Lindsey Graham, capo del Comitato giudiziario del Senato degli Stati Uniti e molto vicino al presidente Donald Trump, vuole vederci chiaro sulle controverse attività dell’ex vicepresidente Joe Biden e del figlio Hunter in Ucraina. Biden aveva reagito molto duramente all’annuncio dell’inchiesta avviata dal senatore Gop e nei giorni scorsi aveva dichiarato che Graham “si pentirà per tutta la vita” del suo sostegno a Donald Trump. Parole che molti commentatori hanno interpretato come una vera e propria minaccia.
“La mia coscienza è a posto” ha sottolineato Lindsey Graham. “Amo Joe Biden come persona, è un uomo per bene, ha affrontato una tragedia nella sua vita [la morte del figlio] ma ho il dovere di indagare, se la Camera non lo farà”. La scorsa settimana Graham ha inviato una lettera al segretario di Stato Mike Pompeo chiedendo documenti relativi all’ex vicepresidente e le sue comunicazioni con i funzionari ucraini durante la presidenza Obama. L’inchiesta avviata dal potente senatore Graham si concentra sui colloqui telefonici che Joe Biden ebbe con l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko riguardo al licenziamento del principale procuratore del Paese, nonché sulle comunicazioni che facevano riferimento all’indagine di Kiev su Burisma, la compagnia ucraina di gas naturale che assunse Hunter Biden, figlio del candidato alle primarie del partito democratico, a 50mila dollari al mese.
Al centro dell’inchiesta il ruolo di Hunter Biden e Burisma
Lindsey Graham vuole esaminare il ruolo a dir poco controverso di Hunter Biden, figlio dell’ex vicepresidente e candidato alle primarie, con la società ucraina Burisma Holdings. “Non sto dicendo che Joe abbia fatto qualcosa si sbagliato – osserva Graham – ma voglio leggere le trascrizioni, e se non c’è nulla sarò il primo ad ammetterlo”. Se al posto di Joe Biden ci fosse un repubblicano, sottolinea, “sarebbe sicuramente indagato”.
La richiesta di Graham mira a legittimare le accuse del presidente Trump contro Biden, accusato di aver fatto pressioni sull’Ucraina per licenziare il procuratore capo del Paese al fine di proteggere suo figlio. Taylor Reidy, portavoce di Graham, ha spiegato al Washington Post che il senatore ha chiesto i documenti perché il presidente della commissione Intelligence della Camera, il democratico Adam Schiff, ha “fatto capire che non intende vedere le carte”. “I documenti richiesti – ha sottolineato il portavoce del senatore – potrebbero gettare luce su questo tema”. Anche Rudy Giuliani, ex sindaco di New York, ora consulente legale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha promesso di scatenare la guerra contro i Biden. “Ho scoperto un modello di corruzione che la stampa di Washington ha coperto per anni” ha annunciato l’ex primo cittadino della Grande Mela su Twitter. “Devasterà il partito democratico. Credete davvero che io sia intimidito?”.
I Biden, l’Ucraina e Burisma
Per capire il ruolo di Joe Biden e del figlio Hunter occorre fare un passo indietro. Come ricorda il giornalista investigativo Max Blumenthal su Grayzone, l’allora vicepresidente di Obama fece la sua prima visita a Kiev nell’aprile 2014, proprio quando il governo post-Maidan stava lanciando la sua operazione militare contro i separatisti russi nel Donbass. Rivolgendosi al parlamento di Kiev, Biden dichiarò che “la corruzione non potrà più avere spazio nella nuova Ucraina”, sottolineando che gli Stati Uniti “sono la forza trainante dietro il Fmi” e stavano lavorando per assicurare a Kiev “un pacchetto multimiliardario per aiutare” il governo. Nello stesso periodo, Hunter Biden venne nominato nel consiglio di amministrazione di Burisma.
La cacciata del presidente Viktor Yanukovych (febbraio 2014) pose il fondatore e presidente di Burisma, l’oligarca Mykola Zlochevsky, in una posizione delicata. Quest’ultimo era stato ministro dell’ambiente di Yanukovych, e il cambio di regime lo mise in difficoltà. Anche perché stava affrontando dei seri problemi legali: un’inchiesta sulla corruzione nel regno Unito aveva portato al congelamento di parte del suo patrimonio, pari a 23 milioni di dollari. L’oligarca aveva a necessità di farsi dei nuovi amici: si trattava di Hunter Biden, figlio del vicepresidente degli Stati Uniti, e dell’Atlantic Council.
Il figlio di Joe Biden aveva già ottenuto un incarico presso il National Democratic Institute (Ned), un’organizzazione di “promozione della democrazia” finanziata dagli Stati Uniti che ha contribuito a rovesciare il governo filo-russo di Yanukovich insieme all’Open Society del finanziere George Soros. Hunter venne così arruolato in una posizione di grande prestigio in Burisma, a 50 mila dollari al mese, nonostante la sua totale mancanza di esperienza nel settore energetico e negli affari ucraini. Hunter Biden lo ripagò contattando un importante studio legale di Washington, Dc, Boies, Schiller e Flexner, dove aveva lavorato come consulente. Nel gennaio successivo, i beni dell’oligarca vennero scongelati nel Regno Unito. Nella primavera del 2014, l’Associated Press e persino il New York Times, sollevarono perplessità sul ruolo di Hunter Biden nella compagnia ucraina, nonostante Joe Biden assicurasse di non saperne nulla.
Il “ricatto” a Poroshenko
Nel maggio del 2016, Joe Biden in qualità di uomo di punta designato da Barack Obama per l’Ucraina, volò a Kiev per informare Poroshenko che la garanzia di un prestito ammontante a ben un miliardo di dollari americani era stata approvata per permettere a Kiev di fronteggiare i debiti. Ma si trattava di un aiuto “condizionato”.
Se Poroshenko non avesse licenziato il procuratore capo nello stretto giro di sei ore, Biden sarebbe tornato negli Usa e l’Ucraina non avrebbe più avuto alcuna garanzia di prestito. L’Ucraina, in quell’occasione, capitolò senza alcuna resistenza. Il procuratore stava indagando proprio sugli affari della Burisma Holdings, compagnia che aveva collocato nel proprio board operativo il figlio del vicepresidente. Lo stesso Biden si vantò di aver minacciato nel marzo 2016 l’allora presidente ucraino Poroshenko di ritirare un miliardo di dollari in prestiti se quest’ultimo non avesse licenziato il procuratore generale Viktor Shokin che, a quanto pare, stava indagando proprio su suo figlio Hunter. E ora Lindsey Graham vuole fare chiarezza su una vicenda a dir poco torbida.