono addestrati in Cina. Last but not least, la maggior parte delle armi pesanti in possesso di Addis Abeba sono di fabbricazione russa o ucraina, ma l’esercito etiope si è recentemente procurato artiglieria e veicoli da trasporto cinesi.

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