La pandemia è appena scoppiata, ma è già possibile fare un bilancio, tirare le somme, perché si stanno delineando in maniera molto nitida i ruoli dei vincitori e dei vinti. Mentre la Cina appartiene sicuramente alla prima categoria, essendo riuscita in maniera formidabile a ripulire la propria immagine, passando da untore a salvatore in poco meno di un mese, non si può sostenere lo stesso dell’Unione Europea, sia nel suo insieme che a livello di paesi membri singolarmente, dove gli antagonismi e le rivalità nazionali hanno rapidamente preso il posto della solidarietà e della fratellanza.

L’Italia, la grande sconfitta

L’Italia, che appartiene sicuramente alla categoria dei vinti, è stata in primo luogo vittima di una campagna mediatica denigratoria a livello internazionale, dipinta come il “paese untore”, una campagna che è stata ampiamente promossa e sostenuta dai media anglosassoni e francesi, ed in seguito è stata abbandonata a se stessa dai paesi comunitari, che hanno velocemente imposto limitazioni stringenti al commercio di beni igienico-sanitari, come le celebri mascherine, e colpevolmente esposta alla speculazione finanziaria in seguito al non intervento di Christine Lagarde.

La Germania ha accettato di riaprire all’esportazione di mascherine soltanto dopo essere stata minacciata dalla Commissione Europea con una procedura d’infrazione, spingendo la Francia a fare lo stesso. L’Italia risulta fra i vinti perché il governo nulla ha fatto per difendere il paese dalla propaganda antinazionale, per esigere degli aiuti dovuti, e ancora continua a pensare in un’ottica europea. Inoltre, la produzione industriale avrebbe potuto e dovuto essere riconvertita per far fronte alla penuria di determinati beni, e la classe politica avrebbe dovuto fungere da modello di unità e integrità, ed invece continua ad essere dilaniata da profonde divisioni e ciascun partito sembra essere in campagna elettorale.

L’UE, il gigante liberale dai piedi sovranisti

Abbandono degli interessi nazionali in favore della nascita di un solo, grande e comune interesse europeo, fine dei controlli di confine in favore del libero  movimento di merci e persone, graduale fusione degli stati-nazione in un’unica entità sovranazionale attraverso la quale affrontare nel migliore dei modi le grandi sfide globali, dalle competizioni geopolitiche alle pandemie; l’Unione Europea avrebbe dovuto essere tutte queste cose, ma non ha superato la prova dei fatti: gli egoismi nazionali emergono regolarmente, soprattutto nei periodi di difficoltà, l’Europa unita non ha acquisito ne accresciuto la propria rilevanza internazionale, al contrario è ormai un vero e proprio giocatore periferico in ogni grande teatro che conta, e Schenghen viene accantonato a fasi alternate, a seconda della crisi da affrontare, terrorismo, migranti, e adesso il Covid-19.

La Germania, la prima economia del continente e il pilastro portante dell’intera costruzione comunitaria, ha risposto all’emergenza pandemica auto-isolandosi e bloccando immediatamente l’esportazione di beni igienico-sanitari, quando la crisi era ancora delimitata alla sola Italia. E mentre Roma viene al tempo stesso esposta alla speculazione finanziaria dalla Banca Centrale Europea e pressata da Bruxelles per non implementare contromisure economiche eccessivamente dispendiose, invitata a discutere in sede europea i propri piani, Berlino dà il via libera ad un maxi-piano di stimolo economico da oltre 500 miliardi di euro, elaborato in totale autonomia, incurante di ogni vincolo.

La Francia, ugualmente alla Germania, ha dapprima criticato la risposta italiana alla pandemia, salvo poi adottare misure di contenimento altrettanto draconiane. Ma, soprattutto, l’Eliseo sta approfittando del momento di debolezza dello storico rivale, l’Italia, per tentare un assalto ai suoi asset strategici, come palesato dalle attenzioni manifestate per Avio, una delle ultime eccellenze totalmente made in Italy ormai rimaste.

E sullo sfondo delle richieste italiane di aiuto che Berlino e Parigi non hanno voluto ascoltare, pur essendo le maggiori potenze dell’Ue, anche gli altri paesi membri non hanno brillato per solidarietà. Nessuno, infatti, ha risposto all’appello per l’invio di ventilatori polmonari e mascherine, e nessuno ha inviato personale medico. In questo contesto di “sovranismo sanitario”, corrosivo e totalmente contrario allo spirito che teoricamente dovrebbe animare i nazionalisti europei del 21esimo secolo, l’Italia non ha avuto altra scelta che rivolgersi alla Cina e, molto probabilmente, sarà presto punita dagli “alleati” europei per questo.

Ma la pandemia ha anche mostrato, nuovamente, la fragilità del sistema Schenghen, una delle colonne portanti del progetto europeo. Uno dopo l’altro, dalla Francia all’Austria, passando per Spagna e Polonia, un altro dogma liberale è caduto: i confini, così demonizzati, non si sono mai rivelati tanto importanti. I muri sono stati rialzati per fermare le persone, ma anche le merci: ad esempio, Varsavia, ha annullato gli ordini di beni agricoli da Roma. I paesi europei si sono dichiarati guerra, una guerra economica, nel momento in cui avrebbero dovuto mettere da parte gli antagonismi. L’Unione Europea è la grande sconfitta dal Covid-19 e l’egemonia franco-tedesca ha rivelato la sua reale natura, che non è benevola.

La Cina alla riscossa

Il modo in cui Xi Jinping ha gestito la crisi, riuscendo a contenere l’epidemia e mostrando al mondo le potenzialità del socialismo dalle caratteristiche cinesi, sta contribuendo a mitigare i danni di immagine provocati dal Covid-19, popolarizzando il mito dell’invincibilità cinese e della superiorità del verticismo autoritario, contrapposti alle deboli, vulnerabili ed inefficienti liberal-democrazie occidentali. Il Covid-19 è diventato un motivo di unità nazionale, di raccolta attorno al regime, una vera e propria “guerra patriottica“.

Dopo aver contenuto i focolai e ridotto l’incidenza dei nuovi casi, Pechino ha poi spostato l’attenzione su Roma, il ventre molle dell’Occidente, offrendo i propri beni e servizi, sia venduti che donati, come personale medico, mascherine e altri macchinari. Certamente, oltre alla disinteressata solidarietà, si tratta di una mossa propagandistica tesa ad aumentare l’influenza sul paese, che è comunque bassa e difficilmente raggiungerà livelli critici, ma ciò non toglie che Xi ha osato ed ottenuto, mentre i leader europei non hanno neppure tentato.

L’immagine dell’untore-divenuto-salvatore raccoglie consensi, mentre l’Ue si chiude in se stessa, ed anche la Serbia, un altro candidato all’adesione nella comunità europea, si appresta ad usufruire dell’aiuto cinese. Il Covid-19, in breve, avrebbe potuto minare le fondamenta del regime comunista e screditare tanto il paese quanto la sua agenda globale, come la Nuova Via della Seta, ma la sfida è stata sapientemente trasformata in un’opportunità e, a crisi terminata, Xi avrà le risorse ed il consenso necessari per riprendere la lunga corsa verso l’egemonia planetaria.