A Madrid in via Ferraz 70, sede del Partito socialista del premier dimissionario Pedro Sánchez, si festeggia. Nonostante il Partito popolare del moderato Alberto Núñez Feijóo abbia conquistato 136 seggi contro i 122 del Psoe, è Sánchez che ha la vera chiave di volta di queste elezioni generali. La sua strategia di andare ad elezioni anticipate, annunciata a fine maggio dopo la sconfitta netta delle municipali e regionali, ha permesso di “salvare i mobili”, secondo quanto ha dichiarato a questo giornale il politologo spagnolo Pablo Simón. E così è stato. La decisione di Sánchez, vista oggi, è stata un esito. Nonostante le tante fratture interne alla sinistra e alla difficoltà di mobilizzare l’elettorato, i risultati ottenuti dal Psoe sono stati la grande sorpresa di questa tornata elettorale. Quella di Feijóo, è stata definita dal quotidiano spagnolo El Mundo la vittoria più amara. Mentre per Sánchez si è parlato di una sconfitta dolce.
Se ai seggi della sinistra – Psoe e Sumar (31) – che arrivano a 153 deputati, Sánchez riesce a riunirne sette di Sinistra repubblicana di Catalogna, sei di Bildu, cinque del Partito nazionalista Basco e il Blocco nazionalista Galiziano, si arriverebbe a 172. Per la votazione di una ipotetica investitura non sarebbe sufficiente, però nella seconda sarebbero necessari e c’è Junts, la coalizione catalana dell’ex presidente della Catalogna Carles Puigdemont. La volontà di quest’ultimo potrebbe essere decisiva per la formazione del prossimo esecutivo.
Sánchez aveva interpretato la vittoria delle ultime politiche come il mandato per un ambizioso cambiamento culturale, secondo i canoni di un sistema antifranchista, femminista, attento all’identità di genere e a favore delle autonomie. Durante il suo governo, le varie iniziative controverse come la legge sulla “violenza sessuale” o la riabilitazione dei secessionisti baschi e catalani, hanno portato poi ad una forte polarizzazione su quei temi con i popolari e, soprattutto, con gli iper-nazionalisti di Vox. Questo scenario, aggravato dai tanti “rumori” interni al Psoe e agli alleati di Podemos, anche se non aveva goduto della benevolenza dell’opinione pubblica, ieri ha rappresentato a livello nazionale una minaccia minore rispetto al partito di estrema destra Vox, guidato da Santiago Abascal, il partito che risulta essere il grande sconfitto, con soli 33 seggi. L’emozione per il rifiuto verso Vox è pesato di più dei dissapori che la maggior parte degli spagnoli potevano avere nei confronti di Sánchez per i suoi patti con i partiti indipendentisti. Un peso enorme nel risultato per il Partito socialista è stato proprio quello della Catalogna, che ha ottenuto 19 seggi davanti ai sei del Pp. Nella comunità autonoma si è voluto ricompensare il presidente del governo per gli indulti e per una strategia di politica di pacificazione che in altre parti del paese si vive diversamente e probabilmente, secondo quanto commentato da diversi analisti, molti voti provenienti dalla formazione indipendentista come Sinistra Repubblicana sono passati al Partito socialista per il rifiuto verso Vox.
Il Pp non raggiunge i risultati sperati e lo scenario incerto
Se il Pp si è imposto, è risultato molto lontano dalla maggioranza assoluta di 176 seggi ed è sceso molto più giù rispetto alle aspettative, il Psoe non solo ha dimostrato di resistere, ma ha anche aumentato le preferenze rispetto alle elezioni del 2019. Mentre la campagna elettorale di Sánchez, anche se iniziata male, ha visto nel tandem con Yolanda Díaz una alleanza che è riuscita a mobilitare l’elettorato, c’è chi non rifiuta una cattiva gestione dei sondaggi e delle aspettative. Dopo il primo ed unico faccia a faccia tra Sánchez e Feijóo del 10 luglio, mentre Feijóo era risultato già convinto di aver conquistato gli elettori, fino a chiedere il voto utile per un governo in solitario e sognando la maggioranza assoluta, abbandonandosi a questa “onda” positiva, sondaggi inclusi, Sánchez, anche se uscito debilitato dal dibattito televisivo, ha puntato tutto sull’ultima settimana, che è risultata la migliore.
Quello spagnolo si preannuncia un panorama politico più che mai aperto e insolito. Anche se Feijóo cercherà di avviare un dialogo per la formazione di un governo, per la prima volta quello che è risultato il secondo partito potrebbe tornare a governare formando una nuova alleanza tra “perdenti” e con l’acquiescenza -in forma di astensione- di Junts. Intanto, in questo gioco di equilibri con i vari partiti, la candidata della coalizione catalana, Miriam Nogueras, ha detto “non faremo presidente Sánchez senza nulla in cambio”. Sánchez è colui che deciderà se dare la parola a Puigdemont, per un governo che sarà certamente molto complicato, che lo vedrebbe al potere con Sumar, Sinistra Repubblicana, Bildu, però anche avendo Junts e il Senato contro, trovandosi quindi in un contesto di difficile gestione (e a livello generale con la maggioranza delle Comunità autonome a guida popolare). Sánchez deciderà se queste alleanze e questo scenario convengono o no, se decide per il sì, sarà di nuovo presidente, e se deciderà per il no si andrà a nuove elezioni.