Non è mai facile muoversi nello scacchiere mediorientale. Lo sanno bene gli Stati Uniti che, nel corso degli ultimi decenni, e nelle varie operazioni militari e diplomatiche effettuate nella regione, si sono ritrovati a fronteggiare le velenose rivalità incrociate dei vari governi locali. Adesso sta iniziando ad impararlo anche la Cina.
Già, perché la visita di Xi Jinping in Arabia Saudita, o meglio alcune delle posizioni sollevate durante gli incontri d’alto livello, compreso quello tra il presidente cinese e il Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC), hanno causato risentimenti e malcontenti ai piani alti del governo iraniano. In altre parole, il successo diplomatico di Xi a Riad ha contribuito a far alzare la temperature in Iran, un alleato strategico di Pechino che vede però i sauditi come fumo negli occhi.
E non è un caso che, in un incontro con il vice premier cinese Hu Chunhua a Teheran, il presidente iraniano Ebrahim Raisi abbia chiesto “un risarcimento” per il suo Paese e che abbia anche affermato che i recenti vertici “hanno causato insoddisfazione e lamentele della nazione e del governo”.
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Il risentimento dell’Iran
La “forte insoddisfazione” dell’Iran per il comunicato congiunto Cina-GCC è emersa lo scorso sabato, durante un incontro tra l’ambasciatore cinese a Teheran Chang Hua e il vice del ministro degli Esteri iraniano per gli affari dell’Asia-Pacifico. Come ha sottolineato il South China Morning Post, infatti, Xi e i leader arabi hanno concordato di assicurarsi che il programma nucleare iraniano fosse pacifico, e anche che gli Emirati Arabi Uniti, membri del CCG, dovessero risolvere la disputa territoriale con l’Iran sulle isole strategiche nello Stretto di Hormuz mediante un negoziato.
Ricordiamo che l’Iran controlla le isole di Abu Musa e della Grande e Piccola Tunb dal 1971, e cioè da prima che gli sceiccati al governo del Golfo ottenessero l’indipendenza dalla Gran Bretagna per formare gli Emirati Arabi Uniti. Teheran ha più volte ribadito che la sua rivendicazione sovrana sulle tre isole non è negoziabile, mentre gli Emirati Arabi Uniti, al contrario, sostengono che il controllo iraniano delle isole violi il diritto internazionale.
Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanaani ha fornito i dettagli dell’incontro con Chang, a cui è stato detto che “la Repubblica islamica dell’Iran considera qualsiasi rivendicazione su queste isole come un fattore destabilizzante e un’interferenza nei suoi affari interni e nel suo territorio, e la condanna fermamente”.
La Cina in mezzo alle rivalità del Medio Oriente
Poco importa che l’ambasciatore cinese Chang abbia spiegato che Xi ha visitato Riad “per contribuire alla pace e alla stabilità nella regione e beneficiare del dialogo come strumento per risolvere i problemi”. L’Iran non sembrerebbe aver per niente gradito la vicinanza cinese al GCC.
Più nello specifico, la lite diplomatica sino-iraniana mostra quanto sia difficile per la Cina navigare nella geopolitica della regione e nelle radicate rivalità locali. Pechino sta cercando di rafforzarsi in Medio Oriente, anche in virtù del vuoto lasciato dagli Stati Uniti, ma gli ostacoli sono più numerosi del previsto.
Tornando alla visita di Hu a Teheran, il vicepremier cinese ha usato parole emblematiche: “La Cina vede le relazioni Cina-Iran da una prospettiva strategica e non vacillerà nella sua determinazione a sviluppare un partenariato strategico globale con l’Iran”. Hu ha anche incontrato il ministro dell’Economia e delle Finanze dell’Iran per discutere un programma di 25 anni per cooperare sugli investimenti di petrolio e gas e per lavorare insieme in aree strategiche non specificate.
Nel frattempo, il Dragone continua ad intensificare le relazioni diplomatiche con gli attori della regione, con la chiara volontà di mantenere ottimi rapporti con tutti i governi dell’area. Nel lungo periodo, a giudicare dalla reazione dell’Iran, un approccio del genere potrebbe tuttavia rivelarsi insostenibile e non sempre praticabile.