“Schimpf und Schande”: con questa espressione che potremmo tradurre con “vergogna e disonore” si apre l’ultimo numero del settimanale tedesco Der Spiegel, contenente un durissimo attacco alla gestione della seconda fase della pandemia da parte delle autorità della Germania ad ogni livello, dai governi regionali fino alla Cancelleria federale di Angela Merkel.
Dopo una gestione ordinata della prima ondata europea che ha permesso a Berlino di posizionarsi in prima fila in Europa sia sul fronte del contenimento pandemico che sul versante della governance politico-economica, portando la Cdu della Cancelliera a tassi di consenso notevoli, da ottobre in avanti la situazione si è avvitata: il numero di contagi da Covid-19, di decessi e di ricoveri ospedalieri è cresciuto; i morti sono quasi 75mila, di cui la stragrande maggioranza dall’autunno in avanti; le misure restrittive imposte dal governo hanno solo contenuto ma non frenato il contagio; il prolungamento del lockdown imposto a Natale, recentemente esteso fino ad aprile, suscita malcontento letto in combinato disposto con il ritardo sulle vaccinazioni.
Travolti dalla seconda ondata
La Cancelliera aveva messo in guardia, ad agosto, la popolazione sulle sfide che l’autunno pandemico avrebbe riservato e avvertito sulla possibilità di un rilassamento dopo una prima fase in cui il vantaggio tedesco sul resto d’Europa era dovuto, principalmente, a fattori strutturali (l’assenza di un focolaio simile alla Lombardia in Italia, la minore età media dei contagiati, la presenza di un mese di margine sul resto d’Europa per prepararsi) che avevano facilitato misure di ordinato contenimento. Ma poi le autorità tedesche si sono fatte prendere in contropiede.
La presenza della variante britannica, come dichiarato dall’Istituto Robert Koch, porta a temere che presto in assenza di misure del genere le terapie intensive occupate possano schizzare da poco meno di 3mila a 5-6mila. Berlino, per di più, ha fatto della partecipazione di Biontech al consorzio con Pfizer un fattore di rilevanza politica ma questo si è trasformato in un boomerang di fronte ai ritardi nelle forniture e al nuovo screzio con AstraZeneca.
“La nuova strategia del governo per gestire la seconda primavera ai tempi della pandemia può riassumersi in un barocco, bislacco e contorto rebus degno della Settimana Enigmistica”, nota StartMag, “tanto che per pubblicizzarlo i presidenti regionali (che per inciso vi hanno contribuito in maniera determinante) sono dovuti ricorre a un lungo lenzuolo di carta, pieno di tabelle (se l’incidenza è tot scatta questo, ma appena raggiunge tot scatta quest’altro) e degno della scheda elettorale di un’elezione amministrativa”, mentre nella prassi vanno in ordine sparso barcamenandosi tra il caos della carenza di vaccini (che ha portato recentemente la Merkel a aprire al russo Sputnik) e l’esasperazione della popolazione.
I guai di lungo corso alla sanità
Dall’autunno in avanti, accusano i media, non c’è stata alcuna prevenzione reale in Germania, il sistema inizia a pagare i danni legati al ridimensionamento della sanità pubblica e alla decentralizzazione, che ha portato diversi governi locali a trascurare la vitale necessità di creare scorte di materiali necessari in casi di emergenze sanitarie, compresi i più basilari di tutti, mascherine e guanti.
“Perché non riusciamo a tenere sotto controllo il caos del coronavirus?” si chiede il settimanale di Amburgo, che arriva a parlare di una “nuova incompetenza tedesca”. “Non parliamo di scandali e disavventure: la repubblica rivela una debolezza sistemica, la pazienza dei cittadini è al limite”. Der Spiegel, il settimanale più letto della Germania, non parla mai a caso, ma raccoglie e amplifica gli umori dominanti nell’opinione pubblica tedesca. Interiorizzandone in questo caso la stanchezza, le ansie i dubbi. E proponendo una visione funzionale a orientare la classe urbana e produttiva del Paese. In questo caso i suoi toni sono netti, molto simili a quelli di un’altra testata di massa, la Bild, attenta maggiormente a parlare alla “pancia” del Paese.
La stanchezza “politica” di Merkel
La Bild ha recentemente pubblicato una bandiera britannica in prima pagina, con il titolo: “Vi invidiamo”, a dimostrare la differenza tra la campagna anti-Covid in corso in Regno Unito e l’equivalente tedesco. Boris Johnson ha perso le prime battaglie ma, grazie ai vaccini, potrà presto puntare a vincere la guerra. Angela Merkel, invece, si avvia agli ultimi mesi di governo in una situazione di vero caos. Der Spiegel ha sottolineato l’esigenza di un nuovo esecutivo, mentre sul campo politico il leader bavarese Markus Soder, a capo della Csu “gemella” locale della Cdu, ha iniziato una polemica con il possibile leader socialdemocratico, il Ministro delle Finanze Olof Scholz.
Prodomi di rottura della “Grande Coalizione” in vista? Gli scenari politici che vedevano per il dopo-Merkel, inaugurato dalle prossime elezioni politiche che si terranno in autunno, una Cdu centrale e potenzialmente in grado di allearsi con i Verdi arruolandoli alle responsabilità di governo si stanno gradualmente deteriorando. I cristiano-democratici pagano l’appannamento della stella della Merkel, e in vista delle elezioni si apre la possibilità, che i sondaggi non escludono, di una coalizione “semaforo” rosso-verde-gialla tra Spd, Verdi e liberali Fdp, capace di escludere la Cdu.
Insomma, anche i ricchi piangono. ““C’è stato un tempo in cui la Germania era invidiata per la sua efficiente amministrazione”, chiosa il berlinese Tagesspiegel, a cui il governo attuale non appare “più all’altezza”. Di fronte a questa rivolta interna all’opinione pubblica tedesca che smonta una certa indulegenza di Berlino verso sé stessa possiamo sottolineare di aver, a lungo, demistificato molti “miti” sulla superiorità del modello tedesco: dalla devastazione del welfare all’ascesa di profonde sacche di povertà, passando per l’ipocrisia del modello mercantilista che “barava” a lungo in passato sulle regole europee favorevoli alla deflazione interna e censurando le violazioni di altri Paesi alle regole europee (deficit e debito pubblico) dimenticando quelle della Germania (surplus commerciale), su queste colonne abbiamo più volte criticato i limiti di un sistema troppo spesso presentato come un vero e proprio El Dorado nella pubblicistica italiana. Così come non abbiamo avuto problemi a rimarcare, quando necessario, la lungimiranza delle azioni della Germania in fasi critiche per l’Europa, come in occasione del varo di Next Generation Eu e del ridimensionamento del potere contrattuale dei falchi austeritari del Nord.
Ora il re si percepisce nudo. La Germania scopre di non aver alcuna connotazione veramente speciale e perde, di fronte alla tragedia della pandemia, anche parte della residua superbia accumulata negli anni. Non possiamo non dirci preoccupati delle possibili conseguenze di una Germania instabile per il futuro dell’Europa in una fase tanto critica, ma prevediamo che da qua all’autunno il clima politico interno si farà sempre più aspro in vista del posizionamento dei partiti per le elezioni federali. Gli errori di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione ed ex “delfino” della Merkel, nella governance europea non aiutano all’autopercezione della Germania e a rafforzare la posizione della Cancelliera. Di crisi in crisi, la gestione della pandemia rischia di trasformarsi nei mesi a venire in una salita infinita per il Paese che già più di tutti gli altri si sognava, nei mesi scorsi, vincente contro il virus.