Sono passati cinque anni dalla notte del 21 novembre 2013, quando in Ucraina scoppiarono le proteste di Euromaidan contro la decisione dell’allora governo presieduto da Viktor Janukovyc di sospendere l’accordo di associazione (Dcfta) tra Kiev e l’Unione Europea. Una crisi che sfociò in una “rivoluzione colorata” che destituì lo stesso Janukovyc in favore di Petro Poroshenko e di un governo filo-europeista, e che portò alla successiva crisi di Crimea del 2014. Iniziava un periodo molto duro per le relazioni tra la Russia e l’Occidente a guida americana che dura ancora oggi, aggravatosi con le accuse mosse al Cremlino di ingerenza nelle elezioni americane del 2016 e del tentato omicidio dell’ex spia russa Sergei Skripal nel Regno Unito.

“Sanzioni mirate contro i responsabili delle violazioni alla sovranità dell’Ucraina” annunciava nel marzo 2014 l’allora presidente americano Barack Obama. “Mosca è isolata nel mondo” e “ulteriori provocazioni la isoleranno ancor di più”. Così il presidente commentava la la crisi nei rapporti con la Russia, annunciando un pacchetto di sanzioni economiche volte a punire il Cremlino e i suoi alleati dopo il referendum in Crimea. Dopo 5 anni possiamo affermare che l’obiettivo di Washington di “isolare Mosca” è fallito e la Federazione Russa è tornata ad essere una una grande protagonista della diplomazia mondiale.

Perché Mosca sta vincendo la nuova Guerra Fredda

Stephen F. Cohen è professore emerito di studi russi alla New York University e alla Princeton University. È uno dei maggiori e più autorevoli studiosi della Federazione Russa negli Stati Uniti e nel mondo. A The Nation ha spiegato i motivi della strategia fallimentare di Washington: “Durante la Guerra Fredda con l’Unione Sovietica non fu fatto alcun tentativo per ‘isolare’ la Russia all’estero – spiega -. L’obiettivo era quello di ‘contenerla’ all’interno del suo ‘blocco’ nell’Europa orientale e competere con essa in quello che veniva chiamato il Terzo Mondo” osserva Cohen.

Perché tentare di isolare un Paese di quelle dimensioni, nella posizione eurasiatica, ricco di risorse e storia come la Russia “è una follia”. Riflette, secondo il professore, “la povertà della politica estera di Washington negli ultimi decenni, nonché del Congresso degli Stati Uniti e anche dei media mainstream”.

I successi della diplomazia russa dal 2014 ad oggi

L’esperto mette in luce la frenetica attività della diplomazia russa dal 2014, quando sono entrate in vigore le sanzioni dell’Occidente, ad oggi. Mosca, al contrario delle previsioni, è tornata ad essere protagonista in Medio Oriente e non solo: “Dal 2014 – osserva Cohen – Mosca è stata probabilmente la capitale diplomatica più attiva di tutte le grandi potenze. Ha forgiato partnership militari, politiche o economiche in espansione con Cina, Iran, Turchia, Siria, Arabia Saudita, India e molte altre nazioni dell’Asia orientale e, nonostante le sanzioni dell’Unione Europa, anche con diversi governi europei”.

Mosca, prosegue il professore americano “è l’architetto e il principale promotore di tre importanti negoziati di pace in corso oggi: quelli che coinvolgono la Siria, la Serbia, il Kosovo e persino l’Afghanistan. In altre parole, quale altro leader nazionale del XXI secolo può eguagliare i successi diplomatici del presidente russo Vladimir Putin o del suo ministro degli Esteri, Sergei Lavrov? Certamente non gli ex presidenti degli Stati Uniti, George W. Bush o Obama, o la cancelliera tedesca Angela Merkel. Né alcun leader britannico o francese” afferma. “Forse è tempo che Washington apprenda da Mosca piuttosto che chiedere che quest’ultima si adegui al pensiero di Washington”.

“Isolare la Russia? Impossibile”

Nonostante le rigide sanzioni alla difesa russa, lo scorso dicembre, il sottosegretariato per le Industrie della Difesa della Turchia annunciava la stipulazione del contratto con la Russia per l’acquisizione della tecnologia missilistica a lungo raggio S-400. All’inizio di ottobre, India e Russia hanno firmato un accordo per l’acquisto da parte dell’India dello stesso sistema di difesa missilistico per un valore di 5,4 miliardi di dollari. L’annuncio ufficiale è arrivato al termine dell’incontro bilaterale tra il premier indiano Modi e il presidente russo Putin, alla Hyderabad House, a Delhi. Tecnologia già acquistata da Pechino, mentre Arabia Saudita, Qatar e Iraq sono in trattativa.

“Se il regime delle sanzioni dell’ovest, introdotto per la prima volta nel marzo 2014, era progettato per tagliare fuori Mosca dal resto del mondo e isolare le sue industrie – osserva il Financial Times – allora l’esempio del S-400 dimostra che questo sforzo è fallito”.

Al contrario, spiega l’autorevole quotidiano, le sanzioni hanno contribuito a rinforzare la partnership tra Pechino e Mosca: “Un’amicizia sempre più stretta con la Cina ha fornito a Mosca finanziamenti internazionali, nuove opportunità commerciali e diplomatiche. Mosca – scrive il Ft – ha inoltre rinsaldato i suoi legami con una serie di paesi in Medio Oriente, dalla Turchia a Israele, dall’Arabia Saudita all’Iran, espandendo la sua influenza nella regione in un momento di esitazione americana”. A quasi cinque anni di distanza, il sogno di Obama di isolare Mosca attraverso le sanzioni si è rivelato un fragoroso fallimento sotto tutti i punti di vista. Riuscirà Trump a invertire la rotta prima della fine del suo mandato? 

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