Dicono che Joseph Ratzinger si annoiasse ad avere tutte quelle interlocuzioni con i politici. Però un Papa non può non averle. La nuova biografia, forse l’opera più completa che sia mai stata scritta sulla vita dell’ex pontefice tedesco, si sofferma anche sui giudizi che Ratzinger ha distribuito verso alcuni esponenti della classe politica internazionale. E ci sono parecchie sorprese. In “Benedetto XVI, Una Vita”, che è un’opera di Peter Seewald edita da Garzanti, c’è anche una carrellata di nomi altisonanti, ma il passaggio che stupisce di più è quello riservato all’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

Barack Obama, oltre a rappresentare una speranza per i progressisti di tutto il mondo, è stato anche uno strenuo difensore dei “nuovi diritti”, ossia delle aperture legislative verso la concessione di possibilità che Ratzinger bocciava in quanto “relativiste”. E l’emerito, in virtù delle numerose battaglie condotte per evitare che l’Occidente abbracciasse quell’agenda, non poteva mettere da parte le differenze. In una delle ricostruzioni riguardanti la critica mossa da certi ambienti tedeschi all’ex successore di Pietro, viene fatto presente come, almeno in una occasione, Obama venisse utilizzato alla stregua di un controcanto di Joseph Ratzinger: un quotidiano di Monaco ha scritto che l’ex presidente Usa “irradia speranza”, mentre non ha riservato le medesime parole al “mite teologo di Tubinga”, che invece era “preso dalla paura” e “vuole limitare il più possibile la libertà delle persone al fine di imporre una “era di restaurazione””.

Queste erano alcune delle idee che circolavano sulla stampa dell’epoca. Un po’ com’è successo, ma al contrario, nell’opposizione quadriennale tra papa Francesco e Donald Trump, con il primo elevato da sinistra al ruolo di proiezione entusiastica dell’avvenire ed il secondo associato all’oscurantismo di ritorno. Sempre nel capitolo intitolato “Punto di rottura”, vengono rivelate le preferenze di Ratzinger. Non esistono personalità verso cui Benedetto XVI ha nutrito astio o ferma contrarietà, ma di certo l’emerito deve aver preferito alcuni ad altri durante il suo regno. Sembra essere il caso del dualismo tra Barack Obama e Vladimir Putin. In buona sostanza, Ratzinger aveva apprezzato la disposizione all’ascolto ed alla dialettica di Obama, ma aveva anche rimarcato – il virgolettato di riferimento è presente pure in un’altra opera di Seewald, ossia “Ultime Conversazioni” – come il presidente Usa portasse avanti idee che il Papa non poteva “condividere”.

Un discorso diverso, invece, vale per il presidente della Federazione russa. Ratzinger definisce Vladimir Putin un “realista”, ponendo qualche accento pure sulla dimensione spirituale dello Zar. Dimensione che ovviamente fa parte di una visione complessiva. Chi vuole individuare simpatie ed antipatie, magari forzando un po’ la mano, può insomma procedere. Ma in “Una Vita”, in relazione agli esponenti politici, c’è dell’altro. Scopriamo così quanto Benedetto XVI apprezzasse il presidente israeliano Shimon Peres, ma c’è spazio pure per l’alta considerazione riservata dall’ex vescovo di Roma a politici di sinistra come il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e la presidente cilena Michelle Bachelet. Nessun pregiudizio, dunque, ma tanta volontà di tessere rapporti più fruttuosi possibile per un dialogo maturo anche tra forze discordanti.

Di sicuro erano tempi molto diversi rispetto a quelli odierni. Si pensi, a titolo esemplificativo, alla bagarre tra il segretario di Stato Mike Pompeo e i vertici del Vaticano sull’accordo tra Santa Sede e Repubblica popolare cinese per la nomina dei vescovi: il primo è arrivato a dire che, in caso di rinnovo del patto, la Santa Sede perderebbe in “autorità morale”. Ma in misura maggiore si può ragionare sull’impegno che tanti ecclesiastici americani hanno messo in campo per l’elezione di Joe Biden, l’ex vicepresidente di Obama cui Bergoglio ha da poco telefonato per le congratulazioni relative alla vittoria delle presidenziali. Gli auspici tra i due? Stando al comunicato del presidente eletto, Vaticano e Stati Uniti lavoreranno su clima, migranti e povertà.