Prosegue l’operazione verità voluta dal nuovo patron di Twitter, Elon Musk. Nella quinta puntata dei “Twitter files”, questa volta divulgati dalla giornalista Bari Weiss, vengono svelati i retroscena inerenti la decisione degli ex dirigenti dell’azienda di “rimuovere” l’account dell’ex presidente Donald Trump a seguito dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 da parte di un gruppo di sostenitori MAGA. Nel thread pubblicato da Weiss, si può evincere come i membri dello staff e gli alti dirigenti di Twitter abbiano spinto affinché l’ex presidente Donald Trump venisse escluso dalla piattaforma social dopo la rivolta del Campidoglio, nonostante non vi fossero effettive violazioni delle politiche della piattaforma stessa nei tweet dell’ex presidente.
Com’è avvenuta l’esclusione dell’ex presidente
Facciamo un passo indietro. Trump viene bannato da Twitter l’8 gennaio 2021, due giorni dopo la rivolta del Campidoglio. Weiss ricorda come l’ex presidente twitta due volte la mattina dell’8 gennaio, prima di essere “bannato”. In quello che scrive non c’è alcuna violazione delle regole: “I 75.000.000 grandi patrioti americani che hanno votato per me, AMERICA FIRST e MAKE AMERICA GREAT AGAIN, avranno una VOCE GIGANTE a lungo nel futuro”, twittò Trump, aggiungendo: “Non verrà mancato loro di rispetto o non saranno trattati ingiustamente in alcun modo, forma o forma!!!”. In un secondo tweet, Trump annunciò che non avrebbe partecipato all’inaugurazione di Biden il 20 gennaio successivo.
Come nota Weiss, nonostante i commenti di alcuni dirigenti, le persone incaricate di determinare se i tweet dell’ex presidente meritassero di essere oscurati o meno non videro visto nulla di sbagliato in nessuno di quei due messaggi. “Penso che avremmo difficoltà a dire che si tratta di istigazione all’odio”, scrive un funzionario, come si può leggere nella documentazione diffusa dalla giornalista indipendente, ex penna del New York Times. “È abbastanza chiaro che sta dicendo che i ‘patrioti americani’ sono quelli che hanno votato per lui e non i terroristi (possiamo chiamarli così, giusto?) del 6 gennaio”. “Non vedo incitamento all’odio qui”, sottolinea un funzionario, mentre un altro dirigente, Annika Navroli, osserva: “Anche io non vedo un incitamento chiaro o codificato nel tweet del DJT”.
Le rivelazioni dei Twitter files
Quella pubblicata da Bari Weiss è solamente l’ultima puntata dei “Twitter Files” che stanno generando non pochi dubbi sulla parzialità e partigianeria degli ex dirigenti della piattaforma in merito a scottanti vicende politico-giudiziarie come la rivolta del Campidoglio e la censura preventiva della notizia del New York Post circa i contenuti del laptop di Hunter Biden. La quarta puntata dei “Twitter Files” ha rivelato come i membri dello staff dell’azienda abbiano spinto per modificare la policy della piattaforma al solo scopo di bandire l’allora presidente Trump a seguito dei fatti di Capitol Hill.
In una serie di tweet, il giornalista indipendente Michael Shellenberger ha messo in luce anche le pressioni esterne che la piattaforma ha ricevuto al fine di “bannare” l’ex presidente Donald Trump. Il tycoon, infatti, viene cancellato da Twitter il giorno dopo che l’ex first lady Michelle Obama e altri chiedono alla società di rimuovere il magnate “permanentemente”. Tra i file, Shellenberger afferma che “pressioni interne ed esterne”, anche da parte dell’ex first lady, sono piombate sulla società. “Ora è il momento per le aziende della Silicon Valley di smettere di consentire questo comportamento mostruoso e andare anche oltre, bannando definitivamente quest’uomo dalle piattaforme e mettendo in atto politiche per impedire che le loro tecnologie vengano utilizzate dai leader della nazione per alimentare insurrezione”, ha scritto Obama in una lunga dichiarazione pubblicata su Twitter il 7 gennaio. Oltre all’ex first lady, anche l’Anti-Defamation League, tra le molte altre persone e organizzazioni di spicco intervenute, ha chiesto di bandire Trump.
Così gli ex dirigenti hanno aggirato le norme
Nelle puntate precedenti, il giornalista indipendente Matt Taibbi – al quale Elon Musk si è affidato per rivelare i segreti della piattaforma social – scrive che i documenti in suo possesso dimostrano “l’erosione degli standard all’interno dell’azienda nei mesi precedenti al J6” prima dunque dell’assalto a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Donald Trump, evento per il quale l’ex presidente fu rimosso dai social.
Secondo Taibbi, la documentazione dimostra “le decisioni di dirigenti di alto livello di violare le proprie politiche e altro ancora, sullo sfondo di un’interazione continua e documentata con le agenzie federali”. Il giornalista ha diffuso nei messaggi, infatti, nei quali i dirigenti della piattaforma “si divertono a intensificare i rapporti con le agenzie federali”, violando le norme della stessa azienda. Con l’avvicinarsi delle elezioni, nota il giornalista, “gli alti dirigenti – forse sotto la pressione delle agenzie federali, con le quali si sono incontrati sempre più spesso – hanno iniziato a parlare di violazioni come pretesti per fare ciò che probabilmente avrebbero hanno fatto comunque”, ha aggiunto, riferendosi alla “rimozione” di Trump.